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giovedì 24 aprile 2014

Amiche mie (e altri dilemmi)

Mia madre, se contasse bene i panni che ha lavato, probabilmente vestirebbe il mondo
«Sbrigati a scrivere questo post, che il libro diventa vecchio» (dice la mia amica). «Non posso, non ce la faccio, non ho tempo». «Dì la verita, il problema è che sei pigra». «Hai ragione. È colpa mia. Perché al mattino verso le cinque cinque e mezza, dopo aver allattato e riaddormentato la Piccolissima, potrei benissimo alzarmi, andare a correre al parco profittandone per portare fuori anche il cane Laccio (che non è un pagliaccio), tornare e fresca di doccia, dopo essermi passata la crema idratante su tutto il corpo e un po' di contorno occhi che non guasta mai, preparare per il resto della famiglia ancora dormiente anche la colazione, magari qualche centrifugato, un po' di yogurt fatto in casa, e poi spalmare artisticamente generose quantità di marmellata biologica sul pane impastato a mano la sera prima, e ancora mi avanzerebbe tempo per scrivere un'oretta, dopodiché potrei svegliare il mio amato con qualche dolce carezza di quelle che piacciono a lui, e poi sottrarre i bambini al sonno ricoprendoli di baci e cominciare allegramente la giornata insieme a loro. Invece sai che faccio, dopo aver allattato e riaddormentato la Piccolissima?». «No». «Mi riaddormento pure io».
I battiti del cuore Però, però, però: la settimana scorsa ho incontrato Silvia Ballestra, di cui sono sempre stata fan e che ha da poco pubblicato il romanzo Amiche mie, diventando definitivamente la mia eroina personale. Perché racconta di quattro donne - Carla Sofia Norma Vera - che, amiche mie, potrebbero esserlo davvero, preoccupate del cibo scadente della mensa scolastica, afflitte dopo una separazione, stritolate dal ruolo di madre-moglie oltre il quale (a volte) c'è il nulla, sconcertate da uomini-piacioni impegnati a corteggiare ragazzine. Di cosa parla il libro? «Di donne che in fondo non erano state raccontate né studiate. Insomma, non erano state celebrate seriamente».
I cani hanno la febbre tutto l'anno Mi piace di Silvia Ballestra che dopo tanti anni a Milano, dove sono nati i suoi due figli, le sia rimasto appiccicato addosso l'accento marchigiano, viscoso e birichino, sicché mi accorgo riascoltando l'intervista che certe sfumature delle parole le escono diverse da come escono dalla mia bocca, ma per il resto mi sento simile a lei e alle protagoniste di Amiche mie, che affrontano i fatti della vita «semplicemente, perché è così che va fatto: sono appena passate da una fase precisa, quando i bambini sono piccoli, in cui si è chiamate a essere madri. Del resto di alcune cose, tipo le gravidanze, lo svezzamento, è ovvio che si debbano occupare le mamme. Il punto è che quando hai finito di farle tenti di tornare in possesso della tua vita, anche lavorativa, ma sappiamo che molte donne, quando tornano, il lavoro non lo trovano più. Manca la via di mezzo. Ci sono quelle che il lavoro non lo trovano da principio, quelle che lo perdono perché hanno avuto un figlio, e però all'opposto sono tante anche quelle che lavorano troppo; c'è ancora quel detto lì, o i figli o il lavoro, e invece bisognerebbe trovare un compromesso».
Tutto nasce dal basso (e poi va su) Quando parla Silvia Ballestra inclina la testa di lato e fa un mezzo sorriso, «Io penso che dal basso possiamo e dobbiamo cambiare le cose. Alcune cose positive adesso stanno succedendo, dei segnali ci sono. Dopodiché certo ci vuole fatica, il nostro è un percorso di lotta». Addirittura? le chiedo. «Massì. In una metaforica partita a Risiko l'uomo ammassa carrarmatini, la donna si indebolisce. Ancora accade, fuori e dentro il mio romanzo. L'importante è non deprimersi, semmai arrabbiarsi. Socialmente con la mensa che non funziona, nel privato con i mariti. Sono stufa dei "Che bravo, quest'uomo che cucina. Che bravo, questo papà che cambia il pannolino"». Quante volte sentite ripetere questa frase o magari la dite voi stesse? (Se la dite, perché la dite?)
Tutto può succedere, su questo non ci piove Se chiedete a un bambino di disegnare la sua famiglia è facile che sul foglio ci finiscano una mamma ai fornelli che cucina, e un papà che guarda la tv. «Non sarebbe un male in sé se a volte, almeno a volte, accadesse il contrario. Sennò si genera infelicità, almeno credo. Io non potrei starci in un rapporto così». Le protagoniste di Amiche mie lo sanno bene. «Per Carla, Sofia, Norma e Vera la relazione di coppia non è un "sogno da realizzare" ma piuttosto un "progetto". Mi piace la parola progetto perché ha dentro l'idea di qualcosa che bisogna sforzarsi di costruire, concretizzare, non è il sogno di Biancaneve. Mi interessava parlare anche di donne separate senza entrare nel giudizio sulle coppie, volevo almeno sfiorare il tema delle famiglie smembrate, poi lo so che chi rimane sul campo spesso ci rimane fra macerie, lì per lì è un vero choc, però è una fortuna, trovo, che il matrimonio non sia più una condanna "fine pena mai"».
E dopo un po' mi hai lanciato la solita scarpa col tacco A proposito di ruoli, «È pur vero che il maschio, mentre tu litighi e gli dici le peggio cose, ribalti tutta la tua vita, metti in discussione il rapporto, minacci di andartene, arrivi per la rabbia a prendere selvaggiamente a pugni l'auto in cui sei seduta, è capace di non dirti nulla se non "Ehi, guarda che quello è l'airbag del passeggero"».
E tu già lo sai che ritorno da te Certe cose dunque, ci ricorda Amiche mie, non cambiano mai. «Però cose che un tempo erano ovvie oggi non sono più tali, come la moglie senza bancomat a cui il marito elargisce ogni settimana il denaro contato per fare la spesa, anche se è ancora vero il contrario: un marito che perde il lavoro e deve farsi mantenere dalla moglie entra in crisi profonda». La donna invece no. «Sa farsi bastare quel che ha. Un aspetto tipico del femminile postmoderno sono "i lavoretti". L'altro giorno in piscina ho visto una donna con i suoi bambini che si tirava fuori dalle tasche dell'accappatoio decine di collane fatte da lei. Lo slogan è: "Almeno faccio qualcosa"». Da madre di figli maschi (due) come si regola nell'educarli? «Fatico tanto e dico a me stessa e alle "amiche mie": non dobbiamo tornare indietro, dobbiamo ricordare le lotte delle donne che hanno combattuto per noi negli anni 70, siano benedette sempre. Però penso che piano piano anche i maschi stiano cambiando, sono ottimista da questo punto di vista. Grossi spostamenti ancora non si sono visti, lo so. Ma secondo me arriveranno». Allora da madre di figlio maschio (uno) mi chiedo e vi chiedo, questi cambiamenti sono proprio dietro l'angolo, oppure un po' più lontano?   

Soundtrack: Capo Horn
Un raggio di sole
Dal basso
Tutto può succedere

mercoledì 9 aprile 2014

Le domande del Pupo

E tu scrivimi, scrivimi se ti viene la voglia
Nel mio personale regno Maraonide lo sport nazionale essendo «sbattere di continuo negli stipiti causa stanchezza, procurandosi lividi di estese dimensioni», l'altra sera ho superato me stessa rendendomi protagonista del seguente orribile accadimento: ho poggiato il piede nudo su un cumulo di bambole e di pupazzi (decine di essi, invero) armoniosamente disseminati sul pavimento da quel brighella del Pupo e dal suo compagno di merende Nicola, e ho avvertito un dolore acutissimo, inatteso quanto intenso, del tutto inspiegabile. Facendo sfoggio della mia usuale classe ma soprattutto essendo in presenza di svariati minori, alcuni dei quali da me generati, altri invece provenienti da altre famiglie al cospetto delle quali avrebbero potuto denunziare eventuali volgarità da me pronunciate, mi sono prodotta in un composto «Porcoggiuda» a voce nemmeno troppo alta.
Poiché il dolore non accennava a svanire ho esaminato all'istante il mio piede per scoprire, quelle horreur, che per qualche misterioso motivo qualche str uno dei miei adorabili figlioletti o dei loro amici aveva infilato un ago nel vestito di una bambola, «perché giocavamo che la bambola era andata dalla sarta cinese, mamma», ago sul quale ho avuto la ventura di camminare ficcandomelo nella pianta del piede per più di metà: quando l'ho tolto, cercando contestualmente di non svenire, ne fuoriusciva giusto la cruna. A mia parziale consolazione ho pensato: che bello, per una volta posso usare la parola «cruna», ché in effetti è un vocabolo molto interessante e a meno di non essere del settore non capita tanto spesso di poterlo sfruttare come merita.
Ti ringrazio per avermi stupito Nel frattempo, la mia adorata amica Pellons mi prende nemmeno troppo garbatamente in giro perché causa parziale ottundimento e temporanea disconnessione neuronale tendo a confondere De Gregori con De Gregori. Le rispondo colpo su colpo con una lista delle più recenti domande del Pupo, che a 5 anni, avendo vagamente cominciato a superare il trauma per la nascita della Piccolissima, veleggia tutto allegro nel periodo d'oro delle Grandi Domande, e dei Perché (vi prego di aggiungere sotto, in fondo alla lista, anche le Grandi Domande dei vostri pupi. O anche dei vostri adulti, se è per questo. Fatelo adesso, prima di dimenticarvele).
Tra i tuoi fiocchi di neve e le tue foglie di tè
«Ma i puma rubano?»
«Berlusconi non va in carcere solo perché è troppo vecchio?»
«Ma i numeri, a un certo punto, finiscono?»
«Posso andare al campuss di judo anche se sono troppo piccolo?»
«Posso mettere un po' di acqua e fango in questo borraccetto?»
«Come è morto Michael Jackson?»
«Da dove arriva l'acqua?»
«Posso andare al campuss di judo tra 50 giorni, quando sarò più grande?»
«Ma è più forte Hulk o Pisapia?»
«Ma è più bravo Munch o Pollock?»
«Ma quando finisce il mondo, Dio c'è ancora?»
«Posso bere un po' di acqua e fango oppure è velenoso?»
«Ma quando tu eri piccola, esistevano le Hot Wheels
«Anche nell'isola di Conan» (il cartone animato, nda) «ci sono i cattivi?»
«Quando sarò grande posso fare ogni giorno un lavoro diverso?»
«Tecnicamente il mare che abbiamo adesso è lo stesso del Giurassico?»
«Posso dare un po' di acqua e fango alla sorellina?»
«Posso andare al campuss di judo tra 50 giorni, quando sarò più grande, con te? Però io dormo con i miei compagni e tu nella stanza accanto».
«È più forte lo zio Enrico o Matteo Renzi?»

Soundtrack: Natale
Buonanotte fiorellino