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martedì 24 luglio 2012

Intercettazioni e altre catastrofi

Ci sono periodi dell'anno in cui le cose vanno per loro natura più lente, oppure
Oppure è il mio cervello a essersi definitivamente inceppato. Registro input diversi in modo casuale. Li assorbo a occhi socchiusi, scrutando criptica l'orizzonte. Tendo a non reagire, anche quando dovrei.
(Un collega): «Puoi scrivere subito una notizia sulla strage di Batman? La facciamo fotografica. Però sii lombrosiana, mi raccomando».
(Io): «Uh».
(Sempre lui, un'ora dopo): «Hai scritto?»
(Io): «No, così nel vuoto non me la sento. Dammi l'impaginato. Non mi far scrivere fuori dall'impaginato che non sono capace».
«Neanche se ti dico la lunghezza esatta? Sei giornalista professionista da quanto, dal 1960?»
«Spiritoso. È che non ce la faccio. Cioè non me la sento. Devo vedere che espressione ha il tipo, devo ispirarmi».
(Lui, un'ora dopo): «Ehi, lascia perdere. Nel frattempo la notizia l'ha scritta la collega X».
«Uh. Devo sentirmi in colpa?»
La realtà è che ero distratta. Stavo pensando a una conversazione captata per caso sul filobus
Donna sudamericana, in buon italiano, parlando con un'amica: «È tanto provinciale, povera ragazza. Figurati che lui, il suo fidanzato, ogni tanto quando è arrabbiato la piglia a calci sul sedere. Lei non reagisce perché crede che sia normale, poveretta, viene dalla campagna».
«E non gli dice niente, a quel maldido
«Dire, non dice proprio niente. Però gli mette di nascosto il laxante nel caffè. Come si chiama il laxante in italiano? Quello che ti fa andare tante volte in bagno». 
E non è ancora finita (questa è impagabile) 
 (La mia amica, al telefono) «Guarda, ieri ho combinato un disastro. Non solo ho sbagliato orario...»
Ragazza B: «Come, hai sbagliato orario?»
«Massì, sai che ero salita a Milano per quel matrimonio. Ho lasciato M. e le bambine al mare, a Ladispoli. Avevo prenotato il ritorno a Roma per il lunedì mattina, tariffa scontatissima, partenza ore 7.19».
«Fin qui tutto bene, mi pare».
«Sì ma poi non so per quale motivo nel corso della notte mi sono progressivamente convinta di dover prendere il 6.19. Allora per andare alla stazione ho dovuto prendere il taxi perché la metropolitana a quell'ora non va, quindi aggiungi 13 euro alla tariffa scontatissima».
«Che seccatura».
«E questo non è niente. Salgo sul treno e dopo un po' passa il controllore. "Guardi, signorina, che con questo codice di prenotazione non trovo nulla". E io: "Maccome, ma non è possibile", faccio l'indignata e chiedo a un signore col computer di farmi controllare su internet. Vien fuori che ero sul treno sbagliato. Come ti ho detto, avrei dovuto partire un'ora dopo».
«E lui?»
«Mosso a compassione non mi ha fatto la multa ma solo l'integrazione di tariffa. 77 euro in più. Mi consolo pensando: "Almeno vedrò le bambine un'ora prima del previsto"».
«Fantastico. Altro che tariffa scontatissima».
«Ma il peggio deve ancora venire».
«Non ci credo».
«E invece sì. Arriviamo a Roma Tiburtina e tra me e me penso: scendo a Ostiense, la fermata successiva, così sono più comoda per il mare. Peccato che quel treno, a Ostiense, non fermasse».
«E dunque?»
«Ho proseguito per Napoli».
«E il controllore?»
«Quando gli ho spiegato cos'era successo ha voluto chiamare il responsabile. Ha voluto che mi vedesse in faccia, che vedesse che esistevo davvero».
«Chissà che risate si son fatti».
«Però la tratta Roma-Napoli me l'hanno offerta. Cortesia di Italo Treno, mi hanno spiegato».
«Che carini. E il ritorno?»
«No, quello ho dovuto pagarlo. Altri 43 euro».
«Ma quando sei arrivata a Roma, alla fine?»
«Alle tre del pomeriggio. Ci ho messo nove ore. È un viaggio, te l'assicuro, che non dimenticherò. Puoi parlarne sul tuo blog per piacere? Mi piacerebbe sapere se al mondo girano a piede libero altri storditi come me».


martedì 17 luglio 2012

Bambini e incubi notturni

Con contorno di cani, e non solo
«Porco cazzo», una voce squillante squarcia l'oscurità. Dove sono? Chi sta parlando? Che ora è? Ho un lato del corpo tutto sudato e l'altro gelido. Mi muovo con cautela, a tentoni. Cioè, muovo la parte sinistra del corpo; la destra ha perso sensibilità, soprattutto il braccio. Cerco una superficie solida contro cui sbatterlo per rianimarlo. Ecco. È un muro. E questa... è la testa di mia figlia, che dorme parzialmente a cavalcioni su di me, come se fossi un pupazzo o un cuscino. Provo a sfilarmi senza svegliarla. Borbotta.
«Porco cazzo», ripete la voce squillante da un punto imprecisato della stanza. «Porco cazzo, mi sono di nuovo magnato la maglietta». Esse e zeta sibilanti, svarioni lessicali. Sorrido. Può essere solo il Pupo.
Era una notte buia e tempestosa quando, poche ore fa, mi sono trasferita qui a dormire. Siamo nella casa di vacanza, nelle colline dell'entroterra ligure, dove i Pupi risiedono assieme ai nonni dall'inizio di luglio. Una fidata baby sitter li accompagna al mare e al pomeriggio, dopo il pisolino, li porta in gita in mezzo ai boschi. «Abbiamo visto i cavalli, le tacchinelle, un pulcino, un ragno velenoso e i vermi pallottola». «Pupi, ma non è pericoloso?». «No, mamma, la baby sitter conosce tutte le strade. Sai che ha ventuno anni meno di te?». «Sì, Pupa, me l'hai già detto la settimana scorsa».
Andiamoci assieme, allora, ho proposto io, che vengo qui da quando avevo l'età della baby sitter e in questi boschi non ci sono mai stata. Ho messo ai Pupi i sandali giusti (io no. Io avevo le infradito, ma pazienza) e siamo partiti. Quattro, cinque, sei curve, il bosco a tratti si stringe sopra di noi un po' come succede nel mago di Oz. Da lontano, l'abbaiare dei cani. «Pupa, avete incontrato dei cani le altre volte?». «Sì, ma sono in gabbia». L'abbaiare si fa più vicino. Dietro una curva spunta un botolo, l'aria incerta. Ringhia. Sembra arrabbiato. Le manine dei Pupi mi stringono forte. Poi ecco un altro cane, appena più grande del primo. Anche lui abbaia. I Pupi sbiellano.
Fatico per non mettermi a correre mentre giro i tacchi trascinandomi dietro i Pupi. «Torniamo a casa». Loro piangono per lo spavento, dopo qualche metro il Pupo mi salta letteralmente in braccio e mi stringe fortissimo. Il cuore gli batte all'impazzata. Che tenerezza. Tento di mantenere un contegno mentre li rassicuro: «Bambini, quei cani erano più spaventati di voi. Non ci avrebbero fatto nulla». «E allora perché abbaiavano?» chiede la Pupa, analitica. «E infatti io li ho cacciati col bastone pecché io sono Ben Ten!» aggiunge il Pupo, smargiasso e mistificatore. «No Pupo, tu non hai cacciato nessuno. Hai pianto dalla paura e ti sei messo a urlare».
Più tardi, verso l'una di notte, il Pupo strilla. Ha un incubo. C'entrano i cani. Lo calmo, lo coccolo e poi decido di restare nella stanza in cui dormono lui (nel lettino) e sua sorella (in un letto matrimoniale). Ecco spiegato il fatto che il mattino successivo sono un po' sudata e un po' gelida: la Pupa mi ha rubato il lenzuolo e contemporaneamente si è messa a dormirmi addosso. Quanto al Pupo, dorme ancora con il pannolino e stanotte agitandosi deve aver fatto troppa pipì. E questo spiega la maglietta magnata. E il porco cazzo? Trattengo le risate, devo sapere. «Pupo, dove hai imparato questa curiosa nonché inopportuna espressione? A casa certamente no». «A scuola, mamma». «Ma non ci vai da un mese». «Però me la sono ricordata. Sono stato bravo, mamma?».

P.s. Cerco conforto. Anche i bambini di vostra conoscenza dicono parolacce? Fanno incubi? Se la fanno sotto alla vista dei cani? Voi come reagite?



giovedì 12 luglio 2012

Conversazioni surreali/1

Politically (un)correct
Mi piacerebbe inaugurare una rubrica intitolata "Conversazioni surreali", possibilmente con il vostro aiuto. Di seguito qualche esempio:
Lo scorso weekend ero a Capri per lavoro. Qualcuno dirà: c'è di peggio, per esempio lavorare. Appunto, stavo lavorando. Sì, vabbè. Comunque a Capri non c'ero mai stata prima e posso dirvi che è bella ma anche piena di gente assurda. Tipo una coppia di amiche sedute a pranzo al tavolo accanto al mio, una sulla cinquantina forse di origine tedesca, l'altra sulla settantina, lo sguardo vitreo e l'espressione fissa di chi ha fatto qualche lifting di troppo:
(Carampana 1) "Zai, mio marito quando andiamo a Parigi vuole ztare sempre a Champs Elysées. Sembra che a Parigi non ci sia nient'altro. Costa zacco di soldi ma ze non siamo a Champs Elysées lui piuttosto non parte".
(Carampana 2) "Eh, ma ha ragione. Parigi guarda si è molto molto rovinata. Se sbagli zona è la fine".
"Poi le parigine sono molto molto attente al veztire. Qui in Italia siamo più rilazzate, forse troppo".
"Oggi tanto vale non buttare tanti soldi per le firme. Le firme sono molto molto scadute. Meglio un abito originale, particolare".
"A trovarlo. Tu sei brava perché hai un tuo ztile molto molto... tuo".
"Sai, ho imparato a mie spese. Hai presente quel vestito maculato della Blumarine che avevo in spiaggia l'altro giorno. Sai che l'ho pagato 1280 euro. Una sera vado al circolo del Golf e c'era una che ce l'aveva addosso. Identico. E se quella sera l'avessi messo anch'io?
"Sarebbe ztato dizastro".
Per converso, l'altra settimana ho trascorso ore e ore in un ufficio di Equitalia - a più riprese - per cercare di farmi annullare una cartella esattoriale. Ogni volta mancava qualcosa. Alla fine l'impiegato allo sportello ha commesso un errore formale per cui, di fatto, ho avuto automaticamente ragione. Intendiamoci: io sapevo di avere ragione. Ma, per un verso o per l'altro, i documenti da me prodotti non bastavano mai. Non so se avete mai avuto esperienze in un posto simile - spero di no - ma è quanto di più simile a un girone dantesco io abbia mai conosciuto. Che poi per carità, la cifra da me dovuta (secondo loro) era "ridicola": 300 euro o giù di lì. E in fondo da Equitalia ci sono dovuta tornare solo tre volte (più una volta dai Vigili, e una volta in Prefettura). Ma ho visto gente messa molto peggio di me, come un signore disperato che a un certo punto ha sbottato: "Mi chiedete 70.000 euro. Ma se ho dovuto chiudere l'impresa, non ho i soldi per pagare i dipendenti né per mantenere la mia famiglia, mi spiega come faccio a darveli?"
(Impiegato dall'altra parte, con sorriso di plastica) "Mi dispiace signore, ma la cifra è questa. Però può rateizzarla".
"Posso rateizzarla in 300 anni?"
I bambini dal canto loro sono al mare in Liguria e se la passano benissimo, accuditi dai nonni e dalla tata. La Pupa cresce impudente e sfrontata, come è giusto che sia. L'altro giorno, in macchina diretti verso la spiaggia, di fronte alla tata:
"Mamma, ma lo sai che tu hai VENTUNO anni più della baby sitter?"
Il Pupo è l'adorabile porco che ormai avete imparato a conoscere. Con regolarità, tra i lindi ombrelloni blu dello stabilimento, si passa le mani in testa,  tra i biondi ricci salmastri e pieni di sabbia, poi prende a grattarsi furiosamente e declama entusiasta, a volume altissimo, con l'irresistibile esse sibilante: "Lo sai, mamma" (o "nonna", ndr), "dico, lo sai che mi sono tornati i pidocchi?". Ogni volta, anche in un'affollata domenica di luglio, all'improvviso attorno a lui si crea il vuoto.

Ps: Se volete contribuire alla mia raccolta di stralci di conversazione, ve ne sarò grata.

martedì 3 luglio 2012

In fondo non esiste maschio che non sia piacione

Paparazzi a Oh-No
Post allegro e leggero, per dire che le vacanze servono eccome. Anche se di una settimana sola. Per dire, la mattina prima di partire per Oh-No ero talmente stanca che ho cercato di farmi il caffè con il biberon. Al mare ci siamo divertiti, riposati, amati, la Pupa ha sconfitto la varicella e il Pupo ha stretto nuove amicizie. Premessa: dovete sapere che a Milano, prima della fine dell'asilo, si era sposato con una sua coetanea di nome Ada, una deliziosa biondina dagli occhi azzurri (rito officiato con tutti i crismi dalla Pupa) e ancora oggi, se tu gli chiedi «Chi è Ada?», lui ti risponde tutto serio «La mia sposa». Dio benedica quel bambino e la sua esse sibilante.
Siccome qualcuno mi ha detto «Ho riconosciuto Oh-No, è il paesino da cui Wonderland ci manda i suoi bei reportage», rispondo che sì, è vero, è proprio così. Lei forse lo scrive senza il trattino ma a me piace di più con. E dunque, mi azzardo a entrare in competizione con lei (in realtà siamo già in competizione privata su Facebook, dove stiamo postando le foto di quel che resta del nostro ombelico dopo la gravidanza) e pubblico anch'io un accattivante servizio fotografico.
Spiacerà forse alla mamma di Mike Delfino apprendere che suo nipote, a poche ore dall'arrivo a Oh-No, già s'infrattava con una bellezza dall'aria esotica da cui è rimasto inseparabile per l'intera settimana. Purtroppo per lui i paparazzi sono in agguato ovunque, anche a Oh-No, e credo che la photogallery qui sotto parli da sola.
Ho solo una domanda: voi, il primo amore, ve lo ricordate? Il mio risale alla terza elementare. Si chiamava C., e pochi anni dopo ho scoperto che era gay. Ricordo che non era nella mia classe, e che mi scriveva molti bigliettini. La Pupa, 7 anni, ancora non si è fidanzata con nessuno. Il Pupo, che ne ha 3 e mezzo, mi sembra un po' precoce... o no? (Oh-No!)


I due amanti clandestini tra le piante.

Momenti di intimità a Oh-No.
Il Pupo ha il sospetto di essere nel mirino dei fotografi.


Passeggiata romantica.
Discussione su dove passare la serata.


Lei si allontana e lo invita a raggiungerla.
Lui, dapprima incerto, decide di seguirla.
Lui si accorge dei paparazzi e li maledice.