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venerdì 28 ottobre 2011

Le cose, in effetti, vanno sempre peggio

Gli uomini sono un po' ruvidi, ma il punto non è solo questo
Da una settimana circa la scuola materna del Pupo annuncia la "possibilità di uno sciopero" per oggi. Ieri pomeriggio chiamo per avere aggiornamenti:
"Sono la mamma di un Pupo. Mi dice se domani lo mando a scuola o no?"
"Non lo sappiamo ancora".
"In che senso, scusi?"
"Bisogna vedere. Suo figlio in che classe è?"
"Nella classe arancione."
"Classe arancione, classe arancione, mi faccia controllare..." (rumori in sottofondo)
(Dopo tre minuti) "Mi spiace, non sappiamo ancora. Deve chiamare domattina alle otto e mezza e glielo diciamo".
"Allora io secondo lei, tipo, dico qui al lavoro che forse vengo, forse no? Forse mi prendo le ferie, forse no?"
"Eh, in effetti. Non ha qualcuno che anche avvisato all'ultimo può venire a prendersi cura del Pupo?"
"Guardi, migliaia di persone che fanno la fila davanti a casa mia per occuparsene".
(Lei, non cogliendo l'ironia) "Vede? Allora non c'è problema".

Stamattina alle 8.35, dopo decine di tentativi (ovviamente era sempre occupato) riusciamo a telefonare scoprendo che la scuola è aperta. Complice l'incendio di un camion nei pressi di casa nostra - non è male come scusa, se ci pensate: sono in ritardo perché si è incendiato un camion - arriviamo alle 9.21. Io, che proseguirò il percorso verso il lavoro con Mike Delfino, resto fuori ad aspettare in macchina. Lui porta dentro il bambino, poi esce e mi fa:
"Ho messo la maestra al suo posto".
"In che senso, scusa?"
"Mi ha fatto gli occhiacci perché ero in ritardo di un minuto e io le ho detto che non era mattina da fare occhiacci, e che i loro modi sono vergognosi. Che nulla togliendo al sacrosanto diritto dello sciopero, dirlo così all'ultimo è un'infamia".
"Urca."
"Perché urca?"
"Uhm, niente. E lei cos'ha detto?"
"Ha detto 'non commento', poi ha aggiunto: 'mi piacerebbe che aveste rispetto per chi accoglie i vostri figli e se ne prende cura con amore'."
"E tu?"
"Ehm... ho detto che mi pare che il rispetto ci sia".
"Sì però quella parola, infamia, usata per i picciotti di mafia..."
"In effetti le tremava un po' il labbro. Mi ha detto 'Guardi che sono mamma anch'io', e io: 'peggio mi sento'.".
"Devi considerare che in fondo loro hanno in mano i nostri bambini".
"Maddai, cosa vuoi che faccia? Che si metta a menare il Pupo perché ce l'ha con me?"
"No, però..."
"Però cosa?"
"Io se fossi al posto suo non riuscirei a essere tanto armoniosa e carina con il bimbo, un istante dopo che suo padre mi ha svergognato davanti a venti nani. E poi, davvero, infamia..."
"Ho esagerato?"
"Eh."

Tre ore dopo Mike Delfino mi manda il seguente sms: "Chiamato maestra per scusarmi. Mi ha fatto mille moine, era tutta giuggiolona. Mi ha spiegato che con i tagli continui alla scuola le cose vanno sempre peggio, e che loro si sentono meno che un numero. Credo proprio che sia innamorata di me".
Ora, teoria dell'innamorata delusa a parte, l'episodio è istruttivo. Le cose, a scuola, vanno sempre peggio. Alle elementari della Pupa per esempio la segretaria - bravissima - non riceve lo stipendio da quattro mesi. Il Ministero sostiene che, poiché lei è un'ex insegnante, non stia svolgendo il suo ruolo: vogliono riassorbirla e spostarla non si sa dove. Lei ribatte che lì c'è tanto da fare e che ormai è segretaria da dieci anni. Loro per ripicca non la pagano, e comunque la segreteria chiuderà: per qualunque esigenza, ci hanno spiegato, andremo nella scuola gemella. A tre chilometri di distanza. La maestra della Pupa l'altro giorno mi si avvicina circospetta e mi bisbiglia: "Signora, quando esaurisco la mia quota fotocopie posso chiederle se me ne fa qualcuna in ufficio?". Nel frattempo, avrete letto sui giornali che la scuola privata della moglie di Bossi ha ricevuto 800.000 euro di finanziamenti.

sabato 22 ottobre 2011

La vita è un codice a barre

Pongo e altri animali
Il Pupo è troppo piccolo per trapanarmi il cervello con domande insistenti tipo "Mamma, andiamo in edicola a prendere gli Sciocchibenz?" o "Mamma, mi hai portato un regalo?". Però l'altroieri mi fa: "Mamma, vorresti il Pongo".
Piccola parentesi: il Pupo ha qualche difficoltà nella coniugazione dei verbi e nell'uso dei pronomi, proprio come i vostri bambini bilingue con la differenza che non è bilingue. Per esempio dice: "Non gli piace" al posto di "Non mi piace", come Napoleone. E "vorresti" al posto di "vorrei".
Quindi, tradotto: il Pupo vuole il Pongo. Vagamente commossa - era la sua prima richiesta in assoluto - mi fiondo nella cartoleria di zona, gestita da due ottantenni che finora non mi erano mai parsi troppo strani. Ma stamattina si sono scatenati.
(Io): "Buongiorno, vorrei del Pongo".
Il Lui della coppia tira fuori il Didò. "Quanto ne vuole, signora?"
"Veramente volevo il Pongo. Sa, quello che non secca se lo lasci aperto più di cinque minuti".
Lei: "Ma come non secca! Nella vita tutto secca, signora! Pure il Pongo".
"Vabbe', se lo dice lei. Comunque quello là dietro sarebbe perfetto".
Lui, tirando fuori una confezione da VENTI mattonelle arancioni di Pongo tutte uguali: "Ecco signora, pronti!"
"No, intendevo quelle mattonelle singole, di colori diversi, da 45 centesimi l'una".
Interviene lei, piccata: "Signora io gliele dò, ma non potrei dargliele".
"In che senso, scusi?"
"Ho fatto un favore ai ragazzi che me le han chieste e ho aperto le confezioni, ma sfuse non potrei venderle. Le prenda, che poi le faccio sparire. Queste sono le ultime che vedrà in vita sua. In altri posti non le trova".
"Bene, allora la ringrazio".
"No, lei non mi deve ringraziare per nulla. Facciamo finta di niente che se ci beccano qui fioccano le multe. Tutto deve avere un codice a barre, sa? Nella vita tutto, ormai, è un codice a barre. Che poi vengono a farmi i controlli. Anzi: son già venuti e mi han pure multato. E non le dico che multa! Io rischio grosso, sa? A venderle questo Pongo".
Nel frattempo me l'aveva già impacchettato e mi aveva pure battuto lo scontrino. Io me lo sono infilata in borsa sentendomi colpevole manco avessi comprato una cassa di whisky durante il Proibizionismo.
"Scusi, non lo sapevo. Vabbe' comunque ormai l'ho messo in borsa, stia tranquilla, per questa volta andrà tutto bene".
"Quelli sono capaci di sbirciarla dalla vetrina. Ormai l'hanno visto, che ha il Pongo."
"Vuole che glielo restituisca?"
"A me? No. Macchè. La parola data è data, quello che è fatto è fatto, indietro non si torna. Lei comunque prenda lo scontrino."
"Ah certo, lo faccio sempre".
"Brava. Un giorno un bambino ha comprato delle figurine e volevano dargli 300 euro di multa perché aveva lasciato lo scontrino sul bancone. Ha dovuto insistere, mio marito: non multatelo che noi siamo sempre in regola, questo bambino è un poverocristo, lasciatelo perdere."
"Ma davvero?"
"Che fa, non mi crede? Mi ridia il Pongo."
"..."
"No scherzo, ormai se lo tiene. Sono due euro e settanta, se la ferma qualcuno noi non ci conosciamo".
"D'accordo. Grazie ancora per l'atto coraggioso".
"Di niente, di niente. No perché sa, a noi ci controllano di continuo. E una volta è l'Esastri, e una volta è la ".
"La ?"
"Sì, quella dell'Europa. Vengono a vedere se i giochi hanno le viti al posto giusto, se la fotocopiatrice ha le viti. Tutto deve avere le viti, ormai".
Stava per partire con un altro flusso di coscienza, ma in quel momento è entrato un altro cliente e io sono uscita circospetta, con le mie sei mattonelline di Pongo ben strette sottobraccio.

mercoledì 19 ottobre 2011

Le cinque domande di Erounabravamamma

A volte penso che abbiamo ancora margini di miglioramento
1. Puoi affermare con certezza che tuo figlio di quasi tre anni sia una mente criminale, la sera che al posto di usare il vasino o il water decide all'improvviso di fare pipì in un secchiello da spiaggia, e poi - guardandoti con l'angelico sorriso stampato in faccia - cerca di svuotarlo nel bidet mancandolo?
2. Quando è lecito/opportuno cominciare a correggere gli strafalcioni dei propri bambini? Ieri io e il Pupo siamo rimasti a casa da soli, lui con la finta tosse e io altrimenti indisposta. Frequentandolo per qualche ora di fila mi sono goduta appieno alcune sue perle, tra cui "Mamma, mi aiuti a togliere i mantaloni?" (ha detto proprio così. Mantaloni. Non era una "p" pronunciata male) e "Mamma, mi passi quel quinguino?" riferendosi peraltro a un buffo pupazzo che ha poco a che vedere con i graziosi bipedi dell'Artico (o Antartico? Vabbe'). Del resto la Pupa, sei anni e mezzo, non infila un congiuntivo manco per caso e dice ancora "carta egenica", edentico al posto di identico, quaqque al posto di qualche. Che tenerezza.
3. Da madre, devi preoccuparti se torni a casa e trovi tuo figlio (maschio), classe 2008, non solo in tutù rosa e calzamaglia lilla - vedi foto - ma anche concentratissimo a seguire le istruzioni della sorella maggiore di lui di tre anni, la quale per due ore lo costringe a svariati e sfiancanti esercizi posturali e soprattutto pretende che lui impari alla perfezione il punta-fez ("punta-flex")?
4. Devi preoccuparti/2 se scopri che alla materna di tuo figlio la maestra accoglie i bimbi in un'aula in penombra e li tiene seduti, in silenzio, su un tappeto di tre metri per tre per una mezz'ora buona prima di cominciare qualsivoglia attività?
5. Quando i miei figli, da grandi, leggeranno questo blog, mi odieranno?
Seguono altre domande. Le vostre quali sono?

martedì 11 ottobre 2011

Il Pupo e i villani

Che poi, vorrei sapere se esiste l'Ordine dei Tassisti
Per presentare un reclamo formale. Stamattina ero in bici e sono partita un po' lentamente dal semaforo. Nel senso: sono partita con i tempi della bicicletta. Allora il tizio su un taxi dietro di me mi ha suonato e poi mi ha urlato: "Vaffanc..., tr..a, putt...a". Ha pronunciato le parole complete, non con i puntini di sospensione che mi ostino a riportare in questa sede pensando che siate ragazzi garbati.
Purtroppo lui ha girato a destra, mentre io proseguivo dritto, quindi non ho potuto prendere la targa. In effetti non so nemmeno se esiste qualcosa di simile a un Gran Giurì dei Tassisti, o il Moige dei Tassisti, un organo super partes a cui denunciare i villani.
Mentre proseguivo verso il supermercato un po' sentivo i lucciconi premere agli angoli degli occhi e un po' pensavo: tanto ci sono abituata. Ho letto di una città che forse è Zurigo, ma non sono sicurissima, in cui non esistono piste ciclabili e ci sono pure pochi marciapiedi perché auto, pedoni e biciclette convivono in pace senza incidenti e senza inutili strombazzate o insulti. Vabbe'. Per fortuna quando sono arrivata all'EsseBrutta ho trovato sul fondo di un carrello questa lista della spesa:
- insalata
- mozarela x 15
- salsarosa
- Sprait 6 lattine
- Birra Bex 1 scatola piccola
- Coca Lihete 4 bottile piccole

Mi son detta: forse qualcuno dall'alto ha assistito alla scena pietosa e mi ha fatto trovare la lista per farmi sorridere.

Le Grandi Domande Esistenziali 
A casa, il Pupo ha coniato una nuova espressione: "Opples!", con zeppola finale accentuatissima, che usa come per dire "Ecco fatto!", con compiacimento e soddisfazione. In questo periodo è alle prese con le Grandi Domande Esistenziali e con gli ormoni.
"C'è caccuno nella mia pancia?"
"No, Pupo".
"Non posso essere una mamma?"
"No, gattino. Se vuoi, quando sarai grande potrai essere un papà."
"Tu hai il pisello?"
"No, amore. Il pisello ce l'hanno i maschietti".
"Allora tu hai la pisella. Me la fai vedere?"
"No, non ne ho voglia".
(Cercando di tirarmi giù i pantaloni) "Allora almeno le chiappe".
La sera, nel suo lettino, si mette a pancia in giù e al buio, prima di addormentarsi, fa una serie di movimenti inequivocabili. Poi dice: "Che fatica". "Perché fatica, Pupo?". "Questo robo... sai, il robo". (È molto difficile non ridere). "Ma scusa, Pupo, cosa stai facendo?". "La ginnastica, mamma. Opples!"

mercoledì 5 ottobre 2011

Corse a ostacoli

Di cosa parliamo quando parliamo di musica
L'altra sera ho incontrato Ivano Fossati, che non sarà come i R.E.M. che si sciolgono ma a me sapere che smetterà di comporre ha fatto effetto. Ivano Fossati è una persona gentile come ce ne sono poche. Alla fine dell'intervista gli ho chiesto, ma noi come faremo senza le tue canzoni, e lui mi ha buttato lì un sorrisetto un po' storto e mi ha detto forse più per consolare se stesso, in fondo ne avete 460, potete sempre riascoltare quelle.
A me le cose che finiscono fanno una certa impressione. Detesto le ultime volte: l'ultima lezione del corso pre-parto, l'ultima volta che accompagni tua figlia all'asilo, l'ultima volta che fai l'amore con un uomo che poi lascerai.
Un'altra cosa che mi fa una certa impressione sono i pazzi. Mi attraggono e mi spaventano al tempo stesso. Due giorni fa in treno un tizio obeso seduto di fronte a me continuava a guardarmi, a scuotere il capo e ripetere: "È ottobre, è ottobre, è ottobre", come se fosse una cosa brutta, un dolore da condividere, una minaccia di cui noi viaggiatori presenti su quel treno dovevamo in qualche modo farci carico.
Ci sono anche i pazzi socialmente accettati, che mi piacciono molto meno. Tipo la mia collega schizoide e bipolare, oppure la maestra-strega che accompagna i bambini dal pulmino della scuola fin dentro l'edificio. Non lo prendono tutti i bambini questo pulmino; solo quelli che i genitori non riescono ad accompagnare. Io ero nel cortile a chiacchierare con una mamma (ho conosciuto una mamma!) e accanto a me avevo appoggiato la bici. Passa la maestra-strega e urla: "Ma roba da matti!". Lì per lì non ho mica capito che ce l'aveva con me. Poi quella aggiunge: "Bambini, spostatevi che se no la bici vi viene addosso", come se la bici fosse un mostro grifagno pronto ad animarsi di vita propria e a balzare, schiacciandoli, sugli sventurati pargoli. Faccio una mezza torsione del busto e ci appoggio la mano sopra dicendo "Signora non si preoccupi, sono qui" (a 20 centimetri). Lei, sempre urlando: "Non sa che le bici si lasciano fuori?" e io: "Veramente c'è un cartello che dice 'bici a mano nel cortile'." Poi lei è sparita inghiottita dal flusso e io sono rimasta lì, sentendomi comunque un po' cretina. Penso sempre alla frase che mi dice mia madre: "Chi pecora si fa, il lupo se la mangia", ma non riesco a non restarci male. Così ho pedalato attraverso il parco canticchiando la canzone di Fossati che dice "la costruzione di un amore spezza le vene delle mani" e ho cercato di concentrarmi sul momento in cui finalmente con la mia amica Francesca andrò a vedere il nuovo film di Sarah Jessica Parker. Poi sono entrata in piscina e ho cercato di affondare definitivamente l'immagine della maestra-strega o di dissolverla nel cloro. Poi ho pedalato ancora un po' fino al lavoro e adesso sono qui che vi scrivo, ma quella sensazione sgradevole non è ancora svanita.