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martedì 24 giugno 2014

Mi sembra di avere cento fratelli

Mo' basta veramente, però
Martedì scorso, con parto da manuale e dieci giorni d'anticipo, la neomamma L. ha messo al mondo il nuovo fratellino della Pupa. A noi che da sei mesi abbiamo in casa la Piccolissima, la quale nel frattempo ha acquisito il peso specifico e la consistenza di un tondino di ferro, il bebé sembra lieve e microscopico. «Vorrà dire che ti chiameremo il Microscopico», ha detto con semplicità mia figlia. Conoscenti in transito nell'una e nell'altra casa continuano a rassicurarla e a complimentarsi: «Auguroni!». «Che fortuna che hai». «Un fratello è sempre una risorsa». «Pensa poveretti i figli unici, quanto si annoiano». «Beata te, avrei voluti averli io, due fratelli e una sorella». «Tutti i piccolini di casa ti adoreranno, vorranno fare quello che vuoi tu, vorranno somigliarti in tutto».
Convivere a volte è peggio di uccidere Mentre il geniale parroco di Cameri nelle ultime ore ha paragonato «le unioni non benedette da un matrimonio in chiesa» a «un omicidio, con la differenza che quest'ultimo è un peccato occasionale, mentre la convivenza un'infedeltà continuativa», nella nostra Bovisa operaia il Don di riferimento, alla notizia di una nuova nascita nella nostra famiglia allargata, vacilla ma non crolla. «Ci sono altri bambini in arrivo o per adesso ci fermiamo qui?» ci ha chiesto ieri con lo sguardo incerto, quando siamo andati a riprendere la Pupa all'oratorio estivo. «Spero di no. Guarda, già così mi sembra di avere cento fratelli», gli ha risposto lei citando il dottor Seuss. Poi se n'è andata trotterellando, in un'imitazione quasi perfetta di Maccio Capatonda (se non lo conoscete prendetevi 62 secondi per guardarlo). «Mo' basta veramente, però», ripeteva. «Mo' basta, mamma. Mo' basta, papà. Mo' basta, tutti. Grazie».

lunedì 16 giugno 2014

Famiglie allargate

Io, che sono come il filo
«Noi siamo una famiglia allargata e tra dieci giorni avrò un fratellino. Però non dalla mia mamma, ma dalla sposa del papà di mia sorella», racconta fiero con la sua esse il Pupo, 5 anni, a chiunque incontri.
All around me are familiar faces «Tu mi hai fatto nascere perché vi tenessi tutti vicini», riflette ad alta voce la Pupa, 9 anni, mentre giocherella, in apparenza distratta, con un braccialetto di bigiotteria. «Io sono come il filo. Voi siete le perline, vi tengo assieme. Perciò non devo rompermi, o scivolerete via».

Soundtrack: Mad World

giovedì 5 giugno 2014

Alla vigilia di un viaggio (con bambini)

Mai indossare calze di collant subito prima di un viaggio
Ore 21.02 «Mamma, ti sei fatta male o ti sei solo spaventata?» mi ha chiesto l'altra sera il Pupo, osservandomi accasciata, immobile ai piedi dei due gradini che, in casa nostra, separano la cosidetta «stanza segreta» (un ripostiglio che contiene soprattutto giochi, nda) dalla zona soppalco.
In effetti ci ho messo qualche istante a rispondere, stringendo i denti e piangendo in silenzio mentre davo a me stessa dell'idiota.
Rewind. Ore 21.01 Stavo per l'appunto uscendo dalla stanza segreta, quando, avendo ai piedi due sottili calzini di collant, sono scivolata e caduta, andando a sbattere sul parquet prima con entrambe le ginocchia - sulle quali ora si stagliano ben visibili i due lividi di riferimento - e immediatamente dopo, per par condicio, con entrambi i polsi, nell'istintivo quanto inutile gesto che il 98% della popolazione mondiale compie per proteggersi il volto e la testa in caso di capitomboli. «Idiota idiota idiota», mi sono ripetuta 15/16.000 volte.
Perciò ho esitato Soffermandomi qualche istante a valutare i danni prima di rispondere al Pupo. Per fortuna ho presto capito di non essermi fatta (quasi) niente. Del resto è solo da una settimana che sono senza gesso: sarebbe stato paradossale rompermi subito un altro osso. Qualcuno nei commenti a questo blog mi aveva parlato del senso di liberazione che si prova quando, dopo aver perso per un mese l'uso di un arto (nel mio caso, il braccio destro) all'improvviso lo si riacquista. In effetti, a me la liberazione l'hanno fatta proprio sudare.
Una mattina di fine maggio, all'ospedale Galeazzi Mi sono presentata garrula e speranzosa all'accettazione, con 55 minuti d'anticipo rispetto al mio appuntamento.
(Io, 54 minuti dopo, al banco informazioni) «Mi scusi, secondo quanto c'è scritto qua tra un minuto sarei attesa in sala raggi. Ma pur essendo arrivata presto, allo sportello ho ancora ventordici persone davanti, è mai possibile? Come faccio adesso?»
(Addetta) «Abbia pazienza, è che l'età media dei pazienti è un po' alta, gli anziani fanno fatica in sede di accettazione. Non si preoccupi, non la rimandano a casa con il gesso».
(27 minuti dopo, finalmente all'accettazione, dopo aver pagato il ticket) «Benissimo cara, ora attenda che chiamino il suo numero. Quando sentirà il suo numero vada in fondo a questo corridoio a destra, al presidio infermieri, e mostri queste carte. Sapranno indirizzarla».
How soon is now? 14 minuti dopo, con 45 minuti di ritardo rispetto al mio appuntamento, mi sono consegnata spontaneamente al presidio infermieri.
(Infermiera brusca) «Abbiamo chiamato il suo numero?»
«Sì».
«È sicura?»
(Senza esitazione) «Sì».
«Uhm... strano, qui non risulta. Vabbe' vabbe' dia qua. Ok, mi faccia vedere... Bene, deve andare al primo piano e chiedere della dottoressa R».
«È lei che mi farà la lastra?»
«No. La dottoressa R deve solo firmare e timbrare questo foglio. Poi con il foglio lei andrà al piano -1, in sala raggi».
«Ah».
Officina ortopedica Di fronte agli occhi del visitatore, al primo piano, si staglia la scritta della speranza: «Officina ortopedica». Vien da pensare che qui si crei, si ripari, si rimonti con grazia ciò che è stato smontato. Però in corridoio, di fronte allo studio della dottoressa Romanò, ci sono sei sette persone in attesa. «Scusate, voi state aspettando...». La risposta è un coro all'unisono: «La dottoressa R. Però sta  v i s i t a n d o».
«Potrei secondo voi velocemente intrufolarmi, farle firmare codesto foglio e nello spazio di 30 secondi togliere il disturbo?»
È come se gli occhi dei pazienti in attesa fossero campioni di nuoto sincronizzato. S'alzano al cielo perfettamente coordinati, poi uno bofonchia: «Mmmm ooocchei, se proprio deve».
Le sudate carte Qualche minuto dopo vittoriosa fuggo verso il piano -1. Prendo l'ascensore sbagliato, finisco davanti alla sala operatoria, fingo indifferenza, salto sull'ascensore giusto, ed eccomi finalmente in sala raggi.
(Infermiere brusco): «Qui manca un foglio».
«Quale foglio?»
«La fotocopia di quest'altro».
«Eh».
«Senza la fotocopia non può fare i raggi. Dovevano fargliela in accettazione».
«Sì, ma non me l'hanno fatta».
«Adesso è un problema».
(Io, paziente) «Vuole che torni su? Magari rifaccio la coda, poi tra un 75/90 minuti ci vediamo qui con la fotocopia».
(Voltandosi verso una fotocopiatrice già accesa): «Ooocchei, gliela faccio io». 
Sicura di non essere incinta? 30 minuti dopo, in sala raggi. La radiologa è un tipo ansioso e mi chiede quattro/sei volte se sono sicura di non essere in gravidanza. Le dico che sto allattando una neonata e lei mi snocciola le decine di casi di sue conoscenti rimaste incinte dopo una settimana dal parto. Le dico un po' secca che, a parte questo, non deve preoccuparsi: non c'è nessuna possibilità che io sia incinta. «Ooocchei, la mia era solo una domanda». Fortunatamente la lastra va bene. «E adesso cosa faccio?»
«Torni al primo piano, dalla dottoressa R. È lei che toglie i gessi».
Un po' penso a uno scherzo, un po' mi viene da piangere. L'ascensore non funziona. Salgo a piedi, lentamente: piano terra, primo piano. Per fortuna davanti a me, all'officina ortopedica, non c'è più nessuno. I pazienti in attesa si sono come dissolti. Mi cade l'occhio su una finestra che qualcuno ha lasciata aperta e penso che si siano tutti buttati di sotto, per l'esasperazione.
I bet you look good on a dance floor Busso, ma nessuno risponde. Riprovo a bussare, poi entro. La dottoressa R è al telefono: sta parlando con qualcuno dell'organizzazione di una festa. È seccata perché un amico comune porta sempre vino scadente. Ormai ho perso ogni ritegno, le agito il gesso davanti al naso per farmi notare. L'assalto olfattivo funziona: dopo meno di un minuto chiude la telefonata. Per scalpellarmi via il gesso chiama uno specializzando, che si gode il delicato bouquet floreale emanato dal mio braccio dopo un mese di costrizione ma mi usa la gentilezza di fingere indifferenza. Una volta libera corro in bagno. Stranamente il dispenser non è rotto e contiene anche il sapone, così mi prendo il lusso di passare 10 minuti d'orologio a strofinarmi e sciacquarmi.
Esco dall'ospedale con due ore di ritardo, la Piccolissima a casa avrà certamente fame, il braccio è debole e lo sento strano: però sono di buonumore, pazienza, tutto passerà. Nelle ore immediatamente successive stringo mani, tocco persone e batto cinque come neanche Matteo Renzi in visita nelle scuole, carezzo bambini, firmo documenti, mi lavo i denti, scolo la pasta, taglio la carne, mi faccio pure giocosamente mordere la mano da Laccio («il cane che ti rompe un braccio» ©).
Good vibrations Pensieri sparsi nelle notti che seguono:
1. È proprio vero. Quando vieni privato di qualcosa, la gioia che provi nel tornarne in possesso è indescrivibile.
2. È proprio vero. I meccanismi secondo i quali funziona, in Italia, la sanità sono spesso farraginosi, inutilmente faticosi (avete aneddoti in merito? Se sì, mi divertirebbe molto leggerli).
3. È proprio vero: alla vigilia di un viaggio bisognerebbe più che mai stare attenti a non finire in pericolo. Domattina se il cielo ci assiste partiamo per una settimana di mare. Non devo non devo non devo indossare più i collant, non devo scivolare. Non devo rompermi un altro polso.
4. (ultimo) È proprio vero: mi riduco sempre all'ultimo momento. Ore 15.56: devo fare le valigie, un poco di spesa, partecipare a una festa di bambini, portare a scuola i regali per le maestre, istruire il vicepadre di Laccio,  un amico che starà a casa nostra con lui durante la nostra settimana di vacanza, sul da farsi.
Voi ci riuscite, a organizzarvi in anticipo? Se sì: come? Quali sono i segreti? Io non ne sono mai stata capace. E così, in queste ore, un'ansia sottile mi pervade. Però senza gesso la vita mi sorride. Ho due braccia. La lavanda nel mio patio è sfacciatamente in fiore. Ooocchei, lo dico: sono felice.

Soundtrack: Rewind
How soon is now?
I bet you look good on a dance floor
Good vibrations