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martedì 20 dicembre 2011

Riunione di redazione

Come vanno veramente le cose nei giornali
Non so quanti di voi leggano su Grazia la rubrica chiamata "riunione di redazione", in cui appunto si racconta cosa succede durante le riunioni. A noi di Gioia fa sorridere perché è altamente improbabile, senza nulla togliere ai cari colleghi che lavorano lì (alcuni li conosciamo personalmente e gli vogliamo anche bene). Ecco un sunto di quel che si dice da noi un mercoledì pomeriggio qualunque (in questo caso, l'ultimo).
(Collega S, l'unico maschio tra i giornalisti, rivolto a tre di noi casualmente vestite di nero): "Cominciamo la riunione con le vedove nere. Qui sembra di essere a Orgosolo"
(Collega E) "Comunque, in Shame Fassbender che interpreta il malato di sesso è un grande. Vedrete che intervista"
(Collega F) "Mi han detto che non è messo male lì sotto, vero? E soprattutto che in certe scene si vede tutto"
(Vicedir) "È molto magro e questo aiuta l'illusione ottica"
(Collega F) "È pure bassino, vero? Credo che anche questo conti"
(Collega E) "Che ne dite se portiamo qualche personaggio al cinema a vedere Shame, e gli chiediamo di commentarlo per noi? Tipo Pierfrancesco Favino, è uno che ha sempre cose interessanti da dire"
(Collega S) "E poi Favino è un nome perfetto, in un caso come questo"

(Collega G) "Questo non è un radiatore, questo è un soffione boracifero"

(Collega E) "E se ci portassimo uno come lo scrittore C, al cinema a vedere Shame?"
(Io) "Lo scrittore C tacchina la collega L da quando lei l'ha intervistato e, per salutarlo, gli ha dato un bacino sulla guancia. A quello gli è partito l'embolo e da allora non la molla"
(Collega L) "Vorrei mantenere l'amicizia con lo scrittore C possibilmente senza darla via"

(Direttore) "Si può sapere perché non abbiamo intervistato la Fornero quando ha pianto?"
(Collega S) "Sapete se per caso la Ferilli vuole adottare un figlio da sola?"
(Collega F) "Non sono propriamente la biografa della Ferilli"
(Collega I) "Nessuno vuole intervistare la povera Caprioli? La povera Caprioli sta finalmente prendendo spazio in Tutti pazzi per amore"
(Direttore) "Io sono impazzita per la serie tv Trono di spade. È quella fatta meglio".
(Collega I) "Sangue, elfi e sodomia a go go. Mio figlio di 11 anni ne ha viste due scene e si è messo a piangere"
(Direttore) "Però è fatta benissimo, ti dico"

(Collega F) "Come si chiama quell'attrice? Perché non mi ricordo mai le cose?"
(Collega I) "Perché hai il cervello troppo grosso. Secondo studi americani recenti, le cose rimbalzano contro le pareti del cervello"

(Io) "Allora lo intervistiamo Tiziano Ferro, oppure no?"
(Direttore) "Sì ma dopo che ha fatto Vanity Fair ci deve dire qualcosa di grosso, un vero scoop. Tipo che ha lasciato il suo compagno, o che è incinto".
(Collega I, leggendo un sms appena ricevuto) "Questi mi invitano da Giletti. Io in tv da Giletti non ci vado. Mando una controfigura, come Penelope Cruz che usa la sorella"

(Direttore, buttando l'occhio su un'email) "Mi scrive un lettore di Capo d'Orlando per farci i complimenti e per lamentarsi che nella sua edicola espongono male Gioia. Segnatevelo: mazzo di rose rosse al lettore di Capo d'Orlando"
(Vicedir) "Sempre meglio di quello che ci scriveva per chiederci se gli mandavamo le foto in alta risoluzione delle modelle in intimo o con gonne alte max 4 centimetri"
(Direttore) "Non gli abbiamo mai risposto, vero?"

(Collega F) "Secondo me il problema è che ultimamente in questa redazione ridiamo poco"

martedì 13 dicembre 2011

Una vita senza cervello

A volte, cioè spesso, confondo persino il nome dei Pupi
"Maraons, hai il cappello al contrario, ti si vede l'etichetta" (collega). "Maraone, se dimentica il badge un altro giorno non la faccio più entrare in azienda" (custode della Hearst). "Mamma del Pupo, di chi sono queste chiavi della macchina? Cerchiamo di non fare come l'altra volta che poi un bambino se le mette in tasca e le troviamo nel suo letto all'ora della nanna" (bidella). "Paola, come fai a vivere senza cervello?" (madre).
Questo nasce come un post di servizio per insegnare a me stessa- e possibilmente pure a voi - come fare a non dimenticare più le cose. Ho appena finito di leggere un libro che in questo senso è estremamente motivante: si intitola Checklist, l'autore è un chirurgo illuminato che mi piace moltissimo. In breve Atul Gawande - si chiama così - spiega che "per fare andare meglio le cose" la condizione necessaria e sufficiente è quella di fare liste attente e meditate di tutti gli impegni/obiettivi/procedure da adottare durante lo svolgimento degli incarichi quotidiani. Secondo Gawande le liste sono fon-da-men-ta-li anche per evitare disastri aerei ed errori che, in sala operatoria, portano alla morte del paziente.
A me, per esempio, basterebbe ricordare dove ho messo le fotocopie che dovevo fare per la classe della Pupa. Ho appena finito di scrivere un messaggio alla maestra dicendo che mi cospargo il capo di cenere e che di solito non perdo le cose. Le ho scritto: "Mi dia per punizione da fare cinquecento fotocopie in ogni formato possibile, anche a colori".
Poi ieri ho perso una medicina che dovevo prendere assolutamente e ho dovuto discutere con il farmacista che non voleva ridarmela uguale perché la ricetta era già timbrata. La settimana scorsa non so più dove ho cacciato il carnet dei biglietti, sono salita sul tram senza (prima volta in un anno) e ovviamente ho preso la multa. Sono solo 51,50 euro se pago entro 60 giorni, ma probabilmente dimenticherò di farlo.
Nel ponte dell'Immacolata siamo stati a Venezia con i Pupi, grazie allo scambio casa. Siamo finiti nell'appartamento delizioso di una famiglia deliziosa che nel frattempo è venuta a Milano a stare a casa nostra. Ha funzionato tutto benissimo, tranne che quando siamo tornati sul fondo dell'acquario c'erano due dita di cibo decomposto, e i pesci erano torpidi e quasi immobili per l'indigestione. Altro piccolo dettaglio è che io ho dimenticato di lasciare le chiavi di questa famiglia sotto lo zerbino - come mi avevano chiesto - e le ho date invece alla proprietaria di un locale lì vicino, da cui le avevo recuperate all'arrivo. Peccato che quando poi loro sono arrivati a casa il locale fosse chiuso.
Venezia con i bambini è meravigliosa e massacrante. Temevamo che il Pupo, vista la sua vivacità, finisse "a canale". Si è invece limitato a cadere in una fontana nell'elegante negozio Olivetti di piazza San Marco, un bene del FAI. La signora all'ingresso ci aveva avvertito: "Ah, sapeste quanti bambini sono finiti lì dentro!" (mentre lo diceva ho pensato: ma taci un po', menasfiga). Per una volta, tra l'altro, il Pupo non è neanche caduto apposta facendo il giullare. Si era semplicemente distratto ascoltando rapito l'audioguida (la intravedete nella foto) che spiegava nel dettaglio come il grande progettista Carlo Scarpa avesse immaginato spazi, luci, marmi e legni di altissima qualità architettonica. Per un bambino di tre anni, evidentemente un racconto irresistibile.
PS vi sarei molto grata se mi raccontaste le vostre strategie per non dimenticare. Oppure qualche aneddoto consolante/solidale su cose che avete dimenticato.

martedì 6 dicembre 2011

L'uomo più forte del mondo



















Panem et circenses

Ieri sera i Pupi hanno fatto il tagliando dalla dottoressa ZiaBubu. È emerso che stanno entrambi molto bene. Hanno risposto a tutte le domande con competenza e creatività, per esempio il Pupo ha detto che si lava i denti con il frentifricio e che per strada, in macchina, c'era molto fraffico; che i suoi piatti preferiti sono arance e insalata e che lo svago che più ama è correre come una lippa sul suo uovopattino.
"Tuo figlio, nel parlare, ha una sciatteria straordinaria: da un lato c'è la ricchezza di vocaboli, e pensa che gli ho sentito pure usare un congiuntivo, dall'altro questa pronuncia assolutamente casuale", mi ha detto la dottoressa. "È come se avesse messo la lingua in uno shaker o fosse appena immigrato dall'Armenia", ho risposto io, e lei: "Vuoi sapere una cosa? Non sentirai mai una femmina di tre anni parlare così, questa è proprio una roba da maschi. La perdono crescendo, quando cominciano a competere con altri maschi per ottenere la supremazia nel branco e stritolare l'avversario".
Bene. Per il resto la Pupa ha dichiarato di aver perso il terzo dentino, di divertirsi a scuola anche se non ricordava nemmeno il nome di un compagno, di adorare il maestro Enzo e il laboratorio di sicomotricità. All'esame obiettivo è risultata di altezza normale e peso un po' più basso della media, mentre il Pupo sfonda verso l'alto entrambe le tabelle. Del resto, da domenica è convinto di essere l'uomo più forte del mondo. Ebbene, lo confesso, siamo andati al circo: non lo facevo da quand'ero bambina e credo che non ripeterò l'esperienza per un altro trentennio, ma domenica mattina il fascino decadente e un po' perverso di quel mondo di finti gladiatori e pagliacci tristi ci ha attirato in maniera irresistibile. Un po' come quando mangi quei biscotti troppo dolci, ricoperti di cioccolato scadente, e dici "Ok, questo è l'ultimo, ora la smetto, poi per una settimana solo semi di lino, quinoa e seitan" e intanto te ne cacci in bocca un altro.
L'attrazione principale era l'uomo "più forte del mondo", un tizio alto, sulla sessantina, che sotto la ciccia conservava qualche traccia dei muscoli di un tempo, e a un certo punto si è messo una catena attorno al torace mostrando al pubblico che riusciva a spezzarla con la sola forza dei pettorali. Posto che per tutti i presenti di età superiore ai 4 anni è parso subito chiaro che la catena in questione fosse di liquirizia, sono due notti che il Pupo si sveglia a intervalli regolari e ci chiama per farci assistere al suo spettacolo. "Sssono l'uomo più forte del mondo!", ridacchia contento. Poi si rimette subito a dormire - noi, non proprio.

P.s. L'illustrazione qui sopra è di una mia amica che secondo me fa lavori molto belli. Se vi va, date un'occhiata al suo sito.

venerdì 2 dicembre 2011

Indirizzi sbagliati

A volte pensi che. E invece poi
Mi scuso con i lettori per aver rimosso il post precedente - quello sulla scuola del Pupo - ma il tema è delicato, oltre che in continua evoluzione. Stamani una maestra allarmata ha fermato Mike Delfino - noi è da inizio settimana che chiediamo un colloquio - per dirgli che avevano bisogno di parlarci urgentemente. Mi sono scapicollata da loro e ci sono rimasta un'ora. Loro sono sconvolte perché qualche buontempone è andato a spifferare che noi stavamo "indagando" su di loro. Ho risposto che noi siamo sconvolti perché qualcuno è venuto a raccontarci cose non belle su come gestiscono i bambini. All'inizio è stato tutto un ping-pong di "Siamo sconvolte", "No, noi siamo sconvolti", poi abbiamo cominciato a parlarci davvero e a capire di più. Non entro qui nei dettagli, mi prendo ancora del tempo, ma in estrema sintesi questa vicenda mi ha ricordato che contestualizzare è importante. Anzi fondamentale.
Per esempio venendo al lavoro, quand'ero già sul tram, mi sono accorta che Mike Delfino mi aveva elegantemente sfilato dal portafoglio il carnet di biglietti, senza avvisarmi. Tempo due fermate e c'erano già i controllori, "Prego: 51 euro e 50 se paga entro 60 giorni", mi ha detto con un mezzo ghigno uno di loro, al che gli ho risposto: "Prego di che? E io cosa dovrei fare, dirle grazie?". Be', lui se n'è rimasto zitto. Questo mi ha consolato, assieme al fatto che sul verbale il tizio ha scritto un indirizzo clamorosamente sbagliato. La parte teenager di me sogna che per questo motivo la multa, a casa, non arrivi mai. La mia parte razionale ripete come un mantra: nella vita ci sono cose molto più gravi, ricordati di contestualizzare.
Una sera, un paio di settimane fa, sono stata anche raggirata su internet da un gruppo di criminali che gestiscono una società chiamata Italia Programmi. Volevo guardare in streaming una puntata di Casalinghe disperate e mi hanno mandato su un sito dove si diceva: scarica Adobe Acrobat Reader gratuitamente per vedere il telefilm. Come una polla ho compilato diligentemente il modulo in cui non si faceva alcun riferimento a denaro, poi ho cominciato ricevere email da questi signori che pretendono di avere da me 8 euro al mese, pagamento in anticipo, per due anni. Ho scoperto che 4.000 persone si sono rivolte all'Aduc per denunciare la truffa e che la Procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta. All'inizio ci sono rimasta malissimo, poi ho aperto la fattura con la richiesta di soldi che mi hanno mandato e mi sono messa a ridere. In un impeto di creatività quella sera sul modulo avevo scritto, letteralmente: Paola Maraone, via Sassssaaa 111, 21212 Roma. Mi mandassero pure raccomandate con ingiunzioni di pagamento a quell'indirizzo, e vediamo chi gli risponde.