Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

giovedì 25 ottobre 2012

Gli uomini vengono da Marte, eccetera

Quello che avete in mano non è un idrante
Il Pupo al battesimo della sella.
Nel bagno di una latteria-trattoria dove vado ogni tanto a pranzo, c'è un cartello che dice: «Avviso per i signori clienti (uomini). Quello che avete in mano non è un idrante, e per terra non c'è un incendio».
Ecco, questo cartello mi fa ridere tutte le volte che lo leggo. Rido un po' meno - ma neanche poi tanto, in fondo - da quando il Pupo ha preso a fare un uso sconsiderato del suo personale estintore.
Le regole del Pupo L'altra sera l'ho accompagnato in bagno per le abluzioni per-nanna. E qui vi enuncio le regole del Pupo: 1. Se la popolazione maschile pronuncia una media di 7.000 parole al giorno (dati di una ricerca pubblicata su Science magazine), il Pupo, che ciarla senza soluzione di continuità, credo arrivi a 70.000. 2. Se per brevi istanti è anche capace di non fare nulla, gli è impossibile non parlare. 3. Come la maggioranza degli uomini, non è multitasking. In bagno, in piedi davanti al water, a un certo punto ha cominciato a raccontarmi le ultime imprese di Ben Ten.
Per raccontare, si sa, è necessario gesticolare. Mollando la presa, cioè l'idrante, cioè l'arnese.
(Io): «Pupo, ma cosa fai, guarda dove stai facendo pipì!» (=ovunque: sul muro, per terra, sui pantaloni del pigiama).
(Lui, serafico, abbassando lo sguardo per constatare il danno, con aria serena): «Non è un ploblema».
Poi ha afferrato uno strappo di carta igienica e ha cominciato a passarselo sul corpo, per terra, sulla tavoletta del wc, poi di nuovo sul corpo, convinto in questo modo di pulire perfettamente sé stesso e pure il bagno. «Hai visto, mamma? Ola è tutto a posto. Sei un cuole».
Quando il Pupo dice «Sei un cuore» Io mi sciolgo. Così ho cominciato a sbaciucchiarlo com'era, ancora un po' umidiccio. Ecco: forse il senso di questo post è che mi ha fatto una gran tenerezza pensare che per lui andasse bene così. Secondo lui, il semplice gesto di passarsi qua e là un quadratino di carta igienica aveva sistemato tutto. Se è vero che la bellezza è un concetto relativo, lo sono pure l'ordine, la pulizia. E in effetti, dalle schegge di ricordi che emergono qua e là quando penso alla mia infanzia, mi viene in mente che da piccola certe cose non le notavo proprio. Tipo: la mamma di un mio amichetto delle elementari, che oggi, guardando indietro, definirei vagamente hippie, tendeva a girare nuda in una casa disordinatissima. Io trovavo un po' strano il contrasto tra l'estremo candore della sua pelle e il nero di quel vello che le spuntava sotto la pancia; quanto agli oggetti disseminati qua e là in ogni angolo, li vedevo anche, ma poi evidentemente pensavo, come il Pupo, «Non è un ploblema».
Ancora a proposito di pipì Semmai trovo problematiche, invece, le teorie folli che ciclicamente prendono piede. Su Facebook, l'amica di un'amica scrive candida in bacheca: «Che soddisfazione aver curato l'otite della mia cucciolina con una goccia della sua pipì, quando il pediatra aveva prescritto l'antibiotico!». E giù, tutti a cliccare «mi piace». Ed ecco che all'improvviso mi viene voglia di sapere cosa ne pensate voi di questi nuovi trend.




http://www.youtube.com/watch?v=zP9KWG-Y5OM

giovedì 18 ottobre 2012

Certe cose non le puoi controllare

Ma proprio questa è la sfida. Questo, alla fine, il senso
scatole, scatole, scatole


colazione di benvenuto (il primo giorno)
Titolo un po' criptico ma adatto a definire il crocevia esistenziale che attraverso in questo preciso momento. Il trasloco, almeno quello, è fatto. Al nostro arrivo nella nuova sede abbiamo pure trovato una mela di benvenuto su ciascun tavolo (non si segnalano al momento casi di avvelenamento). In questo open space funzionale, ultramoderno, efficiente i colleghi squadernano buone intenzioni.
«Giuro che non accumulo più ciarpame inutile fino a far scomparire la scrivania».
come quando fuori piove
«Siccome qui non c'è la mensa mi porterò da casa deliziosi pranzetti salutisti, verdure cotte condite col limone e tè verde biologico con zenzero». «Vuoi una fetta di panettone col cioccolato?» «Volentieri, grazie».
una mela a testa
«A stare qui mi sento una persona migliore. Mi sento, guarda, più americano».
«Adesso se quella non tace l'ammazzo. Ma che voce ha? Tenetemi perché vado lì e la spengo con una tappata in testa».
«Vuoi fare un corso di yoga in pausa pranzo?» «Piuttosto preferirei prendere a calci un sacco».
«Come c... si caricano le foto su Facebook?». «Non chiedere a me che in queste cose sono una scema mentale». «Alla faccia del giornalismo digitale».
Nel frattempo, a casa Siamo, in questo periodo, senza tata.
(Mike Delfino, nei giorni scorsi): «Dai, proviamo a cavarcela da soli. Chiamiamo semmai qualcuno che ogni tanto venga a dare una pulita».
(Io): «E se i bambini si ammalano?».
«Maddài. Stanno crescendo, questa è un'eventualità sempre più remota».
«Sarà. Sappi che se succede io non posso assentarmi dal lavoro. Mia madre dorme fino alle nove e poi abita dall'altra parte della città. Come intendi gestire le emergenze?»
«...»
Stanotte, alla solita ora indefinita Spunta ondeggiando accanto al mio letto quel trottolino del Pupo: «Mammmaaaaaaah!» (urlando, a un centimetro dal mio orecchio) «Ho gomitaaaaatooooh!».
E in effetti. Tra l'altro la Pupa è in Fase Campeggio, il che implica che gli dorme accanto, su un materassino, imbozzolata in un sacco a pelo. Fortuna ha voluto che l'abbia mancata per una manciata di centimetri. Così lo cambio, pulisco, lo rimetto a nanna e la cosa sembra finire lì; senonché stamattina, appena sveglio, gli è partito un geyser. Poveretto: appena finito, ha sospirato e mi ha detto «Mamma, sono pleoccupato».
effetto Mondrian
Scesa al piano di sotto ho consegnato la bomba a Mike Delfino. «Ma che davvero, lo lasci a me?». «Eh, già», ho risposto scapicollandomi fuori con la Pupa, che nel frattempo faceva melina nel tentativo di restare a casa. «È tuo fratello a star male, non tu». «Sì, ma io voglio tenerlo consolato». Così siamo arrivate tardi e ho dovuto praticamente lanciarla dentro la scuola, facendola passare dall'ingresso dei perdenti (=quelli che arrivano dopo le 8.30, anche se di pochi secondi).
Perplessità diffuse Un paio di ore dopo mi ha chiamato mia mamma, la donna delle emergenze in assenza della tata. «Guarda che Mike mi ha lasciato qui tuo figlio». «Ti ha portato anche un cambio di vestiti?». «Sì, però bagnati. Ora il Pupo poveretto se l'è fatta addosso e lo devo tenere in mutande finché non si asciugano». «Non avrà capito che doveva prenderli dall'armadio, e non dallo stendipanni». «C'è un'altra cosa: ieri sono andata a prenderlo all'asilo e aveva una scarpa blu e l'altra nera. Ho chiesto a Mike Delfino se c'entrasse qualcosa, ma mi ha risposto: "No, deve aver fatto tutto da solo". Sai com'è, ho i miei dubbi».
La domanda della settimana Ora, non è che voglia assurgere alle vette insuperate dell'Oroscopo di Internazionale, anche perché non so nulla di segni zodiacali. Però mi piace pensare di fornire (e avere da voi) qualche spunto di scambio e riflessione. Perciò la domanda della settimana è: qual è il vostro rapporto con il concetto di controllo? Riuscite a «lasciare andare», a essere fatalisti, ad accettare? O non siete capaci di lasciare nulla al caso? Il vostro approccio cambia a seconda che una cosa sia più o meno importante per voi?

CREDITS: photo by Gloria Ghiara


giovedì 11 ottobre 2012

Trasloco. Giornata uggiosa

Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie
Stiamo traslocando. Cioè: la mia azienda trasloca. Il palazzone anni 90 che questo pomeriggio lasceremo è più fatiscente che mai. Nei corridoi sembra di stare a Beirut, polvere e scatoloni ovunque, ma non è solo questo. È come se gli oggetti si fossero arresi, avessero abdicato alla loro funzione. Tutto sembra come sbiadito, sospeso in attesa dell'Armageddon finale; hanno (s)venduto i vecchi arredi, il piano terreno è invaso di piante malconce, che sperano invano che qualcuno le adotti.
Il genio creativo dei colleghi lo vedi dalle piccole cose. C'è quella che guarda caso nel momento cruciale si è data malata, in modo che qualcuno facesse le scatole per lei. Quella che taglia con cura lo scotch perché le piace «lavorare in modo simmetrico». Quella che come me fa tutto di fretta, con risultati estetici un po' borderline. Ciascuno di noi può riempire un massimo di cinque scatole, perciò abbiamo dovuto liberarci di tutto il ciarpame ammassato per anni. Bottiglie di Coca Cola scadute, spugne a forma di babbo Natale, la sagoma di un Pinocchio in cartone su cui qualcuno, non si capisce perché, aveva scarabocchiato la scritta «Fucking Anna Frank». E poi tutti i faldoni con le vecchie cartelle stampa della moda, i comunicati con le scritte ancora in lire, gli scheletri di orchidee, ciclico omaggio di qualche pierre, a stagliarsi inquietanti contro i vetri delle stanze ormai vuote.
L'aria è elettrica, i rapaci volteggiano. C'è chi con noncuranza dà un'occhiata alle altrui scrivanie, sia mai che avessero lasciato qualcosa di prezioso. Un po' come in tempo di guerra, le cose più insospettabili acquistano valore. Uno scotch col suo portascotch, forbici senza l'etichetta con il nome dal proprietario, pinzatrici, pennarelli indelebili: sono queste le merci più richieste da chi sta per mollare gli ormeggi e transitare verso l'ignoto. Il nuovo ufficio sarà moderno, funzionale, più centrale, più colorato. Però con la metà dello spazio, la metà dei bagni, un decimo della privacy: tutti nell'open space a spiarci i segreti, a sentire non volendo le telefonate degli altri, assistere alle fisiologiche risse, sbirciare chi arriva tardi e se ne va via presto.
Mette addosso un'inevitabile ansia, questo mondo che sta per finire. Girano voci. «Bisogna mettere il cartello col nome anche sulla tastiera e sul mouse». «Se volessero licenziarci oggi non dovremmo neanche tornare a fare gli scatoloni con le nostre cose». «Nella nuova sede non c'è la tv. Peccato, mi faceva status». «Un microonde lo faremo comparire, poi son cavoli loro». «Ti pare sensato che si debba etichettare anche il mouse?». «Al settimo piano c'è una vendita». «Di cosa?». «Di tutto». «Questa ha lasciato qui i libri di inglese». «Tanto non ha imparato niente, buttaglieli». «Deve ancora passare la Manuela a raccogliere gli ultimi strapanicci». «Hai messo la dannata etichetta sul mouse?»
Tra le mura domestiche, pure, ciascuno di noi trova il suo personale conforto. Io sono molto curiosa perché il Pupo oggi fa la sua prima lezione di gioco-danza, unico maschio in un gruppo di femmine. Stamattina parlando con sua sorella le ha chiesto: «Hai fatto lo scimmiòn alla tua bambola?». L'altro giorno al parco, invece, mi ha detto: «Mamma guarda, un pono», e confesso che ci ho messo un po' a capirlo. Poi mi è venuto in mente: singolare, pono. Plurale, pony.
Piccola riflessione finale L'altro giorno per caso ho letto alcuni dati sui traslochi. Sappiamo tutti che lo stress da trasloco è paragonabile a quello di un lutto o di un divorzio. Ecco, cambiando ufficio mi sono tornati in mente i quattro traslochi che ho affrontato negli ultimi... vediamo... sei anni. Le cose perse, le cose rotte, le liti, le unghie nere e le mani screpolate, la speranza di non farne mai più in vita mia. Voi avete avuto la fortuna di traslocare di recente? Col fai-da-te, o vi siete affidati a un'impresa? Ci sono errori che non rifareste? Consigli che avete voglia di condividere?

giovedì 4 ottobre 2012

Oh, giorno davvero mirabile

Va detto: le sorprese arrivano quando meno te l'aspetti
Di questi tempi ho letto o sentito casualmente molte dichiarazioni di donne - mamme, blogger, professioniste, casalinghe, giovani, diversamente giovani - che più o meno dicono: «D'ora in poi, lo giuro, mi riprendo i miei spazi. Quelli là (figli, mariti, fidanzati, colleghi, comunque maschi) hanno finito di sfruttarmi. Perché io adesso faccio un passo indietro, vado alle terme in pausa pranzo, al cinema da sola, dal parrucchiere a farmi lo shatoush anche se c'è la crisi. Col cavolo che mi infilo all'Esselunga all'ora di punta a far la spesa per tutti. Ci vadano loro, all'Esselunga, se vogliono mangiare».
Dichiarazioni pericolose Dire certe cose ad alta voce può essere controproducente. Personalmente sono convinta che valga la pensa di agire in silenzio, senza troppe esternazioni. Prendete per esempio l'altra notte: pur essendo momentaneamente tornato in salute (vedi, ehm, il post precedente) il Pupo non rinuncia ai proclami notturni.
(Ore 2.15) «Il lazzo, il lazzo! Non tlovo più il mio lazzo».
Volete sapere cos'ho fatto in risposta al suo urlo belluino, peraltro ignorando cosa fosse il lazzo?
Ho messo in atto la tecnica della tanatosi (poi non dite che non vi insegno parole nuove). La tanatosi è una strategia utilizzata da insetti e piccoli animali - di solito coleotteri e rettili - che comporta l'irrigidimento totale del corpo: in una situazione di minaccia o pericolo si simula uno stato di morte per evitare di essere catturati dal predatore. Perciò ho paralizzato ogni muscolo del corpo, ho rallentato il respiro tipo Houdini quando si faceva rinchiudere in una cassa sott'acqua, e sono rimasta immobile, ad attendere.
Dopo mezzo minuto di urla Mike Delfino è risorto dall'abituale stato comatoso in cui versa e, rilevata l'assenza di segni vitali da parte mia, ha arrancato borbottando fino alla stanza del Pupo, soccorrendolo con prontezza ed efficacia. La mattina dopo la sua faccia sembrava presa dalla Guernica di Picasso, un occhio che gioca a biliardo e l'altro che tiene i punti.
(Io): «Che cos'era, poi, il lazzo?»
(Mike, sbadigliando): «Il biberon che usa per bere l'acqua. Vai a capire. Certo è interessante la metafora del razzo...»
A volte però gli uomini sanno essere molto utili. E fare cortesie inattese Specie se artigiani, tecnici, esperti di settore. Ieri sono andata nel negozio di una grande catena specializzata per acquistare una nuova lavatrice. Individuato il modello, mi sono rivolta all'addetto del reparto, per prenotare la consegna.
(Lui, come colto da momentanea emiparesi): «Vng k:n me»
(Io): «Eh?»
(Lui, bisbigliando): «Venga con me. Qui non posso parlare». 
Ci spostiamo di qualche metro, lui si appoggia a un'asciugatrice con aria finto-casual e mi dice: «Asptt a kmpr:r qsta lvtrc».
(Io): «Eeeeh?»
(Lui). «Sttk:st».
(Io): «Mi scusi ma non la seguo)
(Lui, sussurrando): «Questa da lunedì prossimo verrà venduta sottocosto. Da 319, lei la paga 239. Se aspetta 5 giorni risparmia 80 euro».
(Io, stupefatta): «Beh... che dire, grazie. Sono senza parole. Lei è stato gentilissimo». 
Tecniche di sopravvivenza A questo punto sarei molto curiosa di sapere da voi due cose, 1. Qual è l'ultima cortesia inattesa che vi hanno fatto e 2. Quali sono - se ne avete - le vostre tecniche di sopravvivenza nei momenti più duri, tipo quando il Pupo chiama alle 2.15 di notte.