Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

mercoledì 18 dicembre 2013

Spazio bianco

Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore
Eccoci, finalmente. «Il terzo travaglio può essere un po' noiosino», aveva profetizzato l'ostetrica del mio consultorio. In effetti. Tutto è cominciato lo scorso lunedì, con contrazioni sporadiche e un diffuso mood da la-Mia-Ora-è-Giunta. Giusto il tempo di prendere al volo la benedizione natalizia dal prete del quartiere, cenare, mettere a letto i Pupi alle 19.38 dichiarando che erano le nove di sera, denunciare a Mike Delfino ulteriori, insondabili malesseri nonché contrazioni ingravescenti, trascinarmi sotto la doccia chiedendogli poi di asciugarmi i capelli col phon perché io, da sola, non me la sentivo; andare a mia volta a dormire con un paio di tachipirine in corpo; svegliarsi all'1 e 46 spaccata (visto sul display dell'iPhone) con un sussulto, avvertire in qualche modo la certezza che sì, era proprio La Chiamata; scendere al piano di sotto non volendo svegliare nessuno, e cominciare a passeggiare avanti e indietro sotto gli occhi vigili e tonti di Laccio, «il cane che non è un pagliaccio».
Omen «Travagliare di notte ha un che di paurosamente atavico», ha commentato qualche post fa la mia lettrice Micol. Ci ho pensato parecchio, in quelle ore sospese, sbirciando le finestre dei vicini per vedere chi fosse ancora sveglio - molti, e ancora mi chiedo perché. E soprattutto cercando di capire come mai, oltre al classico dolore addominale da contrazione, io sentissi una specie di atroce puntaspilli irradiarsi lungo tutta la schiena. Va detto che la mia amica Michela mi aveva consigliato di usare un pettine come analgesico secondo la tecnica della digitopressione: si tratta di stringere, a ogni contrazione, un piccolo pettine in modo che i denti tocchino la linea immaginaria dove le articolazioni delle dita incontrano il palmo della mano (molto più facile a farsi che a dirsi). È una tecnica economica e priva di controindicazioni: dopo essermi procurata addirittura due pettini, oggi mi piace raccontare a me stessa che è grazie a loro se sono riuscita a resistere fino all'alba.
L'importanza dei pettini «Mamma, perché sembra che ti stia per esplodere la pancia?» (Pupa, ore 7.12). «Mamma, perché fai quella faccia?» (Pupo, ore 7.18). «Mamma, stai andando a far nascere la sorellina?» (all'unisono, 7.21). «No, vado dal dottore a fare un controllo». Lasciati i bambini a scuola siamo andati all'ospedale dove sapevo che sarebbe stata di turno la mia amica anestesista, io stringendo i denti e i pettini, Mike Delfino dubitando, talmente nonscialante era il mio comportamento, che fosse il momento giusto («Cinquanta euro che ci rimandano a casa»).
E invece «Signora, lei è dilatata tre centimetri!», è stato il responso. «Dove lo mettiamo un terzo figlio sui tre centimetri?». (Questo mi è suonato molto tipo: «A che tavolo li mettiamo i quattro con un cane? Se ne vanno entro le ventuno»). Un minuto dopo, florealmente piazzati nella stanza Tulipano, abbiamo chiamato la mia amica anestesista, neanche mezz'ora dopo provavo finalmente l'ebbrezza della prima epidurale della mia vita, peraltro contro il parere avverso dell'ostetrica Marina: «Signora, ha fatto due figli senza, mi crolla proprio ora?». (Domanda per voi: ma cosa vorrà dire in un contesto simile «Mi crolla?»). Sempre Marina, a una giovane ginecologa che passava di lì: «Poi quando toccherà a te non mi chiedere analgesie, perfusioni, rotture di sacchi amniotici. Ti faccio partorire io naturalmente». Ginecologa: «Corro a prenotarmi un cesareo».
La regina delle contraddizioni Ore 10.30, Marina, svelando finalmente l'arcano di un travaglio (per i miei canoni, essendo la Pupa e il Pupo nati rispettivamente in tre e due ore) così lungo: «Ahi, ahi». (Io): «Cosa, ahi ahi?». «Questa bambina è occipito-posteriore. Girata al contrario: con la nuca, anziché la fronte, poggiata contro il suo osso sacro. Sentiva mal di schiena, per caso?». «Sì. Ma cosa vuol dire, in concreto, questa posizione?». «Ah, niente di che. Diciamo che così non nasce». «Come, non nasce? Me la tengo per sempre nella pancia?». «O facciamo un cesareo, o la facciamo girare, o non nasce». «E come la giriamo?». «Lei potrebbe, in travaglio, assumere una serie di posizioni che le indicherò, schiacciando per esempio la pancia col suo corpo, mettendosi carponi, alzando la gamba destra nella posizione del cane che orina, e mantenere queste posizioni per un dato tempo, per convincere la bambina a ruotare lentamente su se stessa, avvitandosi esattamente fino al punto desiderato, cioè l'opposto di come è ora». «Sembra, ehm, facilissimo». Col senno di poi mi chiedo, ma secondo l'ostetrica Marina come avrei fatto senza l'epidurale?
Roba buona Con l'epidurale peraltro si ottengono una serie di effetti fichissimi. Al primo shot ho detto, «Wow! È come portare le chiappe dal dentista». Si può financo ironizzare sulla propria e altrui sorte. Alle urla della signora della stanza vicina: «Questa si sta facendo un giro sul gigacoaster di Gardaland».  Mike Delfino però ha commentato: «Avverto minor partecipazione emotiva rispetto all'altra volta. Poiché non stai soffrendo, il mio ruolo mi pare più marginale che mai». Ignorato il commento e finito l'effetto dell'epidurale, verso mezzogiorno, la mia amica mi ha dato un'aggiuntina. A quel punto non sentivo dolore, ma ho perso il contatto con le gambe. L'ostetrica Marina ha infierito: «Il travaglio è così lento per colpa dell'epidurale». Bugia, non sei figlia di Maria! ho pensato subito, e infatti era così lento, ho scoperto poi, per la posizione occipito-eccetera. «Che facciamo, le mettiamo due gocce di ossitocina, così andiamo tutti a casa?», ha aggiunto un minuto dopo Marina, con il consueto garbo. «No, rompiamo il sacco», ha ordinato la ginecologa.
Quando il gioco si fa duro Di lì in poi le cose hanno preso un'improvvisa accelerata. Da una dilatazione di cinque centimetri - tanto avevo guadagnato in tre ore - col sacco rotto nel giro di mezz'ora sono arrivata a dieci. Le cose e anche la bambina, a quanto pareva, si stavano mettendo per il verso giusto. Ho capito che la situazione era un po' spessa perché al mio capezzale (è una vita che aspetto di poter usare l'espressione «al mio capezzale») si sono materializzate, al gran finale, due ginecologhe, oltre all'ostetrica e all'amica anestesista («Volete che esca? Non vorrei rovinarvi un momento di intimità». «Resta, non mi interessa neanche se mi sfila davanti il miglior teatrino di Arcore»). Mike Delfino, da dietro la mia spalla: «Rimango un po' defilato, non voglio perdere del tutto la poesia dell'evento-nascita». Ginecologa 1: «Tre spinte di quelle giuste e conosceremo finalmente questa bambina». Ostetrica Marina: «Spinga quando si sente di farlo». Io: «Non sento niente (spiritosona), dovete dirmi voi quando». Ginecologa 2: «Prenda fiato... ora... spinga!». Ginecologa 1: «Due spinte». Ginecologa 2: «Prenda fiato. Ma che è, Iron woman? È bordeaux, respiri!». Io: «Nnngggh». Ginecologa 1: «Una spinta».
Un'altra strada A quel punto è uscita la testa della Piccolissima e io non ho capito più niente. Mi hanno millimetricamente guidato attraverso la spinta successiva, spinga, si fermi, respiri, mentre la controversa ostetrica - tuttavia tecnicamente impeccabile - le aspirava i liquidi dal naso e dalla bocca. E poi ancora respiri, si fermi, spin... no, si fermi, spinga! Ora! E poi la voce di qualcuno, rivolto a Mike Delfino, Papà, prema quel pulsante, e io ho pensato premilo, sì, quel campanello, devono sentirla tutti, nostra figlia che nasce, e poi qualcosa ha suonato dentro la mia testa e anche fuori, e ho sentito lei che sgusciava nel mondo, poi lei che piangeva, Mike Delfino che piangeva, l'anestesista semprebenedetta che piangeva, l'ostetrica Marina che bofonchiava tutto sommato di soddisfazione. Allora ho riso, ho riso moltissimo per questa nuova microscopica meraviglia destinata ad aprire, come mi ha scritto un amico, «un'altra strada tra le strade del mondo». E scusate se ci ho messo otto giorni a raccontarvela, ma a volte lo spazio bianco è meglio di qualunque riga scritta riusciamo umanamente a immaginare.


mercoledì 11 dicembre 2013

Ieri

Alle 13.46, dopo 12 ore esatte di travaglio, con i raggi del sole in faccia è nata la nostra Piccolissima.
Benvenuta al mondo, Anna Stella.

mercoledì 4 dicembre 2013

Settimana 39 (ma a quanto pare è la 40)

Salvarti sull'orlo del precipizio
È, questa, la settimana di gravidanza in cui la futura trimamma, profittando una sera dell'assenza inattesa e non sgradita dell'intera famiglia (Mike + Pupi) riunitasi altrove a festeggiare il compleanno degli Zii Gemelli, ascolta a volume smodato musica italiana da cui trarre citazioni a manbassa e si dedica allegramente a inghiottire vaccat a consumare in solitudine un frugale pasto mentre smanetta davanti al computer con l'intento di tenere aggiornati i lettori sullo stato di avanzamento (nullo) della Pupa piccolissima.
Ma tu non pensare male adesso Del resto, non posso davvero esagerare. Due sere fa ho cominciato a vomitare, credevo di essere entrata in travaglio (dicono che la nausea sia uno dei sintomi possibili). Invece no: nel pomeriggio ero uscita senza la sciarpa, e poiché ho ormai lo stomaco all'altezza della gola, evidentemente ho preso freddo e mi è venuta una specie di congestione seguita da coliche notturne e pensieri tipo: «Ma se questo è il travaglio, adesso chi si becca la peppatencia?». Dovete sapere infatti che ho una serie di amici, vicini di casa e ben due fratelli (gli Zii Gemelli) che si sono dati come reperibili nel caso mi partissero le contrazioni col favore delle tenebre. Il che si esprimerà in una squisita catena di rotture di scatole: devo svegliare Tizio che verrà al volo a tamponare la situazione e poi chiamerà Caio che poi chiamerà mia sorella - l'unica in grado di vestire i bambini e recapitarli a scuola senza fare casini, vive però troppo lontana perché possiamo pensare aspettarla in casa senza passare la staffetta a qualche eroe intermedio.
Dicono che gli angeli amano in silenzio (pensieri ricorrenti) «Non puoi tenertela lì, vero?» mi ha chiesto il Pupo due sere fa, indicandomi la pancia. «No, eh?», si è risposto da solo tre secondi dopo. Che tenerezza. Poi si è messo tutto concentrato a disegnare. «Che bello, Pupo, chi è questa signora?». «Maria, la madre di Gesù». «E cosa sono quei due pompon di Didò blu che le hai appiccicato sul torace?». «Il reggiseno. Ce le aveva anche lei, le tette. Doveva pure allattarlo Gesù, lo sai?».
Ahi, come sempre sei (la descrizione di un attimo) Mi scrive un sms ieri sera alle 21.38 la mia amica anestesista: «Guarda che stai n'a botte de fero, vista l'anestesista perfetta. Ti ho pure fatto la visita in piedi sui gradini dell'ospedale. Ma per partorire mi raccomando aspetta dal 6 (sera) in poi». Due minuti dopo: «E rispondi, o temo che tu stia spingendo!». Io: «Ahah smettila che mi fai venire le contrazioni. Dunque fammi capire, tu ci 6 dal 6? (perdona il gioco di parole). E domani e il 5, invece, né di giorno né di notte?».
«L'ideale sarebbe dal 6 ma di sera. Vedi di comportarti bene, eh. Mi raccomando. Ci tengo a vedere la pinella con lo scoop».
«Ma 6,7,8 solo di notte o anche di giorno? Dammi qualche indicazione certa, sei troppo vaga. E stanotte non ci sei?»
«Stanotte no! Hoddetto!»
«Ah! Ecco! E domani e il 5?»
«Ho la cena coi compagni dell'università, il parrucchiere, la riunione dell'associazione filatelici, un'invasione di cavallette. Voto per venerdì notte. O lunedì mattina. Domani e il 5 meglio di no. Hai l'edema cerebrale? E tre. Stai tappata».
Una musica può fare parlare soltanto d'amore In questo periodo mi chiamano e mi scrivono in molti. «Hai novità?» (approccio vago). «Non sarà mica nata, vero?» (accusatorio). «Se fosse nata me lo diresti?» (complice). «Stai spingendo?» (puntuale). «Mancano 4 giorni, giusto?» (preciso). «I giorni passano e non so niente di te» (poetico). «Volevo solo sentire la tua voce» (affettuoso). «Facciamo che se vai in ospedale mi fai uno squillo? E poi un altro quando ti ricoverano? Io non rispondo, eh. Mi basta che mi fai lo squillino» (apprensivo). «Chiamami a qualunque ora del giorno e della notte» (esagerato). «Ti muovi a scrivere un post su quel c... di blog, così la gente sa cosa sta succedendo? Cosa lo tieni a fare il blog, se poi ci devi scrivere una volta all'anno?» (rude ma spiritoso).
E in effetti il mio stato d'animo oscilla più che mai, tra il desiderio di quiete e la commozione per tanto affetto. Se avete avuto figli mi capite. Di cosa avevate voglia nelle ore che hanno preceduto la loro nascita? E anche se figli non ne avete, mi capite lo stesso. Vi siete fatti sentire spesso o avete atteso zitti-zitti (seppur emotivamente partecipi) che arrivasse la lieta novella?

giovedì 28 novembre 2013

38esima settimana (o forse dovrei dire 39)

Il parto ideale
Ieri mattina il Pupo si è svegliato con «40 di tosse. Non mandarmi a scuola», ha subito pregato. Poiché in effetti un paio di coff, coff appena alzato dal letto li aveva emessi e fuori c'erano due gradi sottozero, ho preferito tenerlo a casa - hai visto mai che mi nasca la Piccolissima mentre quest'altro è malato, è stato il mio rapido ragionamento - dove mi ha sfibrato per tutto il giorno.
Ti amo, nonostante la malattia Pur in precarie condizioni di salute l'eroico Pupo riusciva a preparare numerose pozioni coi gessetti colorati, istoriando finemente di macchie alla Pollock il bidet e le pareti del bagno, usato come laboratorio, e a soffiare intere pentole di bolle di sapone (nella foto, un esempio) rovesciandone una a terra subito prima del pranzo. Alle mie velate quanto garbate proteste rispondeva con il suo accattivante sguardo verde chiaro, sbattendo ritmicamente le lunghe ciglia: «Perché mi tratti così? Io ti amo, nonostante la malattia».
La scuola degli abbracci Il countdown della Pupa procede inesorabile e snervante, un tic-tac ideale che non cessa mai. Grazie a lei, per esempio, so che alla fatidica DPP mancano in questo momento - in teoria - 11 giorni. Assieme al countdown continua anche la sua bizzarra avversione ai congiuntivi: «Voglio che la sorellina nasce oggi», mi ha detto stamani sulla soglia della scuola. Poi ha aggiunto: «Cento per cento positivo». Anche lei, come tutti, un po' di agitazione addosso in questo momento ce la deve pur avere. «Mi fa male il braccio della vaccinazione, voglio rimanere a casa anch'io», ripete da due giorni. «Ma male quanto, Pupa? Male al punto che non riesci a piegarlo?». «No, solo quando mi abbracciano». «Allora non è gravissimo, mi pare». «Ma a scuola mi abbracciano sempre, dove vado io è una scuola di abbracci».
Intanto, l'ineffabile Mike Si diverte a immaginare il parto ideale. Che dovrebbe avvenire nelle seguenti condizioni e modalità:
- È una bella mattinata di sole, tipo oggi, ma con temperatura vagamente più elevata
- Abbiamo dormito molto bene, il Pupo non si è fatto vivo per tutta la notte
- Non è il giorno in cui i camion della spazzatura intasano il quartiere
- Laccio, di recente ribattezzato «il cane che non è malaccio», è a casa con la nostra tata/colf, ha mangiato e ha già fatto una lunga passeggiata
- I pesci hanno mangiato, anche lo psicotico dei tre, quello che ultimamente passa il tempo in un angolo
- Abbiamo appena lasciato entrambi i bambini a scuola, per una volta più che puntuali e senza affanni
- Per sbaglio, scambiandola per una sua borsa di lavoro, Mike ha infilato in macchina la valigia dell'ospedale
- Un appuntamento urgente che aveva gli salta improvvisamente, al che mi propone: «E se andassimo con calma a fare colazione al bar?»
- Siamo in auto, quando la mia amica anestesista mi telefona e mi dice: «Ciao, tutto bene? È un po' che non ci vediamo. Sono in ospedale ma curiosamente ho un po' di tempo libero, che ne dici di raggiungermi per un caffè, magari assieme a quel simpaticone del tuo fidanzato?».
- In auto comincio a provare qualche lieve fitta tipo mal di pancia. Arrivata all'ospedale la mia amica mi guarda in faccia e mi dice: «Sarei più tranquilla se ti facessi visitare. Ora che abbiamo bevuto quest'ottimo caffè seguimi, te ne prego, il mio collega gentile e bravissimo entra in turno proprio ora».
- Cinque minuti dopo, in sala visite, collega gentile e bravissimo: «Signora, ma voleva farla per la strada, questa bambina? Lei è dilatata di otto centimetri, possibile che non si sia accorta di nulla? Subito in sala parto».
- Due minuti dopo, in sala parto, amica anestesista: «Ci tengo a farti provare l'epidurale anche se solo per le quattro spinte che saranno necessarie a far nascere la tua bambina. Respira, rilassati... zac
- Dieci minuti dopo, ostetrica vincitrice del recente contest Levatrice dell'Anno, poggiandomi la Piccolissima sulla pancia: «Signora, la sua bambina è perfetta
- Un minuto dopo, sulla soglia della sala parto, mia sorella tornata in questo istante dalla Bosnia: «Paola, lo vuoi finalmente, dopo nove mesi di privazioni, un buonissimo, freschissimo, croccante panino riempito con il salame del contadino?»
Ciò detto In realtà mi è giunta notizia che i travagli dei terzi figli possono anche essere più lenti e complicati di quelli dei secondi, tra le altre cose perché i tessuti dell'utero sono più morbidi e le contrazioni meno efficaci. Urgono parole di conforto (vostre).

martedì 19 novembre 2013

Settimana 37

Dovreste almeno pettinarlo
Ieri guardavo La prima cosa bella in dvd e ho pianto in almeno otto punti. Imputo queste iper-reazioni alla gravidanza ormai avanzatissima e al numero eccessivo di caramelle Selz soda arancio/limone (l'equivalente psichedelico delle storiche Rossana) consumate. In questi giorni continuo a fare cose di cui poi mi pento: tipo mangiare una tavoletta di cioccolato intera, oppure otto marrons glacés uno dopo l'altro, o persino bere Sprite che tra l'altro non mi è mai piaciuta; oppure pirlare la sera, leggendo fino a tardi prima di spegnere la luce, per poi passare le ore i minuti i secondi seguenti a girarmi e rigirarmi nel letto, prima di addormentarmi, rimproverando me stessa per la mia imprudenza (la domanda di fondo essendo: «E se mi parte il travaglio tra poco? Sarò stanchissima, come faccio a partorire in queste condizioni?»).
Tutti dicono cose Quando sei incinta tutti si sentono autorizzati a dirti cose. Non necessariamente sulla gravidanza, ma proprio su qualunque argomento. Ok, in genere si parte dalla pancia: «Quando nasce?» (classico rompighiaccio). «È un maschio, vero?» (saggezza popolare mal riposta). «È il primo, vero?» (eggià). «Cosa? Il terzoooh? Ma che coraggio, signora!» (con tono tra l'ammirato e il giudicante, della serie: ma cosa le viene in mente di mettere al mondo tre figli oggi come oggi?).
In piscina Bagnino 1: «Ehi, non mi dire che vai nella vasca grande».  Bagnino 2: «Se vai nella vasca grande, almeno vai in prima corsia». Bagnino 1: «No che poi le vanno addosso ed è peggio. In prima corsia ci sono solo i catamarani». Bagnino 2: «L'importante è che non le prendano a calci la pancia». Bagnino 1: «Non ti tuffare di testa, però». Bagnino 1: «Ce la fai poi a uscire da sola?». In coda davanti alla cassa, inserviente: «Fate passare la gravida».
Passanti «Cos'ha il suo cane? Sembra una lampada». «Abbiamo dovuto mettergli il collare di Elisabetta, al parco un altro cane gli ha morso l'orecchio e gliene ha staccato un pezzo, lui se lo gratta di continuo e la ferita si riapre, il collare serve a impedirgli di farsi del male». «Beh, sembra proprio una lampada. Se ha pazienza le dico anche il modello... credo si chiami Costanzina, di Luceplan».
Passanti/2 «Con quel pancione, le ci voleva solo il cane». «Pensi che ho anche due bambini a casa». «Non può farlo sopprimere? Il cane, intendo».
Passanti/3 (Signora anziana): «Dove lo fa uscire, il bambino?». «Come, scusi?». (Lei, scandendo bene le parole come se fossi sorda): «Intendo in. Che. Ospedale. Fa. Uscire. Il. Bambino!»
Passanti/4 «Cos'ha il suo cane?». «Abbiamo dovuto mettergli il collare di Elisabetta, al parco un altro cane gli ha morso l'orecchio...». «No, intendo dire: cos'ha il suo cane? Sembra pazzo. Gli avete fatto la permanente? L'avete rasato? Gli avete fatto i colpi di sole? Non capisco. Non ho mai visto un pelo così assurdo, è... mi scusi ma fa un po' schifo, la mattina dovreste almeno pettinarlo».
Countdown La Pupa, che non lascia nulla al caso, conta persino le mezz'ore che (secondo i suoi calcoli) ci separano dall'arrivo della Piccolissima. Il Pupo invece, caotico e disorientato come sempre, è già contento di aver attraversato indenne la sua festa di compleanno. La sua maggior preoccupazione era evidentemente che la sorellina gli cascasse tra capo e collo mentre soffiava sulle candeline. Mi pare che in questi giorni si stia tranquillizzando, dorme di più e ha quasi imparato a infilarsi nel letto della sorella senza svegliare né noi né lei (ho scritto «quasi» perché ogni tanto per farlo le cammina sul torace, al che nel cuore della notte parte il classico urlo della Pupa: «Demente! Lagna!»). A proposito, qualcuno mi ha detto che siccome sono alla settimana 37+1 dovrei già scrivere «trentottesima», vi risulta che sia vero? Possibile che al terzo figlio io abbia ancora questi dubbi?

lunedì 11 novembre 2013

Settimana 36

Tanti auguri, Pupino
Post destinato a essere brevissimo a causa di
a) una certa agitazione della Piccolissima che, al solito, mi illude di voler nascere ma poi non è vero
b) l'ingresso contemporaneo in casa dei miei genitori, mia cugina e in questo momento anche del Pupo, il quale oggi compie 5 anni.
Dubbi Stanotte il Pupo mi ha fatto venire un dubbio. Come di consueto a un'ora X (tipo 2.18) ha fatto La Chiamata. Mi sono alzata per far pipì e ho visto che Mike Delfino si era stoccafissizzato accanto a lui, seduto sul bordo del letto, a fargli coccole per riaddormentarlo. L'ho pregato di andarsene e lasciare che il Pupo ci provasse da solo, a riprendere sonno - non possiamo fare un passo avanti e due indietro ogni volta, ho detto - e il Pupo ha cominciato a caragnare. Allora mi sono chinata su di lui per dargli un bacio veloce e, allo stesso tempo, rassicurarlo. E lui che ha fatto? Mi ha tirato un cartone nell'occhio destro, uno schandfleck come dicono i tedeschi, dritto preciso e dolorosissimo. Per lo choc e il dolore mi sono messa a piangere e gli ho sibilato: «Mi hai sfinito. Non ti voglio più vedere né sentire fino a domattina. Stai zitto o cambia famiglia». E lui, sapete che ha fatto dopo settimane di preghiere, lagne, pianti e insistenze? Mi ha guardato con aria noncurante, si è voltato sul fianco e si è messo tranquillo a dormire. A un certo punto dev'essersi infilato da solo nel letto di sua sorella, perché è lì che l'abbiamo trovato stamani alle 7.20.
Se ci è o ci fa Posto che il pugno nell'occhio non era esattamente intenzionale - era più una mossa alla Ben Ten che rotea le braccia alla cieca contro i mostri, nel buio - a colpirmi è stata la sua reazione quando ha capito di averla fatta grossa. Come dire: mamma, ho capito che qui non c'è margine e che sei davvero arrabbiata, quindi ora ti lascio in pace.
Se ci è o ci fa/2 Tanti auguri allora amato Pupino frignone, e tanti auguri anche al tuo papà, quel sant'uomo che si appresta ad avere per casa il terzo bambino e l'altro giorno mi ha detto: «So che la Piccolissima ha tutto perché è terza di tre fratelli, ma mi piacerebbe chessò prenderle un regalino simbolico, una tutina o un body o entrambi, qualcosa di nuovo e di carino che sia solo per lei». Ora va detto che in questi anni Mike Delfino non ha mai capito la differenza tra tutina e body - anzi dovendo scegliere tende a invertirli - ma insomma siamo entrati assieme in un negozio, gli ho indicato l'area in cui cercare quel che aveva in mente per sua figlia, poi mi sono persa beatamente tra gli scaffali. Cinque minuti dopo lo vedo già soddisfatto alla cassa a pagare, andiamo andiamo andiamo che devo tornare al lavoro; solo poco più tardi, in auto, gli chiedo «Che hai preso?», e lui, sicuro: «Due tutine e un body».
(Io, sbirciando) «In effetti sono due body e una tutina».
«Sì, vabbè».
«Ma perché hai preso una tutina da 0 mesi, una da 3 mesi e... un body da 18 mesi?»
«In che senso, scusa? Credevo fossero taglia unica».



giovedì 7 novembre 2013

Settimana 35

L'unica via di comunicazione è il pianto
Mentre la Pupa piccolissima è ben piazzata con la sua testina in basso, quasi pronta al decollo, io lo sono un po' meno. Da una settimana ho smesso di lavorare (nella foto, festa di arrivederci in redazione, con ghirlanda luminosa sul pancione) e in teoria avrei più tempo per fare tutto, ma il grave handicap della mancanza di sonno mi stordisce.
Di giorno il Pupo, che lunedì compie 5 anni, è un tenero batuffolo; di notte un bambino di Satana che sfugge a ogni controllo. L'ansia per l'Arrivo della Sorellina, da lui verbalizzata in modo piuttosto diretto («Mamma, ho sognato che avevi nella pancia un bebé di nome George come Curious George, era molto arrabbiato con me») trova sfogo nelle paure di mostri acquattati nel buio in ogni angolo di casa.
Confronto, confronto, confronto Io e Mike Delfino ci scervelliamo tra noi e, all'esterno, condividiamo il problema urbi et orbi. Anche i trasportatori della DHL e la primaria di Ostetricia dell'Ospedale Sacco sono a conoscenza del problema: nostro figlio non dorme. Mike Delfino per la stanchezza degenera e lancia minacce destinate a restare inevase: «Lo chiudo in camera sua e butto la chiave, lo faccio dormire in giardino, chiamo la polizia», io tengo botta con dispendiose e inutili alternative tipo Fiori di Bach. Stanotte è andata un po' meglio del solito: preliminarmente col Pupo abbiamo costruito una trappola per E.T., il suo principale nemico, con un campanello, un nastro, delle «puntite» (puntine) una trombetta e una biglia «per farlo scivolare dalle scale». Poi abbiamo disseminato tutto il piano di sopra di abat-jour e lucine anti-mostri, sembrava un camposanto ma mi sono ben guardata dal dirglielo.
The Call La prima chiamata è arrivata alle due di notte, un po' in ritardo sulla consueta tabella. La Pupa dormiva fuori casa e io sono andata a parlamentare col Pupo. Dopo 44 minuti di trattative («No, non vieni nel lettone. Ce la puoi fare da solo. Ognuno dorme nel suo letto. No, non ti posso fare mille coccole. Sì, cento sì, ma mille no. Se dormi ti regalo una... no, facciamo cinque macchinine nuove») lui, sfinito quanto me, mi ha chiesto: «Ma non potresti dormire almeno in questa stanza, nel letto della sorellina?». «Ti basterebbe a tranquillizzarti?». «Sì, mi basterebbe. Mi basta non essere in camera da solo». «Ma perché allora quando c'è la sorellina fai tanti capricci?». «Perché a volte il mio cervello non funziona».
Domani è un altro giorno E così abbiamo ronfato sereni fino alle otto del mattino. Naturalmente non posso prevedere come si evolverà la situazione e comincio a preoccuparmi un po': cosa succede se entro in travaglio dopo una notte insonne? Come al solito, accetto volentieri consigli e un po' mi rammarico perché, in tutto ciò, la mia attenzione nei confronti della Pupa piccolissima è ai minimi storici. Ogni tanto mi ricordo di lei perché mi prende a calci, stanotte deve averlo fatto con forza inconsueta perché mi sono svegliata sognando che all'improvviso fosse diventata podalica. Nelle ore diurne, in compenso, i Pupi sono amabili: giocano tantissimo a «scuola», Pupa insegnante e Pupo + compagni immaginari allievi, e poi con la pista dei treni, scagliando con forza vagoni di legno contro improvvisi ostacoli. «C'è un gorgoglio di auto da questa parte», sento commentare la Pupa. Credo voglia dire «ingorgo», ma mi godo la quiete e mi guardo bene dal correggerla.



venerdì 25 ottobre 2013

settimana 32 e 33

Catechismo, che pasiùn (aka "cose di cui non abbiamo mai parlato")
Le sveglie notturne continuano; anche se durante il giorno il Pupo ha l'aria più serena («È già qualcosa», mi viene detto) con il buio tutta la critical mass dei suoi fantasmi cala sulla terra. Adesso gli piace molto tenermi stretta la mano nell'oscurità dolcemente violata dalle lucine che dovrebbero tranquillizzarlo, e tra le 2.38 e le 3.47 bisbigliarmi cose come «Mi sanguina il cuore a svegliarti, ma da solo non riesco proprio a dormire».
The last day Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro. Il direttore mi ha dedicato l'ultimo editoriale di Gioia. È stata molto affettuosa, mi ha commosso, se vi incuriosisce leggetelo e ditemi cosa ne pensate. Anche i colleghi mi riempiono di fiori, regali e affetto. Mi mancherà questo nostro carrozzone però sono anche molto stanca e spero che il Pupo, quando resterò a casa, si tranquillizzi un po' e riprenda a dormire, chessò, per più di tre ore di fila. La Pupa piccolissima è a quanto pare anche bassa-bassissima, la ginecologa una visita dopo l'altra distilla un po' di sano terrorismo psicologico: «È molto giù, guarda che la testa è già impegnata, guarda che rischi di farla per strada». Però siccome anche gli altri due Pupi erano messi così e sono nati tre giorni dopo il termine, io non mi preoccupo più di tanto e soprattutto mi rifiuto di indossare la pancera che lei caldeggia.
E forse quest'alba senza sole prevede comunque l'arrivo del giorno (cit). La Pupa sabato scorso ha cominciato il catechismo e gli scout (laici). Nulla da dire su questi ultimi, io li ho frequentati per vent'anni e mi sono sempre divertita come una pazza. Invece il catechismo ci ha sconvolto. Forse dovrei dire «mi ha sconvolto». Una delle insegnanti, essendo anche madre di un bambino che va a scuola con la Pupa, è pubblicamente nota per le sue posizioni, ehm, non esattamente progressiste (l'anno scorso disse a una mia amica, en passant: «Ma voi che avete in classe un bambinello rom, non avete paura che rubi la merenda ai vostri figli?».
In realtà son colpi al cuore che spalancano gli occhi Momento di outing: quand'ero veramente giovane ho avuto una storia d'amore con il sassofonista dei Quintorigo, che sto giusto ora ascoltando in cuffia. A più di dieci anni di distanza penso ancora che suonassero da Dio e che le loro canzoni avessero testi fantastici (vedi sopra) (se posso consigliarvi un album, è Rospo).
Yeah, let me sing you a song Al catechismo, sabato scorso, però non abbiamo parlato di musica. Dopo i cinque minuti di accoglienza iniziale hanno separato genitori e bambini. I bambini fuori, costretti a giocare a bandiera divisi in due squadre da 26 elementi ciascuna (!), si sono subito innervositi perché alcuni di loro non venivano mai chiamati. Noi adulti invece siamo stati disposti in cerchio in palestra. Eravamo in più di 70, c'era un'eco pazzesca e non si sentiva niente.
(Don G.): «Vi farò qualche domanda. Poi chi se la sente condivide, ma non è obbligatorio. Vorrei sapere come avete scelto il nome di vostro figlio».
(Papà X, poi rivelatosi il marito della Catechista anti-rom): «Cioè, noi nostro figlio l'abbiamo chiamato Nathan perché significa "Dio ha dato" e poi perché, cioè, io sono malato di Nathan Never, cioè, avete presente quello dei fumetti? Cioè, mia moglie lo sa benissimo».
Riti d'ingresso A un certo punto Don G. ci ha chiesto chi se la sentiva «di condividere il ricordo del sacro battesimo». Mentre tutti parlavano di elevazione verso Dio et similia a me sono venuti in mente i seguenti due episodi:
1. Battesimo Pupa: domenica di alluvione, gli invitati persi tra la cascina del prete e la chiesa fuori Milano pressoché irraggiungibile in tempi in cui nessuno possedeva il navigatore, casino, pioggia, fango, liti furibonde tra mogli e mariti, Pupa con 40 di febbre la sera stessa.
2. Battesimo Pupo: domenica di cielo sereno, Pupo come sotto Valium perché reduce dalla sesta malattia, prete gay che ci prova sfacciatamente con il mio fidanzato e nei ritagli di tempo rimprovera me perché non siamo sposati. Nessuno dei due ricordi è condivisibile pubblicamente, penso.
Finalmente, una domanda per me «Cosa vi aspettate per vostro figlio, e cosa invece proprio non vorreste, dal catechismo? Chi se la sente condivida», ha ribadito Don G. con un sorrisone. Ho alzato subito la mano: «Vorrei che fosse un percorso spirituale inclusivo e non esclusivo. Che tenesse conto della realtà che ci circonda, in cambiamento continuo, fluida, complessa. Che insegnasse ai nostri figli a non ripiegarsi sulle scelte di comodo. Che non si conformasse al perbenismo. Che insegnasse giustizia, verità, equità, solidarietà». «Per queste cose basta la festa della scuola» (!!!) mi ha contraddetto subito una mamma. «Io vorrei che li avvicinasse a Gesù, a Dio, alla Chiesa». Tante grazie, questo lo davo per scontato, altrimenti non si chiamerebbe catechismo. «Cioè, io invece spero che Nathan si diverta in oratorio come facevamo io e i miei amici da piccoli, cioè voglio dire, ne abbiamo fatte di cotte e di crude, Don G. se lo ricorda bene» (papà di Nathan). «Vorrei che i nostri figli diventassero veramente amici di Dio» (mamma Y). «Vorrei che imparassero il valore della preghiera e del sacrificio» (mamma Z). «Vorrei che andassero a Messa senza rompere le scatole» (voce non identificata).
Fiat voluntas sua Ecco, uscita da lì stavo quasi pensando di ritirare la Pupa ancora prima del secondo incontro. Poi lei a casa mi ha detto: «Mamma, è stato molto noioso, però diamogli un'altra occasione». Non so cosa fare e nemmeno cosa pensare: prima di sabato ero convinta che fosse giusto, pur non essendo io una cattolica praticante, dare alla Pupa gli strumenti e la conoscenza necessari a compiere le sue scelte con consapevolezza, quando sarà più grande. Adesso invece sono molto, molto perplessa. E voi?


venerdì 11 ottobre 2013

31esima settimana

«Sono un guarriere»
Il Pupo alza sempre l'asticella
Potrebbe sembrare che io abbia saltato una settimana, ma in realtà avevo inserito l'ultimo post poco prima dell'inizio della 30esima e scrivo invece questo alla fine della 31esima, perciò tecnicamente ci siamo. Il Pupo, quasi 5 anni, alza sempre l'asticella: due sere fa ha reso una dichiarazione spontanea che recitava testualmente, «Ho paura che quando nasce la sorellina poi voi non mi guardate più». Grandi applausi alla sua capacità di elaborazione, ah che bel lavoro stiamo facendo come genitori, seguono rassicurazioni varie, ah com'è bello che i nostri figli parlino apertamente dei loro problemi.
L'ora del demonio Il punto è che, purtroppo, le nostre notti si fanno progressivamente più difficili. Eravamo abituati a un bambino che - praticamente dalla nascita - dormiva da solo senza difficoltà, e quando lo racconto tutti a dire ringrazia Dio che fin qui è andata così bene, il che per qualche motivo risulta solo di parziale consolazione: adesso si sveglia anche tre, quattro volte di fila, con disperazione di Mike Delfino e soprattutto mia, poiché per un mix tra panzone e nervosismo fatico a riaddormentarmi, al punto di metterci anche un'ora ogni volta. Aggiungi che il bambino si sveglia preferibilmente a orari maledetti, tipo le 2.30 (ora in cui avvengono le invasioni aliene del nuovo sci-fi Oscure presenze) o, ancor peggio, le 3.07 (ora in cui si manifesta il demonio nel terribile L'evocazione, chi l'ha visto sa di cosa parlo), quindi se mi cade l'occhio sull'orologio oltre che essere nervosa mi spavento pure, e nel buio comincio a sussurrare a Mike Delfino frasi rassicuranti come «È la fine del mondo» oppure «È l'inizio di un film horror e noi non ce ne rendiamo conto, adesso arriverà qualcuno a rapirci i bambini e a portarmi via la nascitura dalla pancia».
Strategie di sopravvivenza A proposito di film horror, sono convinta di avere un cimitero indiano di 40 centimetri quadrati sepolto proprio davanti alla mia cucina a gas. L'altra sera mi sono scottata la coscia sinistra col brodo del risotto: l'ustione peggiore della mia vita, comprensiva di vesciche. Per fortuna (vi giro questo consiglio nel caso non lo sapeste) mi sono ricordata che in questi casi bisogna immergersi subito in acqua fredda, e così, tipo vacca nel Gange anche per via delle dimensioni, ho messo le chiappe a mollo nella vasca gelata per 15 minuti, evitando forse cicatrici permanenti - ma non uno choc termico. La mattina successiva invece, per una serie inspiegabile di congiunture sfavorevoli, ho fatto da arco voltaico - avevo i piedi nudi, le mani bagnate, eccetera - e ho preso la scossa più forte della mia vita mentre tentavo di accendere il gas.
Sulla sponda del fiume mi sono seduta, eccetera Subito dopo la scossa, ho pianto. Tra l'altro Mike Delfino era fuori col cane, proprio come la sera prima (quando mi sono scottata). Il Pupo per consolarmi è corso a prendere i suoi vecchi ciucci da un cassettino dei ricordi; la Pupa, più pragmatica, ha attivato una app dell'iPhone che si chiama MyBaby'sBeat e in tempo zero ha verificato, con le cuffie nelle orecchie, che il cuore di sua sorella battesse ancora. Visto che sì, ho chiamato al volo una mia amica medico che, ancora più pragmatica della Pupa, mi ha rassicurato: «Se non sei morta all'istante per un'aritmia, direi che tu e la Piccolissima state bene».
In tutto ciò, il Pupo Anche se ho finto di parlare d'altro, il nostro vero problema ora sono le notti insonni. Con l'avvicinarsi dell'evento-Piccolissima cresce la preoccupazione: cosa succederà quando dovrò allattarla? Aver capito che è il pancione a disturbarlo non aiuta a risolvere il problema, quel che conta davvero è che ora abbiamo circa 59 giorni per rimettere il Pupo in carreggiata, essendoci peraltro già giocati molte delle strategie consigliate: il bambino dorme con il suo pupazzo di riferimento (chiamato "il Ma"), a cui si è ora aggiunto un vice-pupazzino che ha superato l'apposito training scacciamostri; in camera c'è la lucina azzurra "contro le paure notturne", nel disimpegno c'è una vice-lucina gialla a far da sostegno, prima di addormentarlo gli leggiamo le sue storie preferite e gli facciamo tutte le coccole rasserenanti. L'altra notte Mike Delfino esasperato vaneggiava: «Ora basta, ci sta prendendo in giro, non può venire ogni dieci minuti a dire hopauramiscappalapipìhosetehofamevogliolamamma, se lo fa ancora io, che ho già perso la mia salute mentale, giuro che lo chiudo in camera a chiave, oppure lo metto in giardino come un nano, e ne riparliamo domattina». La privazione del sonno, si sa, fa scherzi strani, resto in trepida attesa di preziosi consigli (che possibilmente non siano «Aspetta qualche anno e vedrai che passa»), perché, come disse Forrest Gump dopo aver attraversato gli Stati Uniti di corsa, arrivata a questo punto «Sono un po' stanchina».

venerdì 27 settembre 2013

30esima settimana

Il vicino di banchetto è albanese
Oggi a pranzo una lettrice di questo blog mi ha minacciato: «Guai a te se metti online quel che ti sto raccontando», perciò non lo faccio. Però una cosa posso dirla, mi anche ha sgridato perché scrivo troppo di rado. Dunque, sappiate che il 25 di ottobre o giù di lì vado in maternità e spero di poter essere più assidua. L'altra sera, intanto, ho riso perché dopo anni 4 (quattro) d'assenza è rientrata in casa la culla in giunco che ciclicamente una mia collega carissima mi presta per ospitare i corpi dei miei figli quando sono microscopici. Quasi all'istante il Pupo è uscito di testa e ha cominciato a compiere gesti inconsulti persino per uno scollegato come lui, tipo andare a sbattere negli stipiti delle porte come farebbe una mosca impazzita contro i vetri. Dopo qualche minuto di esitazione abbiamo capito che era scioccato per quel primo segno tangibile dell'arrivo di una creatura più minuscola di lui.
È tutto vero Invece l'altroieri, durante il nostro giorno settimanale di solidarietà (=cassa integrazione a rotazione), ho potuto portare il Pupo alla sua prima lezione di judo. Davanti al portone del palazzo che ospita la scuola ci saranno state 30 persone, tra bambini e mamme, queste ultime essendo un nugolo di pseudofighe alquanto insolito per la zona (periferia nord di Milano). Al che ho pensato, forse il judo attira le ex-ragazze bene, depilate e stivalate e taccate manco stessero accompagnando i figli alla cresima. Subito dopo ho pensato, ma perché siamo qua fuori in trenta ad aspettare su quaranta centimetri quadrati di marciapiede? E quasi all'istante, una in italiano raffinato dice: «Oh cos'è, ma non risponde nessuno al citofono?»
(Madre 2, la più vicina alla porta) «Non so cosa dirvi, io ho schiacciato, ma qui dove c'è scritto "Segreteria Judo" non risponde nessuno».
(Io): «Scusa se mi intrometto, hai provato a schiacciare quello sotto, dove c'è scritto "Saletta palestra"?»
(Madre 2): «Eh, non ti credere che non ci ho pensato, ma è inutile che suono. Tanto sono due cognomi: "Saletta" e "Palestra"».
Le cose stanno sfuggendomi di mano Io non lo so se è perché sono miei, e sappiamo che ogni scarrafone eccetera, ma i Pupi mi fanno molto ridere, e un po' mi inquietano.
Primissima frase pronunciata dalla Pupa stamani alle 7.31, appena sveglia, non «Ciao», non «Buongiorno», non «Ho sonno», ma, con voce cristallina: «Mamma, mio fratello mi ha detto che una volta una signora ha avuto una bambina, e che questa bambina appena nata ha avuto anche lei un figlio, quando aveva zero anni. È vero?»
(Pupo, intercettando al volo la conversazione): «È vero. Quella bambina aveva già gli ovetti, sia nell'ovaio destro che nell'ovaio sinistro». 
(Io): «Bambini, da dove vi vengono queste informazioni?»
(Pupo, quasi 5 anni): «L'ho letto sul giornale».
(Pupa): «Non ci credo, dì la verità. L'avrai visto nel dvd Il meraviglioso viaggio della vita».
il Pupo è quello coi calzoni neri.
Fuga di cervelli (qui si ripropone un antico tema) Il judo, comunque, al Pupo è piaciuto molto. Al di là del telone che separa la palestra dagli spogliatoi l'ho sentito non so quante volte pronunciare la frase: «Maestra, avversario atterrato». Io invece non potevo far altro che ciucciarmi, in area spogliatoi, le conversazioni brillanti tra genitori.
(Tipa stivalata): «Allora come sono andati i primi giorni di scuola di tuo figlio?»
(Tipo tamarro): «Abbastanza bene ma ora chiedo che gli cambiano la classe». (cosa facilissima peraltro, ndr)
(Lei): «E perché?»
(Lui, abbassando la voce): «Perché il suo vicino di banchetto... eeeeh... è albanese».
Ora io con la panza che avanza sto diventando un po' come i malati terminali o le persone molto anziane: dico esattamente quel che penso e nell'istante esatto in cui lo penso. Allora, ho paura che prima o poi finirò col prenderle da qualcuno, e vorrei chiedervi un consiglio su come evitarlo. È abbastanza urgente, perché peggioro di giorno in giorno. Grazie.

giovedì 12 settembre 2013

Primo giorno

I matti, senza la patente per camminare
Se c'è una cosa che vorrei fare nella vita è intervistare Francesco De Gregori. L'ho incontrato a Roma di recente e mi ha colpito: era molto alto e con le spalle molto dritte, ben più di quanto mi aspettassi (entrambe le cose).
Quesiti esistenziali Qui sul blog come avrete capito fatico a venirci, ho il tempo orribilmente rosicchiato, fatemi un po' il tifo che ne ho tanto bisogno. Il Pupo è tornato a scuola e con nostra somma gioia la Maestra Cattiva di cui ho già parlato in passato è emigrata verso altri lidi, io nel frattempo mi sento scema per averci messo tanto (=mesi) a capire che lui, con lei, proprio non stava bene; mi ci è voluto che cominciasse a mordere e picchiare sua sorella, che avesse incubi notturni ricorrenti, che si facesse la pipì addosso anche di giorno, come un bimbo di due anni quando invece ne aveva quattro e mezzo. Domanda: come si contrasta il senso di colpa? Voi ci riuscite? Vi viene naturale o è una competenza che avete sviluppato negli anni?
Il favoloso mondo della Pupa La Pupa invece adora la scuola e la scuola adora lei. Salvo rari capricci, abita come Amélie un pianeta incantato e benevolo. Ieri, per dire, sul passante ferroviario (una specie di treno urbano che c'è a Milano) ha descritto a un cieco tutto quel che vedeva. E a chiudere gli occhi, nelle sue parole riuscivi a sentirci i colori. Prendetevi un minuto e 20 secondi per riguardarvi la scena. È totalmente priva di malizie, ieri molto matter-of-factly ha spiegato a suo fratello che tentava per dispetto di strapparle le mutande: «Se teniamo il popis» (=l'organo genitale femminile, ndr) «così nascosto e protetto, sarà perché è importante, non credi?».
Quando si correva per rabbia o per amore (cit. De Gregori & mamma Pellona). Se davvero c'è una correlazione tra la vita endouterina e quella fuori dal grembo materno, la Piccolissima è destinata a esser vispa. Per esempio, quando ritiene che stia dormendo troppo profondamente mi sveglia a calci. Ma poiché di recente ho visto un agghiacciante horror in cui alle 3.07 di ogni notte succedevano le cose più turpi, se mi sveglio in mezzo al buio non ho neanche il coraggio di guardare che ore sono (e se fossero proprio le 3.07?) perciò non saprei dirvi quanto dormo e quanto sto sveglia. Da insonne, come tutti, mi faccio mille domande. Chi mi presterà la carrozzina? Quella volta, dalla pedicure cinese, avrò preso l'epatite C? È possibile, per una madre in cova, influenzare con la forza del pensiero il carattere del bambino? Sull'argomento, qui in redazione è sorto un dibattito a cui vi invito a partecipare. Se aveste la bacchetta magica e poteste scegliere, preferireste una figlia geniale ma "solo" mediamente carina, oppure vorreste che il Cielo le desse in dono intelligenza nella norma e sfacciata bellezza?

venerdì 30 agosto 2013

Back to school?

Ancora una volta, ho fallito
Piccoli stagisti operosi.
Mi sono appena ricordata che, quando lavoravo a Mtv, gli stagisti venivano chiamati "intern" - non che questo cambiasse qualcosa rispetto alle paghe da fame e agli orari lunghissimi. I Pupi, 4 e 8 anni, quest'estate li ho messi a lavorare nelle cave di marmo di Carrara. Compenso molto basso ma almeno rientriamo dei costi vivi di mantenimento; in più, purché non superasse una certa dimensione, potevano portarsi a casa la sera un pezzettino di marmo ciascuno, da utilizzare per giocare a "campana" o al "mondo" (il marmo sbriciolato funziona anche come gessetto, cfr. il naso della Pupa in foto).
La sindrome settembrina è parente stretta dell'umor nero È ciò che scrive la mia arguta collega Ilaria Solari su Gioia, il giornale per cui lavoro. Il pezzo in realtà lo leggerete la prossima settimana, ma posso darvi qualche spunto in anteprima: «Il mio lunedì è il tunnel lungo 340 giorni, al netto delle ferie, tutto in salita, che si prepara a inghiottirmi al ritorno delle vacanze». In effetti manca pochissimo alla riapertura delle scuole e al «castello di carte degli impegni sportivi, sociali, con lo strascico di passaggi, lavaggi, levatacce mattutine e corse a perdifiato».
Addio alle vacanze, dunque E, a quanto pare, ai loro privilegi: «Niente più kimono da tirare a lucido, borsoni fetenti, accappatoi fradici. E soprattutto: niente più calcio nel weekend». Mentre leggevo queste righe sono stata colta da un misto di inadeguatezza e sincero stupore. Perché, mi sono chiesta - e vi chiedo - certe cose, a me, non vengono nemmeno in mente? Non sarei mai riuscita a scrivere un articolo come quello della mia amica. Cioè: come tutte le mamme (e un discreto numero di papà) i bambini io li accompagno in piscina e dal pediatra, li iscrivo a danza, giocodanza, giocoleria e pianoforte, organizzo gli incastri su chi li porta e chi li va a prendere, ma...
I primi successi
Faccio quello che a voi non viene concesso (cit.) «Ogni cosa che accade mi piace», cantava Morgan. Parlandone con una collega, ho capito che tendo ad attraversare la vita con inconsapevolezza. «È perché non ti fai stressare, tu», mi ha detto lei (non ho capito se era un complimento). Tipo, quelle che la mia amica chiama «estenuanti transazioni in libreria» e descrive come un inferno, per me sono piacevoli passeggiate tra scaffali pieni di romanzi. Non temo nemmeno «dell'arsenale di cancelleria, da consegnare il primo giorno sull'unghia». Anzi, mi sono appena resa conto di aver fallito nuovamente il classico Appuntamento di Ogni Estate: prenotare entro fine luglio i libri scolastici (in questo caso, della Pupa). Ma voi ve lo ricordate sempre? Se sì, che trucchi usate?
Non mi piace la musica drammatica, preferisco il vento
So già che la cartolaia mi sgriderà, proprio come l'anno scorso:
«Signooora, ma cooome ha fatto a dimenticarsi».
«Non lo so proprio. Mi scusi».
«Adeeesso è un problema, come facciamo?».
(Io, annuendo lievemente come quei peluche che alcuni anni fa si piazzavano sulle cappelliere delle auto): «Eh».
(Lei, scuotendo la testa con vigore) «Eeeh, cooosa? Signooora, se tutti facessero come lei qui andremmo a rotoli».
«Non so cosa dirle se non che mi dispiace moltissimo».
«Guardi, siccome per caso avevo l'elenco con il numero degli alunni di ogni classe, li avevo già presi del numero giusto. Tenga, ecco i suoi. Mi raccomando, l'anno prossimo si ricordi».
Effettuato lo scontro si riparano i danni Nel frattempo, domani Mike Delfino andrà al mare a recuperare i gattini, cioè i Pupi. Nell'arco dell'intera estate, il Pupo è riuscito a prendere solo un pesce lungo circa un centimetro e mezzo, grazie al mio aiuto, col retino: lo vedete nella foto sopra. Il suo intento era liberarlo dopo averlo mostrato agli amici della spiaggia. Sono andata a prendere un caffè e al ritorno l'ho trovato esanime sul fondo del secchiello. «Pupo, ma com'è possibile? Un attimo fa stava benissimo».
«Prima l'ho preso per mostlarlo a un bambino, e forse l'ho abbracciato un po' troppo forte».
Tranquilli passatempi
Giochi senza frontiere Micro-bilancio dell'estate fin qui: i Pupi, in vacanza assieme, hanno litigato tutti i giorni, più volte al giorno. Gli unici momenti di quiet durante il sonno (anzi, il Pupo che è diventato molto pauroso tendeva a dormire sopra sua sorella, abbracciandola come quel disgraziato di un pesce). Il Pupo ha sviluppato se possibile un carattere ancora più deciso che in passato, e se gli girano i cinque minuti dice frasi minacciose, tipo: «Mamma, te la pagherò».
«Cosa vuol dire "te la pagherò"? Intendi "Me la pagherai?"»
«No, è come dico io. Te la pagherò con tutti i miei soldi. Così impari». Gli unici verso cui mostra grande rispetto (sconfinante in timore reverenziale) sono i maschi over 10, tipo il figlio di un mio amico che si chiama Lucas Pavel, dal Pupo ribattezzato "Luca Spaven". Peccato che dopo cinque minuti questi bambini più grandi, come è fisiologico, lo mandino a stendere.

giovedì 15 agosto 2013

Frrancia, Frrancia, Frrancia (ancora sullo scambio casa)

Là, dove vive la Gente Segreta
In quest'ultimo tratto di pigra estate, una manciata di giorni prima di tornare al lavoro, combatto a fronti alterni con il sonno e l'insonnia. Reduce da una vacanza nella Loira traggo una provvisoria conclusione: forse non sarei in grado, come sogno da tempo, di abitare in una casetta indipendente con un giardino tutto mio. Perché ogni volta che laggiù, circondata dai boschi, mi svegliavo di notte, con diabolica precisione tra le 2 e le 2.30, per far pipì – si sa che le donne incinte, eccetera – cominciavo a immaginarmi mostri e ladri acquattati in un angolo buio, pronti ad attaccarci.

Queste sono balle.
Cadute di stile Ciò detto: il nostro quinto scambio casa è andato molto bene. I loiresi sono persone a modo, civili, affabili. In cambio della nostra casa-cantiere milanese (ancora non ho finito di capire cosa ci vengano a fare, i turisti stranieri, d'estate nella mia città) ci hanno offerto una graziosa villotta nascosta nel verde. A parte i mobili di casa, con tutta evidenza scelti grazie al metodo Braille, e i regali di benvenuto - una discutibile bottiglia di bianco frizzantino che in Italia avremmo definito pumante e un fiasco di rosso prodotto attorno al 1812 - per il resto esperienza indimenticabile. 
Ragionevoli dubbi Quando sei in vacanza e passi tante ore con i tuoi figli hai occasione di accorgerti che stanno diventando grandi: le loro domande cambiano, si fanno più complesse e articolate, le riflessioni profonde, sempre più sofisticate. Tipo:
(Ovunque) «Perché i francesi, che hanno inventato il bidet, poi a casa non ce l'hanno?». 
(Durante una gita in campagna, immersi nella quiete e nel silenzio) «Dove vive la Gente Segreta?». 
(Durante una gita in campagna/2) «Mi sa che siamo finiti in un dicolo cieco, non credi?».
(Al museo di Storia Naturale) «Mai visto tanti animali impanati tutti assieme, e tu?».
(In vari luoghi) «Posso fale un lutto e una puzzetta contempolaneamente?».
Nuove passioni Come è, come non è, la Loira è piena di castelli. I castelli sono pieni di fossati, i fossati sono pieni di carpe. Il Pupo, 4 anni e mezzo, le ha osservate a lungo prima di annunciare ufficialmente che avrebbe voluto imparare a pescare. Durante la vacanza ha guardato una ventina di coinvolgenti tutorial intitolati «Trota a lago», «La pesca con la granata finisce male», «Catture sul Tevere», «L'esca giusta per il salmerino», «Vertical jigging, spinning e traina». 
Bilanci Danni procurati da noi ai francesi: 1. rotte due (su quattro) fibbiette di plastica per sigillare il coperchio della Jacuzzi in giardino. D'altro canto oggi come oggi possedere una Jacuzzi è da sboroni, e qualcuno provi a contraddirmi in questa sede se ha il coraggio. 2. Bevuta (e non rimpiazzata) molta Perrier, con gran godimento di papille mie e della Pupa (i maschi di casa non apprezzano l'acqua frizzante).
Danni procurati dai francesi a noi: 1. schiantato uno stendibiancheria, a proposito del quale ci hannno lasciato un enigmatico biglietto con scritto «It's very sick». 2. Stranamente esaurita una luce al neon sotto i pensili della cucina 3. Dispersa la vaschetta riponi-formaggio che stava dentro al frigorifero. 4. Trovate tracce di origine organica non meglio definita sulle mie lenzuola di lusso (quelle in raso color porpora che mi regalò 15 anni fa il mio coinquilino). In compenso ci hanno lasciato in omaggio una frusta elettrica nuova di pacca, che effettivamente in casa mancava. 
Il mistero delle cose E la pesca? Vi chiederete forse, se avete letto attentamente fin qua. Ebbene, tornati a Milano e prima di scendere in Liguria ci siamo procurati il necessaire: uno starter kit con canna+amo a 5,90 euro, più un retino telescopico con secchiello a due vani separati tipo "explore", antiestetiche ciabatte di gomma antiscivolo. Il Pupo, in assenza di suo padre che sta facendo un trasloco di lavoro, mi costringe ad acrobazie di svariate ore sugli scogli. «Guarda quella, è incinta. È pazza», è il commento più frequente (e più gentile) che mi sento rivolgere. Del resto mia madre e mio padre si rifiutano di supportarmi in alcun modo. Il massimo del sostegno per loro è pronunciare le frasi: «Digli di scendere», «Digli che si fa male», «Digli che andiamo a casa». Di pesci non ne abbiamo visto mezzo, finora, ma il Pupo ha imparato a pescare i granchi con le mani (inutile perciò anche il retino), a staccare le patelle dagli scogli prendendole a sassate, a fissare minaccioso i pomodori marini sperando che, preda del terrore, gli si consegnino spontaneamente.
E ora, la madre di tutte le domande Mentre il Pupo si allena a pronunciare la "erre", piazzandosi davanti allo specchio e scandendo «Frrancia, Frrancia, Frrancia», io ripenso alle mie estati infantili. La mia madeleine: ore interminabili passate a costruire castelli di sabbia, a scavare buche e tunnel, a giocare con le biglie di plastica. I miei figli disdegnano questo tipo di attività: piuttosto giocano - però senza palette né rastrelli - con i sassolini in riva al mare, e poi fanno il bagno, si tirano la sabbia, si tirano la sabbia, si tirano la sabbia. Del resto, nel capanno del Lido che frequentiamo giacciono intoccati, dimenticati, sacchi pieni di giochi per bambini. Possibile che siano passati di moda? Gli under 10 che conoscete ne fanno uso? Ho pensato che magari dipende anche dalla latitudine. Noi per dire al mare andiamo a Marinella di Carrara, diciamo per capirci all'inizio della Versilia, quella povera però.

giovedì 25 luglio 2013

Genitori da weekend

Rivive l'anima mia assetata
Laccio, il cane straccio.
Non ha fatto in tempo a cominciare che già sta per finire, quella parte dell'estate che in genere scorre al ralenti beatamente sospesa in terra di nessuno, in cui i bambini sono al mare con i nonni (e una tata di cui non riesco a imparare il nome perché cambia ogni anno), e noialtri due in città. In genere approfittando per recuperare, almeno in parte, gli arretrati: amici da incontrare, film da vedere, pareti da imbiancare, e molte (moltissime) lampadine da cambiare.
Ma quest'anno Siamo per qualche motivo sopraffatti. Mi ha fatto notare qualcuno  (quel genere di "qualcuno" che ha sempre una risposta per tutto): ti ci mancava solo il cane. Non saprei se attribuire a lui la responsabilità della nostra débâcle. Sono scettica. Certo è che dimentico le scadenze, fatico a compiere operazioni semplici tipo fare la spesa, confondo i volti delle persone - e chiedo scusa alle due ragazze che (la scorsa settimana al concerto di Thom Yorke, ieri mattina alla fermata della 70) mi hanno salutato calorosamente e non ho riconosciuto.
A nostra parziale discolpa Mike Delfino, va detto, è rimasto per quasi una settimana ostaggio del suo socio in affari olandese che per giunta quando viene in Italia mangia e dorme da noi, una specie di Chuck Norris, avete presente? Tra le sue frasi ricorrenti: «Mia figlia, 6 anni, parla quattro lingue». «Prima di avere un infarto correvo circa 22 km al giorno e facevo 80 vasche in piscina, adesso momentaneamente ho dovuto dimezzare». «Avrei potuto ma proprio non ho voluto, con la mia attività, diventare una multinazionale perché sono troppo onesto per certi giochetti». «C'è stato un periodo, prima che io scegliessi definitivamente la mia compagna di vita, in cui le ragazze mi si buttavano letteralmente addosso, faticavo a tenerle a distanza, ero costretto a inventarmi palle sgradevolissime, tipo che di lavoro facevo il masturbatore di gorilla».
La speranza è la nostra compagna Capisci che Mike Delfino è molto stanco, oppure in difficoltà - o entrambe le cose assieme - quando comincia a perdere oggetti. Lo fa solo con oggetti preziosi o utilissimi. Nelle ultime due settimane, complice la presenza di Chuck Norris, ha smarrito le chiavi di casa, le chiavi del lavoro, poi l'intero portafoglio. Quando ritrova un oggetto, immediatamente perde il successivo. Dopo aver rinvenuto il portafoglio che si era abilmente nascosto sotto una scatola vuota di lampadine, ha tirato fuori la patente ("per metterla al sicuro") e il giorno dopo l'ha persa da sola.
Non bisogna arrabbiarsi, però Quando Mike Delfino perde un oggetto tipo la patente, anche se sei giorni dopo devi partire per la Loira con uno scambio casa e non è pensabile che tu, incinta di 21 settimane, guidi da sola per tutto il viaggio, la strategia giusta non è arrabbiarsi ma riderci sopra. Se ti arrabbi Mike Delfino va in loop e comincia a ripetere «Non ti scaldare, non ti scaldare». Essendo monotasking non riesce a più a concentrarsi sul ritrovamento dell'oggetto.
Su spinosi ricci di castagne Dei Pupi, nel frattempo, si sente più che mai la mancanza. Quest'anno in particolare sono molto seccati e la domenica sera, quando li lasciamo al mare, manifestano a gran voce disappunto. Pupa: «Non è giusto che nostra sorella torni a Milano con te mentre noi dobbiamo stare qui». Pupo, piagnucolando e parlando di noi al passato: «Io ci tenevo tanto, di voi». 
Cartoline dalle vacanze E ora, le domande. Riconoscete le citazioni musicali che infilo qua e là, soprattutto nei titoletti dei post? Siete già in vacanza? Dove andate quest'estate? Domani pomeriggio tornano finalmente i Pupi e poi, sabato mattina (spero presto) partiamo per la Francia. Qui si suda da pazzi. Da voi quanti gradi ci sono? Se qualcuno è a Livigno o simili non si vergogni e lo scriva, non ci arrabbieremo ma penseremo felici che qualcuno è messo meglio di noi. Tipo la piccolissima bambina Stella che mentre scrivo queste righe mi dà qualche calcetto. Lei sì che non soffre il caldo.




mercoledì 10 luglio 2013

Abbiamo i maschi che ci meritiamo

Allevatrici di "poverini"
Al mare i Pupi catturano gamberetti col retino e poi, seppur recalcitranti, sono costretti dalla nonna a rimetterli in libertà. Quando chiedo di loro mi viene risposto che non è possibile parlarci, «perché sono troppo impegnati a pescare». Allora in città mi godo le grandinate improvvise, gli orari rilassati figli dell'assenza dei figli; ho tempo (pure troppo) per riflettere su Quella Piccola che nascerà, più in generale penso più a lungo del solito alle cose, e alle persone. Nello specifico, mi capita purtroppo di continuo di sentire le donne - le madri e le mogli, soprattutto - dire immonde cacat notevoli sciocchezze riguardanti il genere maschile. Tipo: «Eh cosa vuoi poverino, il mio Jacopo ai fornelli per quanto si sforzi proprio non ci sa fare; allora cosa vuoi che ti dica, quando viaggio per lavoro preferisco lasciargli pronto in frigo qualcosa di buono che ho cucinato io, così sono sicura che almeno mentre non ci sono mangia sano, poverino (bis)». Devo dirvi che il povero Jacopo ha 25 anni, mica 15.
Un'altra  giusto ieri mi fa, «Ho Gregorio completamente fuori controllo, non sa cosa fare della sua vita, vegeta in camera sua tutto il tempo e dice che non è sicuro di voler finire l'università, non si rifà nemmeno il letto, ha invertito i ritmi sonno-veglia e va avanti a pirlare su Facebook fino alle quattro del mattino. Poverino non sta niente bene, non ha neanche 30 anni e soffre tanto, sai io quando lo guardo lo capisco, lo vedo come soffre».
Colpisce in questi due esempi soprattutto il ricorrere dell'aggettivo "poverino" Evidente insopprimibile retaggio di certa cultura, che riesce a essere femminile e maschilista assieme, il che mi porta a un'ulteriore breve riflessione e a una domanda per voi: diremmo mai "poverina" di una ragazza molto più che ventenne che si trovasse nelle stesse identiche condizioni dei Gregori e degli Jacopi qui sopra citati?
Mi spiega la mia collega mamma scafatissima di figli maschi ormai preadolescenti: «Più che sfinirlo di discorsetti, o costringere il Pupo» (che peraltro ha 4 anni, ndr) «a imparare a stirare, ti consiglio di convincerlo con l'esempio, con il modo in cui vivi, come individuo e nella coppia».
L'obbiettivo finale non è dunque che tutti i maschi adulti del mondo padroneggino alla perfezione la Vaporella. Ma che sappiano ascoltare il punto di vista femminile su qualsivoglia argomento (come le femmine quello maschile), questo sì. E poi, pazienza se non sanno occuparsi del lievito madre e fare il pane con le proprie manine; ma quando la mamma (o la compagna) è via, è perfetto se vanno a comprarsi e poi trangugiano una batteria di Quattro salti in padella, non moriranno per questo.
Eppure, ancora spopolano i blog che inneggiano alla sottomissione della donna (conseguenza diretta del «Maschio e femmina Dio li creò»). Eppure, ancora sui giornali femminili qualcuno viene pagato per scrivere che il più grande aiuto cui una donna possa ambire è una brava baby sitter (e non il suo compagno, per esempio). Eppure, ancora la mia amica insidiata dall'ex coniuge in odor di stalking recalcitra all'idea di andar dall'avvocato, a denunciarlo: «Non pensi che possa farcela a cambiare; non pensi che possa capirlo da solo, che dovrebbe lasciarmi in pace?». E in questo caso non serve che il "poverino" sia pronunciato ad alta voce; se ne resta lì, a mezza via, sospeso nella breve distanza tra gli occhioni sgranati della mia amica e la mia espressione incredula. No, non penso, sarebbe la mia risposta. E comunque, nel dubbio, meglio agire.  Domanda a bruciapelo: vi sentite anche voi, almeno ogni tanto, allevatrici di "poverini"? (Se maschi: siete stati cresciuti come prìncipi indomiti o come Gregorio, o come Jacopo?)

giovedì 27 giugno 2013

Quel che si dice: distogliere l'attenzione

Verranno a chiederti del nostro amore

Una fortuna sfacciata Mentre riascolto compulsivamente vecchie canzoni dei Supertramp fuori il cielo è nero (niente a che vedere con la suggestiva tormenta della foto qui sopra) e io riesco con agio a mantenere una relativa distanza dalle cose essendo tornata da poche ore da una settimana al mare in Turchia, che per giunta la Pupa, 8 anni, ha vinto partecipando a un concorso su internet (ebbene sì. A volte succede davvero).
Ubi tu Gaius, ego Gaia Questa invece era la formula matrimoniale nell'antica Roma. Significa letteralmente: «Dove tu, Gaio» (Gaio, o Caio è nome latino) «sei, lì io, Gaia (Caia), sarò». Ma in italiano suona meglio così:«Dovunque tu sia, lì io sarò». Al liceo mi ero innamorata di queste parole al punto che speravo di sposarmi per poterle, un giorno, usare con qualcuno. Perché mi sia tornata in mente proprio ora lo ignoro, ma l'effetto complessivo è che alcuni commenti idioti - vedi post precedente - mi scivolano addosso, mentre già penso alle prossime vacanze: castelli della Loira con lo scambio casa, a fine luglio.
Treccette e tattoo 

A questo punto devo raccontare che in Turchia i Pupi non si sono comportati male quanto avrebbero potuto. Due animatrici si sono occupate di loro con dedizione, la Pupa poi si è fatta fare tipo 50 treccine («treccette» dice suo fratello), il Pupo un tatuaggio all'hennè a forma di scorpione. Hanno mangiato tutti i giorni patatine fritte, pasta in bianco e carote tagliate a julienne.
Si sono scottati nonostante la protezione 50, si sono fatti dipingere ovunque, sono diventati fanatici dei balli di gruppo, hanno tentato di stringere amicizia con i coetanei russi apostrofandoli invano con improbabili «Ehi, bimbo». La Pupa ha perfezionato il tuffo con salto mortale in avanti (da ferma) e ora si è messa in mente che a otto anni bisogna saperlo fare anche all'indietro, il Pupo nel suo piccolo ha imparato a nuotare senza braccioli e a prendere in mano grossi scarafaggi morti mostrandoli con aria innocente agli ignari passanti: «Non ti inculiosisce questo animale?»
Luce (tramonti a est) L'anno scorso in primavera ho messo un annuncio su un sito: avevo deciso di regalare il lettino azzurro con le sbarre in cui avevano dormito entrambi i Pupi. Speravo di ottenere il famoso effetto «Sigaretta alla fermata dell'autobus», quello per cui quando il bus non passa da una vita tu ti accendi una paglia e zac! all'istante da dietro l'angolo sbuca la maledetta 43. Non so se l'esempio è chiaro ma insomma pensavo: se regalo il lettino, come per farmi dispetto arriverà finalmente un bambino (che cercavo ormai da un anno). Come avrete capito non ha funzionato. Nel frattempo sono entrata e uscita da tunnel di sconforto, ho provato l'omeopatia e l'agopuntura, me la sono presa con il mondo e con me stessa, ho detto a voce troppo alta cose che in questa sede non ripeterò.
Quando in anticipo sul tuo stupore Allora a marzo di quest'anno mi sono detta: vaff, vorrà dire che prendo un cane. Avrò un cane e due figli. Che dirvi? Il tempo di portarlo al parco tre mattine di fila e di svuotarmi un po' la mente da certi pensieri ossessivi. Ora porto in grembo una piccola piccolissima di 16 settimane. Quand'ero incinta di pochi giorni e nemmeno lo sapevo la Pupa mi ha posato la testa sulla pancia e ha detto con tono solenne: «Fratellino, io non ti conosco ancora, ma so che sarai bellissimo». Il Pupo che per caso passava di lì mi ha posato un bacio lieve proprio sotto l'ombelico.
E tanto l'abbiamo desiderata che la piccola piccolissima - almeno provvisoriamente - si chiama Stella.
 


 

lunedì 10 giugno 2013

Scuola & altre catastrofi

E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore
Momenti di grande agitazione sindacale nell'azienda per cui lavoro. Del resto mi si racconta che ovunque è così. È la crisi, si mormora, la crisi cui siamo ormai abituati ad attribuire la colpa di tutto. Nel frattempo la vita in qualche modo va avanti e io mi dedico alla mia prossima inchiesta, sull'homeschooling.
La scuola? Non è obbligatoria E io per tutti questi anni ho pensato di sì. In effetti, a differenza che in altri Paesi, da noi i genitori sono tenuti a «dare un'istruzione» ai figli, non a mandarli a scuola. E chi controlla che i bambini vengano istruiti davvero? Nella repubblica delle banane, nessuno. Mi hanno spiegato che il dirigente scolastico del territorio di competenza (quello di residenza, per intenderci) è tenuto a verificare cosa fanno le famiglie che non hanno iscritto i propri figli a scuola. Tra le altre cose, ha il dovere di «chiedere che i bambini facciano l'esame di idoneità» alla fine di ogni ciclo. Ma le famiglie hanno il diritto «di rifiutarsi di fare l'esame».
In questo vuoto normativo In pratica ciascuno si organizza come vuole. Gli homeschoolers preferiscono essere definiti un-schoolers: poche letterine che fanno la differenza. L'homeschooling significa proporre ai bambini, a casa, lo stesso programma (ministeriale) delle scuole tradizionali. Secondo l'unschooling invece il bambino impara attraverso le proprie esperienze di vita, tra cui il gioco, la vita a contatto con la natura, il rapporto con i genitori e i fratelli. Sceglie cosa imparare e quando impararlo, fin da piccolissimoi. Steiner, Holt, Montessori sono i modelli da cui ciascuno attinge come meglio crede.
Il passaparola sul web È intenso e frenetico. «Voi avete studiato le tabelline?». «A che età i vostri figli hanno imparato a cuocere il pane?». «Oggi siamo stati a visitare la caserma dei pompieri». Alcuni unschoolers fanno frequentare ai figli quelle che si chiamano scuole libertarie, i più radicali li tengono a casa da sempre, possibilmente per sempre, al motto di «i più grandi genii non hanno  ricevuto un'istruzione tradizionale». E giù a far nomi tipo Einstein, Zuckerberg, Gates, Jobs.
Nell'intervistarli Un po' mi innamoro dei loro processi mentali, un po' perdo orribilmente la pazienza. Domando: «Voi genitori che scegliete questo metodo dovete seguire i vostri figli di continuo. Come fa chi ha un mutuo da pagare e non può lasciare il suo lavoro a tempo pieno?». Risposta: «Forse è meglio che non faccia figli». Mi astengo dal far notare che una società fondata su questo principio colerebbe immediatamente a picco, senza contare i decenni di dibattiti sull'emancipazione femminile.
Andate e moltiplicatevi Parlo con una unschooler che ha nove figli. Più in generale, «quelli come loro» sono molto prolifici. «Che vuoi che dica», mi fa lei con semplicità, «è la mia missione nella vita. Quando ero piccola e mi chiedevano "Cosa vuoi fare da grande?", rispondevo, "la mamma"». Mentre ne prendo atto, un brivido mi corre lungo la schiena. Io sarei capace di restare a casa con i miei figli e di fornire loro un'istruzione democratica? Soprattutto, vorrei farlo? Credo di no. Però quando l'altro giorno la maestra del Pupo, 4 anni, mi ha detto di nuovo: «Sai, tuo figlio proprio non si comporta come si deve. Continua a mangiare nella posizione dello yoga, e poi sai, è... insofferente alla Regola», ho avuto tanta voglia di prendere il bambino e di portarlo lontano, tanto lontano da lì. Attendo, al solito, preziose condivisioni di pareri ed esperienze.

martedì 28 maggio 2013

Otto

Cielo senza nuvole
Esattamente otto anni fa, esattamente a quest'ora, veniva al mondo la Pupa. Ricordo ancora l'sms con cui lo annunciammo agli amici: «È nata Cecilia, 2.850 kg. Straordinaria per garbo e grazia». Cosa potevamo saperne, allora? Eppure, nei fatti, è andata proprio così. Aprendo i suoi regali stamattina, a proposito di ciascuno diceva: «È il mio preferito. L'avevo messo nella mia lista dei desideri». «Quale lista?» le abbiamo chiesto. «La mia lista mentale», ha risposto lei con semplicità.
Il count-down per arrivare a questo 28 maggio è stato il più lungo della storia, come una Quaresima. «Mancano 39 giorni al mio compleanno», ha cominciato ad annunciare poco dopo la metà di aprile. E così via, e così via. «Mancano 2 giorni al mio compleanno». «Manca un giorno e mezzo al mio compleanno». «Manca un giorno». «Sedici ore». «Sei ore».
Gli è che stamani il Pupo le ha detto, con la sua aria fuori dal mondo: «Si può sapere se oggi è il tuo onomastico o il tuo compleanno?». Per un attimo ho temuto che partisse un'altra colluttazione. Poi tutto è rientrato. La Pupa è il mio cielo senza nuvole, e ora vado a casa a festeggiarla.

martedì 21 maggio 2013

Siamo figli delle stelle

Non sono riuscito a centrare il bersaglio
Da sin: Pupo, Laccio (in basso), Mike D., io, Pupa
Gli è che questo cielo d'Irlanda, con tutti i suoi temporali, mi trasmette inquietudine. «La forza accumulata di tante piccole cose sarà la chiave delle tue vittorie», predice il mio ultimo oroscopo de L'internazionale. Mi sforzo di non crederci, agli oroscopi: anche perché da tre anni, la collega astrologa che lavora qui al giornale mi predice costantemente scenari pessimi. Ma quando attraverso un momento di fatica o di tensione mi ci rifugio - tanto non ho niente da perdere, mi dico.
Tanto per cambiare La scuola del Pupo, 4 anni e mezzo suonati, mi chiama ogni due per tre per avvisarmi di un fatto: mio figlio si è fatto la pipì addosso mentre giocava. Stamattina, puntuale, driin, «Ciao Paola, sono Marina, il Pupo si è sporcato di nuovo, sai, facendo la pipì».
«Ah. Nel senso che se l'è fatta addosso?».
«Stavolta no. Era in bagno. Mi ha spiegato: "Ho armato il cannone, ho puntato, ma non sono riuscito a centrare il bersaglio". Il problema è che abbiamo esaurito i suoi cambi, e anche quelli del compagno di armadietto. Puoi venire a portargli qualcosa?»
«Però ci metto mezz'ora. Come fate nel frattempo?»
«Abbiamo trovato un cambio provvisorio. Ma fai in fretta, è da femmina».
Regressioni e avanzamenti Ultimamente si verifica dunque questo curioso evento: il Pupo, in teoria educato all'utilizzo del gabinetto ormai da un paio d'anni, si diletta a farsela addosso. O se anche non si diletta, di certo non se ne preoccupa.
«Pupo, mi spieghi perché lo fai?»
«Pelché sto giocando e mi dimentico».
«Non puoi fare uno sforzo per stare più attento?»
«Quando sono in gialdino licoldalsi è impossibile. Quando sono in bagno, a volte, mi metto a chiacchielale con qualcuno e sbaglio mila».
Il Pupo dunque: peggiora nella minzione, migliora nel disegno (sopra, un esempio della sua più recente espressione artistica) e, soprattutto, dice cose interessanti. Tipo:
«Mi piace il fleddo, ma non l'acqua fledda. Mi piace il fleddo su cui puoi stalci sopla: la neve, il ghiaccio, il vento (?), la bufela (?), il cono, la gelatina e l'acciaio. Hai capito??».
Se doni qualcosa a qualcuno La Pupa dal canto suo cresce lieve, limitandosi ad attraversare qualche crisi di assestamento. Essendo ancora molto Pupa, scoppia a piangere all'improvviso quando è contrariata. Anche lei è un cielo d'Irlanda. Di recente un suo pensierino, mi ha raccontato la maestra, ha fatto il giro della scuola: «Sono generosa perché ho saputo che se doni qualcosa a qualcuno poi rischi che ti torni indietro raddoppiata».
Dietro una porta un po' d'amore La cosa bella della Pupa è che non ha pregiudizi. Le piacciono tutti. Per dire, solo di un bambino in classe con lei una volta le ho sentito dire, «Somiglia un po' a una damigiana» (in effetti). Poi ha aggiunto: «Però è adorabile». Anche suo fratello è come lei: i suoi compagni sono tutti «bravi e buoni». Sabato al Salone del Libro di Torino ho avuto il piacere di intervistare Lilian Thuram, proprio lui, l'ex calciatore, che ha scritto un libro contro il razzismo e giustamente mi diceva: «Razzisti non si nasce, si diventa. È una questione culturale». Bella persona e non privo di cervello, a differenza di una delle mamme che frequentano la nostra scuola. Di mestiere catechista, di recente ha detto a una mia amica:
«Allora, sei capitata nella classe fortunata».
E lei, senza capire: «Sì, in effetti mi trovo benissimo».
(Catechista): «Bene. Non vi è sparito ancora nulla?»
(Mia amica): «???»
«Be', so che avete in classe lo zingarello, Fabio. Non ha rubato nemmeno un astuccio, possibile?»
Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti Purtroppo non ho assistito personalmente al dialogo riportato sopra. Domenica mattina, tornando dal Salone, ho risposto male a un tassista, fino a farmi tremare la voce, per molto meno (aveva fatto un timido accenno alla difficoltà di inserire i bimbi al nido perché "gli extracomunitari ci passano davanti"). Mi arrabbio ancora molto per queste cose. Ho chiesto alla collega che era con me: «Secondo te ho esagerato?». Lei: «No. Però eri borderline». Allora volevo chiedervi, ma sono l'unica a reagire così?

lunedì 6 maggio 2013

Anche tu, mamma, usavi le giraffe?

Ospiti olandesi e copertine
Grazie al cielo sono guarita, anche se siamo reduci da un weekend molto lungo in compagnia di una famigliola olandese: il socio in affari di Mike Delfino è venuto a trovarci con sua moglie e due bimbe di tre e sei anni. Poteva andare peggio. Nei giorni precedenti al loro arrivo si sono susseguiti messaggi inquietanti, tipo:
(Mamma olandese) «È troppo se ci fermiamo per una settimana?»
(Mike Delfino) «...»
Alla fine hanno deciso di restare solo quattro giorni. La Pupa, 7 anni, era molto eccitata e, assieme, un po' preoccupata: «Mamma, ma io conosco solo poche parole in inglese. Cat, dog, le parti del corpo, i giorni della settimana, i numeri da uno a dieci». Invece il Pupo, 4 anni, non ha mostrato alcun segno di interesse, salvo poi cominciare a strapazzare le bambine un minuto dopo il loro ingresso in casa.
Il bello dei luoghi comuni Gli stereotipi esistono per poterli sconfessare. Per esempio, degli olandesi penseresti sulle prime che sono tipi spicci nei modi ed equilibrati nel tirar su i figli, i quali di conseguenza crescono in modo sportivo, senza troppe menate. Invece abbiamo trovato le nostre due piccole ospiti meose, viziatelle e pure fifone. Non si capiva se avessero più paura di Rocco o di Laccio, ma  quel che è certo è che in quattro giorni hanno imparato ad alternare due frasi ricorrenti:
«Rrrrrocco, no!» (arrotando la "erre" in un modo che alla lunga è risultato insopportabile)
oppure
«Laccio, no!».
Alcune cose vere sugli olandesi Sono buone forchette. Solo a colazione, per dire, sono partiti quattro vasetti di marmellata e 21 yogurt. «È tutto talmente buono, qui in Italia», la frase-tipo. «Ci piace mangiare sano, e qui avete prodotti di qualità». Come contraddirli?
Gli olandesi dormono con la luce accesa. Passi le bambine (paura del buio?), ma gli adulti? Io credo che se la dimenticassero così, e basta.
Gli olandesi, come altri popoli del Nord, non soffrono il freddo e non usano il phon. Girano in canottiera anche quando fuori piove (cioè sempre). Giurano che da noi il clima è mite, specie se confrontato ai 7-8 gradi che hanno loro in questi giorni. Le bambine girano livide e intirizzite, a mio parere perdendo progressivamente il contatto con la realtà, e sgridando a casaccio il cane oppure il Pupo.
Gli olandesi mangiano molto (l'ho già detto, vero?). Dopo qualche ora di permanenza si auto-definiscono «gli svuota-frigo». Dopo aver spazzolato i loro piatti azzardano qualche timida forchettata in direzione dei nostri. I Pupi cominciano a guardarli con sospetto.
Per sfogare lo stress da sovraffollamento Ieri sera il Pupo mi comunica: «Mi voglio rilassare». Pretende un bagno caldo serale e poi che gli dia "la copeltina".
«Mamma, anche tu da piccola usavi la copeltina pel fale le tue cose?»
«Ehm... vediamo... mi pare di no».
«Ma anche tu facevi le tue cose, vero?»
«Ehm... sinceramente non mi ricordo». Poi, temendo di farlo sentire a disagio: «Ma forse sì. Sì, sì, certo, le facevo anch'io».
«Io mi stlofino, mi stlofino finché mi viene il pisello glasso. Poi uso le gilaffe e i leoni».
«In che senso usi le giraffe e i leoni?»
«Immagino i leoni che inseguono le gilaffe. E le inseguono... e le inseguono... finché mi viene il pisello glasso».
«Va bene Pupo, ti lascio tranquillo a fare le tue cose. Buonanotte.»
(Dall'altra parte della porta chiusa mi arriva ancora la sua voce attutita) «Anche tu usavi le gilaffe?».
La domanda della settimana è se anche i vostri figli usano le giraffe.

giovedì 2 maggio 2013

Malanni

Il post più breve della storia
È per dire che sono malata. Lo specifico per rassicurare chi mi ha scritto in privato chiedendomi lumi. Niente di che, solo uno stupido virus che al momento mi dà febbre e mal di gola e che mi trascino da un po'. Tornerò a scrivere quando ne esco (ora non sarei brillante). Baci a tutti

venerdì 19 aprile 2013

C'è maretta in famiglia

Del perché la Pupa vorrebbe che il Pupo vivesse altrove
I miei figli sono estremamente litigiosi. Non riesco a capire per quale motivo il limite temporale di un'esistenza senza conflitti, per loro, coincida con i 30 secondi (circa).
Prendete stamattina per esempio. Si sono alzati praticamente nello stesso momento e, scesi dal letto, si sono seduti sul parquet nel disimpegno davanti alle camere. Perché l'abbiano fatto lo ignoro, ma per mezzo minuto sono stati amabili, morbidi e assonnati nella prima luce del mattino:
(Con tono gentile) «Ceci, a te piacciono di più le Winz, le principesse o le Kitty?»
«Mmmh, fammi pensare... le principesse».
(Lui, scuotendo la testa e contemporaneamente il dito indice) «Nonnò. Sbagliato».
«Ma come può essere sbagliato un gusto? Cretino» (segue colluttazione).
 A volte invece discutono Su questioni più esiziali. In questa fase della vita sono molto interessati all'origine delle cose e al mondo com'era una volta. La Pupa legge e rilegge un libro sui Fenici di quand'ero bambina, il Pupo è capace di spararsi 22 minuti di fila di vecchi documentari di Piero e Alberto Angela, recuperati su YouTube.
(Ieri sera, insolitamente complici) «Mamma, ti volevamo chiedere una cosa».
«Ditemi, amorini».
«Sappiamo che Adamo ed Eva erano i primi uomini».
«Giusto».
(Pupa) «Quello che non capiamo è come abbiano fatto a discendere».
«In che senso?»
(Pupo) «Come hanno fatto a moltiplicalsi».
Una storia vecchia come il mondo Come ho già detto, il Pupo mescola una stupefacente proprietà di linguaggio a una pessima pronuncia (questione di pigrizia).
«Beeeh, lui ha messo un seme...»
(Pupa) «Sì, lo sappiamo. Lui ha preso un seme dal pisello e l'ha messo nella pancia della mamma».
(Pupo, con tono scocciato) «E poi sono nati dei figli».
(Pupa, determinata) «Ma i figli sono fratelli, e non possono sposarsi tra loro. Sarebbe come se io sposassi Rocco».
«Ceci, ma io ti voglio sposare».
«Cretino» (segue colluttazione).
Una certa dose di mistero Dopo essere stati, non senza sforzo da parte mia, separati i Pupi sono ri-diventati pensosi. Poi la Pupa ha preso la parola:
«Mi è venuta un'idea».
«Dimmi».
«Lo chiederò al maestro di religione, anche se so già cosa mi dirà».
«Cosa ti dirà?»
«Che in questo problema c'è una certa dose di mistero» (ricordo che la Pupa ha 7 anni).
(Pupo, tirandole i capelli all'improvviso) «Ceci, sposami».
«Creeetino!».
E così hanno ricominciato a menarsi. Nuovamente separati, il tempo di asciugarsi le lacrime e la Pupa ha concluso: «Se mio fratello mi picchia altre 30 volte in un mese deve andare a vivere in un'altra casa, in un'altra famiglia». Lui ha pianto. «Ma non devi per forza andare a star male. Puoi anche andare a vivere dal re o dal presidente. Oppure a casa di Pisapia».
Domanda sinceramente interessata Ma anche voi, da piccoli, litigavate tanto con i vostri fratelli? E i vostri figli, come si comportano?

martedì 9 aprile 2013

Ero una donna libera prima di avere un cane

Del perché il cane è una tassa, ma porta allegria
(Io): «Pupo, ma sei ritardato? Non puoi sputare per terra e incitare il cane a bere il tuo sputo».
(Pupo) «Ma aveva sete».
(Pupa): «Ma sei sceeemo? Non puoi dargli il mio astuccio da mangiare. Vieni qua che adesso ti ammazzo».
 (Pupo) «Ma deve falsi i denti».
Ho capito finalmente il significato profondo della raccomandazione «Tenere i medicinali fuori dalla portata dei bambini» l’altra sera, quando il Pupo mi si è parato davanti all’improvviso con una schiuma violacea attorno alle labbra. Aveva masticato (e subito dopo, sputato) il vermifugo di Laccio, il nostro cane. Nessun danno, per fortuna: tra l’altro la compressa è tarata per una bestia di sette kg e non per una di 19 kg. Prima di darmi della sconsiderata/irresponsabile, vi prego di notare che il medicinale in questione era riposto in un armadietto a un metro e 70 di altezza, e che per arrivarci il Pupo ha recuperato in dispensa una scaletta in alluminio; abbastanza leggera da riuscire a trascinarla, abbastanza oliata da aprirla con facilità. Nel caso in cui vi chiedeste dove fossi io per i tre minuti necessari a compiere il misfatto, la risposta è: in bagno.
Me-time, questo sconosciuto Scrivono di continuo i giornali femminili (tipo il mio) che nessuna donna dovrebbe rinunciare al suo sacrosanto me-time, il famoso «tempo per me» che include attività sollazzevoli e prettamente femminili tipo manicure, massaggi, aperitivi con le amiche, un'ora in piscina, una sessione di sci-alpinismo. Ebbene, il mio me-time ultimamente consiste nel portare il cane al parco la mattina, dopo aver lasciato a scuola la Pupa. Poiché piove sempre ho messo in auto stivali di gomma, uno dei quali squarciato sul retro, e una giacca da agricoltore sporca di fango e, forse, escrementi di provenienza non umana. Ero una donna libera prima di avere un cane potrebbe essere il titolo del mio prossimo libro. Se mi va bene, riesco a trascinare una delle mie amiche-mamme con me; prima andavamo al bar, ora invece a rotolarci tra gli sterpi incitando amabilmente i cani alla lotta, con espressioni gentili tipo «Daje, Laccio!» o «Non ti far fregare da quel bastardo!».
Indietro non si torna Rinchiudermi in bagno, dunque, è tornata a essere una strategia di sopravvivenza, proprio come quando i Pupi erano molto piccoli e bramavo 30 secondi di fila tutti per me. Non funziona un granché, in ogni caso, perché dopo pochi istanti da dietro la porta sento urla di bambino alternate al metodico raschiare delle unghiette. Tuttavia Laccio si fa ben volere e mi scopro a pensarlo con affetto nel corso della giornata. Il direttore del giornale per cui lavoro continua a ricordarmi: «Hai fatto una ca***ta». Altri amici, più morbidi, mi dicono: «È come avere un figlio». Ecco, forse questo è esagerato. Diciamo che come impegno - pratico ed emotivo - è circa un quarto di figlio, senza contare che d'estate lo puoi lasciare in pensione. Certo, non lo abbandonerei nell'area di servizio di Somaglia Est, ma non mi metterò a cercare apposta una vacanza adatta a lui (se lo faccio, sparatemi). Ecco, mentre scrivevo questo post mi è venuta la fortissima curiosità di sapere se voi il me-time ce l'avete, e se sì, come lo usate. C'è nella vostra vita qualcosa di sacrosanto, intoccabile, che riguarda solo voi e, soprattutto, che riuscite a fare?

venerdì 29 marzo 2013

Sopravvissuti e sopravviventi

E venne il giorno
Party in casa con Pupi.
Nelle ultime ore non sono stata quasi mai connessa e mi sono persa, nel post precedente, il commento agghiacciante della povera Matilde (con cui mi scuso per non essere stata pronta a raccogliere il suo sfogo; se ti fa piacere, Matilde, riscrivimi in privato). Va detto che ieri è stato il mio compleanno e ho dovuto festeggiarlo degnamente - a dire la verità non ho ancora finito.
Altri accadimenti
Laccio su poltrona Sacco.
Va anche detto che Laccio, il nostro cane, è abbastanza impegnativo. Già al primo incontro, l'addestratrice ha messo le mani avanti. «È un cane di carattere». Se buono o cattivo, non l'ha specificato. Nel frattempo i giochi preferiti di Laccio, che ha compiuto quattro mesi sabato scorso, sono Mangia il Peluche» e Mangia il Libro», che consiste nel cercare e scovare i giochi e i libri dei Pupi per quanto accuratamente nascosti, mimarne lo smembramento, sorridere soddisfatto (giuro che sorride), a fine carneficina addormentarsi sfinito per lo sforzo. Grazie al cielo, il cancelletto Ikea che un tempo serviva a impedire capitomboli del Pupo fa ancora il suo porco dovere e impedisce alla bestia (scusate il gioco di parole) di venire di sopra a mangiarci anche i piedi del letto.


Invece sappiamo tutti che le liste Vanno molto di moda e soprattutto fanno sentire meglio, in fondo è fico tenere un elenco delle cose che dovremmo o vorremmo fare e poi cancellare una voce alla volta, sentendoci eroici perché siamo riusciti a compiere imprese titaniche tipo «fare doccia» o «comprare latte». Voi che ne pensate delle liste? Ne fate? Come le usate? Io come in tutte le cose della vita vado a momenti, un po' sì e un po' no. Mi ha invece stupito molto la Pupa, che ha quasi 8 anni, e poco prima dello scorso weekend - poco prima, in effetti, che Laccio irrompesse nelle nostre vite - ha compilato con puntiglio questa:


La Pupa è un curioso mix Di alto e basso, poesia e scienza, costruzione e distruzione. Ti incanta con le parole e un minuto dopo manda tutto in vacca. Ieri chiacchieravamo mentre lei era nella vasca da bagno:
«Mamma, vorrei tantissimo un fratellino».
«Te l'ho già detto, non dipende da me. Mi piacerebbe tanto e lo sai. Ma il fratellino viene solo se vuole venire».
«Cioè più che altro se Gesù ce lo vuole mandare, lui arriva?»
«Potremmo anche vederla così, sì».
«Allora propongo a Gesù: se mi mandi il fratellino io ti regalo tutta la mia collezione di gomme. Sai mamma, sono quasi 108».
«Wow!».
«Ma secondo te a Gesù può servire, una collezione di gomme? La farà anche lui in Paradiso? Ce l'avrà, una gomma a forma di Gesù?»
«Non lo so. È possibile. Ma se arrivasse un altro fratellino tu lo meneresti come meni quello che hai già?»
«Sì. Però all'inizio, quando è piccolo, pochissimo».