Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

lunedì 24 novembre 2014

Il progresso che cancella l'anima dei luoghi

Chiedo tu cambi tutta la mia vita, ora
Stamattina Tiziano Ferro ha presentato il suo nuovo album - che poi è un lussuoso «best of» con una manciata di inediti - nell'altrettanto lussuoso cortile del palazzo del centro di proprietà di una nota maison di moda. Fuori, nella vetrina dello showroom, ho visto un vestitino da bambina da 1300 euro. Dentro il cortile invece era pieno di limoni (gli alberi) con tanto di limoni (i frutti) sui rami. Ho pensato strano però, a fine novembre, a Milano. Poi ho guardato in su e ho visto che a proteggere il cortile c'era un soffitto di cristallo che rendeva l'aria mite, più che accettabile pure per un manipolo di giornalisti selvaggi come me e i miei colleghi del mondo della musica.
E so che serve tempo, non lo nego Mentre Tiziano Ferro ci raccontava le sue canzoni, le sue storie sentimentali e il suo sconcerto nell'apprendere che i dischi non si vendono più come una volta, ho riflettuto su quei - quanti saranno stati? 150, 200? - metri quadrati di cristallo agganciato a possenti tiranti d'acciaio perché non precipitasse. Certo era più pulito dei vetri di casa mia, il che a cascata mi ha portato a immaginare pazienti lavavetri acrobati che per serbarne il lindore mettono a rischio le proprie vite - l'ultimo, a San Francisco, è caduto due giorni fa dall'undicesimo piano, miracolosamente salvandosi. Ecco, allora vorrei sapere voi cosa ne pensate di quella lastra di vetro, messa lì al fine di separarci dal cielo e di permettere l'esistenza dei limoni sui rami, a fine novembre, a Milano.
L'amore va veloce e tu stai indietro Ciò detto, Tiziano Ferro ha scritto molte belle canzoni, alcune vicine al capolavoro, è un bravo cristo, ha sofferto, e non ce l'ho con lui. Ce l'ho piuttosto con chi continua a offrirmi compensi ridicoli perché io scriva post sponsorizzati. Ce l'ho con chi mi spinge in metropolitana per entrare per primo nel vagone, ce l'ho con chi sputa per strada - e no, non sono solo stranieri. Ce l'ho col tempo che non basta mai e con le persone che al tempo non danno valore, con chi non riesce a darmi un appuntamento preciso e rimanda le interviste quattro, cinque, sei volte come se fosse del tutto irrilevante. Intanto lunedì prossimo devo consegnare il mio libro e dire che mi sento molto compressa è dir poco.
Un bene più segreto sfugge all'uomo Dall'universo della Piccolissima arrivano frattanto notizie contrastanti. Alla vigilia del suo primo compleanno sto tentando di darle il latte vaccino, nel biberon. Del mio non restano che poche gocce e in più sono esausta. L'altra sera sono riuscita a fregarla mentre dormiva. Ha ciucciato nel sonno e prima di capire che non quella non era la tetta si era già scolata 120 ml. Ieri sera invece l'ha bevuto da cosciente, e con gusto. Credevo con ciò di aver scollinato ma stamani alla vista del bibe mi ha regalato le sue migliori pernacchie. Poiché ho resettato le precedenti esperienze e non ricordo nulla, eccomi qua: accetto consigli. Come si fa?
La vertigine non è paura di cadere Sapevate che anche i Duran Duran hanno inciso la loro versione di Perfect day? Non è spregevole ma preferisco di gran lunga l'originale.
Quanto al mio giorno perfetto, è stato proprio l'altroieri. Mi sono sdraiata a letto al buio tra i Ratti Maggiori mentre il loro Trovastelle proiettava costellazioni sul soffitto. Ero frantumata dalla stanchezza. Il Ratto col favore delle tenebre mi ha afferrato la mano e poi ha sospirato: «Mamma, come è bello stare con te». La Ratta, già nel dormiveglia, ha aggiunto con voce sognante: «Sì, mamma, davvero. È meraviglioso». Non c'era nessuna lastra di vetro tra noi. Nessun riparo da tenere ossessivamente pulito, ma pioggia che cade, vita che scorre.

Soundtrack: Indietro

martedì 11 novembre 2014

Tanti auguri, miele

My darling one is turning 6
Sei anni fa come oggi, quasi esattamente a quest'ora, in tutta fretta nasceva il mio Pupo, colui che più adoro e più mi fa impazzire. Il Pupo, il cui nome significa «uomo forte», sempre impegnato a dimostrare che è vero. Il bambino che ha una casa occupata nel cuore, sotto assedio perenne, senza requie, il Pupo, il mio Pupo: un costante brivido sotto la pelle. «Sei bellissimo» gli ripetono (troppo) spesso, al punto che mi chiedo che effetto gli faccia. Il Pupo prima ti ama e poi ti ammazza. Ti riempie di baci e ti spara. Chissà sotto quale cielo, con precisione, è venuto al mondo, cosa lo spinge a scappare da sé stesso e poi invariabilmente tornare, a essere assieme fuoco, terra e vento - a essere eroe e vigliacco, coraggioso e pusillanime, saggissimo e stolto.
Oh love of mine Difficile che al Pupo ne vada dritta una. Difficile che non gli caschi un gioco, che non provochi una lite, che non rompa per sbaglio un vetro, che non si tagli un ginocchio o almeno un pantalone. Che a scuola, in prima elementare, non sia sua la prima nota sul diario. Che in giardino davanti a casa non tolga la terra dai vasi facendosi sgridare dai vicini, che non perseguiti i lombrichi portandoli via da una pozza per spostarli in un'altra, qualche metro più in là. Che non si faccia sorprendere con le mani nel vasetto della nutella, che non rubi una fetta di torta per portarla di nascosto al suo amico del cuore. Il Pupo è Pierino, Pierino è il Pupo. O il lupo.
Would you condescend to help me Il Pupo è anche quello che ha paura del buio, e di E.T.; che ti prega di fargli «mille coccole, e poi ancora mille» per traghettarlo in un sonno senza mostri. Che la notte chiama «mamma» con una vocina da piccolissimo, e di giorno si cambia chiuso in bagno, da solo, perché già da mesi non vuole più farsi vedere nudo. Il Pupo è paterno. O materno. Accudisce i piccoli come fossero una cosa delicata e preziosa. Quando si dimentica di dover fare il duro è dolce e morbido. Quando si lascia baciare sul collo e ride della sua risata argentina, mi suonano in testa mille campane. Quando gli chiedo qual è il suo preferito dei mille soprannomi che gli ho dato, mi guarda e mi sussurra: «miele». Auguri Pupo, mia croce, mia delizia.

mercoledì 5 novembre 2014

Trenta giorni all'alba

Dovete fare pensieri dolci e meravigliosi
Mi è piaciuto che questo inizio d'autunno sia stato a conti fatti fin qui così clemente. Mi piace però anche il vento che oggi agita le foglie degli alberi in giardino e rende i bambini elettrici. Per finire il libro che sto scrivendo di recente mi capita di alzarmi alle 5.40, subito dopo la poppata mattutina della Piccolissima, anziché tornare a letto a rotolarmi e imprecare nel tentativo di riprendere sonno. Così ho osservato l'alba più spesso di quanto mi sia mai capitato prima. Molti scrittori che ho intervistato per lavoro negli anni, in effetti, mi hanno ripetuto che è proprio in quel momento sospeso tra la notte e il giorno che riusciamo a volare alti; è in quell'ora assieme magica e tragica che ancora possiamo sentire quel prurito sulle spalle nel punto dove un tempo avevamo un paio di ali.
Nessun uomo bianco è così astuto Da cogliere di sorpresa i pellerossa senza imbrogliare. Pensavo che quelle raccontate dai famosi scrittori fossero fregnacce e invece ho capito che se ho una probabilità su cento di riuscire, un giorno, a campare di libri, quella probabilità risiede per me nell'arrivare in anticipo sulla giornata; evitando, nei limiti del possibile, di farmela rotolare addosso come uno schiacciasassi implacabile che non ho modo di schivare.
Quando il primo bambino rise per la prima volta Nel frattempo i miei figli permangono in modalità casino, il che non aiuta la mia concentrazione. Sono lieta di verificare giorno dopo giorno che hanno in questo preso da me, tutti e tre, e amplificano con la crescita il fare caciarone ma tenace tipico dei Maraonidi. Il Maraone non entra, irrompe. Il Maraone non cammina, corre. Non si stanca, si sfinisce. Non mangia, si abbotta. Non discute, ma massacra l'avversario. Non sorride, si contorce a terra dalle risate fino a svenire. È in fondo una specie di Chuck Norris, però di origini ciociare.
Tutti i bambini crescono, meno uno Avere in casa tre Maraonidi di statura compresa tra i 70 e i 130 centimetri è un bello sbattimento persino per la Maraonide-madre, che avendoli generati e geneticamente influenzati ben sa di che pasta sono fatti. All'asilo nido della Piccolissima l'ultimo report la descrive «ottimamente inserita, simpatica, decisa, ostinata; per ottenere quel che vuole strilla a più non posso finché non l'ottiene». Tra gli altri achievements della Pupa ci sono la risata sforzata a comando (con tono gutturale), il ripetere «mamma» con voce bassissima e rauca, tipo E.T., il segnalare l'appetito con una serie di «am, am, am» progressivi espressi a decibel che aumentano esponenzialmente.
Oh, perché non puoi restare così per sempre? I Pupi grandi sono molto affezionati alla sorella. Le affibbiano ogni genere di soprannome e lei risponde a tutti. La chiamano «corpo» perché soprattutto da nuda somiglia a un compatto tronchetto della felicità. Oppure Bobona, Small Boboni, Sbomballoni, e ultimamente anche Small Farloni che non vuol dire niente ma fa ridere. «Dov'è tua sorella?». «Sta farlonando sotto il tavolo». «Che combina Boboni?». «Ha dato ancora il suo Plasmon al cane». Laccio ha capito come gira il fumo e si fa trattare come una bambola di pezza in cambio di doni gastronomici: il Pupo lo chiama «lo spazzino» perché quando a tavola non gli piace qualcosa è sufficiente farlo scivolare a terra con discrezione; qualcuno, nel giro di pochi istanti, arriverà a farlo sparire. Se mi fate una lista dei soprannomi più buffi in voga nelle vostre famiglie ve ne sarò grata.

Soundtrack: Se avete capito le citazioni (penso di sì, eh) allora sapete anche cosa andare a (ri)ascoltare.