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lunedì 29 settembre 2014

Fratelli, ancora sogni, e vento di scirocco

Mi fa paura il silenzio, ma non sopporto il rumore
Il Pupo 2.0 ha perso un dentino e sibila come non mai. La scuola va «benissimo» e lui è un bambino nuovo, che tra le altre cose la sera apparecchia da solo la tavola in modo spontaneo e creativo. Per premiare il suo spirito di iniziativa ci troviamo perciò costretti a mangiare usando i coltelli da pesce e le forchette da insalata, di cui è un grande amante. Si cena sempre a lume di candela perché «è romantico e misterioso».  Tra i piatti dispone banane che ha tagliato lui stesso a pezzetti, col coltello. «Non ti è familiare, mamma?» mi chiede indicandomi ogni volta, orgoglioso, gli stessi gruppetti di bucce e polpe. Per non frustrare la sua passione per il table setting evito di rispondergli che mi sembrano buttate lì a caso. A fine cena occorre anche mangiare i bocconi anneriti.
Vedo passare persone, e cani Per qualche motivo insondabile la gente si sente in dovere di raccontarmi tutti i fatti suoi, sempre. In particolare, sono un magnete per gli sciroccati. Poiché non sono ancora rientrata dalla maternità - lo farò lunedì prossimo - incontro persone perlopiù nella sala d'attesa del pediatra oppure all'asilo, o a scuola: dunque il mio target di riferimento sono sciroccate femmine e prole-munite.
Sciroccata 1, aka donna che conosco da dieci minuti al termine di un monologo in cui ha parlato solo di sé e dei suoi figli: «... E naturalmente il bambino non lo faccio vaccinare».
Io: «Eccallà. Guarda, non sono la persona adatta con cui parlare di questo tema».
Lei: «Peeerché?»
Io: «La mia tesi di laurea è sulle malattie infettive, e sui vaccini».
Lei: «Io ho sentito parlare di bambini che sono diventati autistici dopo il vaccino. Ci sono un sacco di studi in tal senso. E poi i vaccini distruggono il sistema immunitario, e questo lo sanno anche i sassi».
Io: «Se tutti ragionassero come te, il mondo sarebbe allo sbando».
I matti vanno contenti, sull'orlo della normalità Per fortuna quando incontro uno sciroccato ho imparato a dirgli subito quello che penso e a girare i tacchi. È curioso, ma di recente mi sono anche imbattuta in diverse sostenitrici della corrente da me denominata «bambinismo senza limitismo».
Sciroccata 2, aka donna che conosco da cinque minuti, incontrata a una festa di amici: «... E insomma tu come ti trovi con il tuo pediatra? No, perché la mia mi ha ricusato».
Io: «Come? Non ho mai sentito una cosa simile.»
«Sai, ritengo che i bambini non debbano conoscere limiti né imposizioni. Hai letto il libro Smettila di reprimere tuo figlio? In pratica la tesi, che io trovo validissima, è che un bambino abbia sempre un motivo per fare quello che fa. Quelli che possono sembrare pianti e capricci sono in realtà espressione di un bisogno profondo. Sei tu, genitore, a doverli comprendere, interpretare e accettare. Perciò io, avendo intuito che mia figlia non gradiva essere visitata sul lettino, ho chiesto alla pediatra di visitarla in braccio a me. Lei ha sbuffato ma poi ha accettato. Però insisteva per svestirla. Le ho spiegato che alla bambina non piace: anche se ha solo 18 mesi sa farsi capire benissimo. Le ho proposto di visitarla attraverso la maglietta. Insomma ne è nata una discussione, al termine della quale la pediatra mi ha indicato la porta e mi ha detto di cercarmi un altro dottore. Ne conosci uno bravo?»
Io: «Forse ci vorrebbe un dottore bravo per te».
A caccia di grilli e serpenti Mentre la Piccolissima esce con discreta fatica e mille menate accessorie dalla sesta malattia, Pupo&Pupa attraversano un periodo splendido. L'altra mattina in piscina, mentre si asciugavano da soli i capelli, li osservavo riflessi nello specchio e pensavo: diosanto, sono belli da far male. La Pupa aiutava il Pupo ravviandogli con le mani le ciocche bionde, lui aveva la testa piegata di lato e la guardava con affetto. Da qualche tempo tra loro non c'è urgenza, ma pace. La scorsa settimana lui le ha regalato una bambola morbida, di pezza, ma nessuno di noi sapeva dove diavolo l'avesse presa. Lei ha ringraziato e poi ha insistito un po'. «Dai, dimmi da dove viene». Lui, sorridendo: «Ehm... l'ho trovata per strada». Lei: «Dai, non ci credo». Lui: «Ehm... l'ho trovata nella spazzatura». Lei, ridacchiando: «Dai, dimmi la verità». Lui, dopo un'esitazione: «D'accordo, d'accordo. L'ho trovata in un sogno». La Pupa si è stretta nelle spalle come a dire: occhei, questa spiegazione è plausibile. Io, in quell'esatto istante, ho pensato che se il Pupo fosse un uomo mi innamorerei di lui.

Soundtrack: I matti
Povero me


giovedì 18 settembre 2014

Inserimenti. E sogni

La variante Slocovich
Quel che più temevo è infine accaduto. Nella mia già estremamente complessa scacchiera di incastri familiari si è inserita la temuta variante Slocovich, Stefano Slocovich essendo un mio adorabile oltreché, a detta di alcune persone, gnocc intelligente vicino di casa. A esser precisi è il mio vicino più vicino: il suo soggiorno-cucina è situato esattamente dietro il mio letto, dunque diciamo che quando prepara le uova strapazzate e io sto dormendo in genere sogno di essere dal parrucchiere, al lavatesta.
Chissà se mi pensi Quando non sogno di essere dal parrucchiere sogno di tornare piccola. Vorrei che qualcuno si prendesse cura di me, mi portasse in braccio, mi carezzasse la schiena fermandosi appena sopra il coccige per un grattino affettuoso.
Questo purtroppo non accade. Accade invece che di notte, a corrente alternata rispetto ai risvegli della Piccolissima, io abbia sentito ultimamente sinistri rumori provenire da casa Slocovich. Tonfi, misteriosi fruscii, rumori sordi. Come se qualcuno stesse facendo un trasloco, trascinando corpi inanimati o entrambe le cose assieme.
Se non ti addormenti Ho scritto perciò a S.S. alle 6 e 17 di ieri mattina una breve mail che aveva come oggetto «Voglio dormire». Poiché egli è notoriamente una persona squisita mi ha risposto quasi subito spiegandomi che, lavorando nel cinema, gli capita di dover essere sul set nottetempo. E questo già lo sapevo. Però nelle scorse notti insomma, gli dispiace tanto ma gli è successo di dover fare avanti indietro più volte, e certo ha sbagliato a tirare su e giù più volte le rumorose tende a rullo, e certo si era dimenticato che una porta blindata sbattuta alle 3.09 ha un impatto diverso da quello della stessa porta sbattuta all'orario palindromo delle 9.03, e non intendeva essere molesto ma insomma, a ripensarci gli è anche venuto in mente che a un certo punto «il gatto in effetti si è messo a correre e nel correre deve aver rovesciato alcuni sgabelli». Quest'ultima notazione mi ha fatto molto ridere.
E quante pecore conti Alla mia fatica solita si aggiunge insomma la scarsità assoluta di sonno. Anche dando per scontato che S.S. smetta di scagliare gatti contro gli sgabelli, la Piccolissima ha cominciato il nido e di notte pretende di ciucciare ogni ora come se avesse due giorni di vita, mi si dice «per rinsaldare il rapporto con la madre». Se poi anziché allattarla tento di riaddormentarla col ciuccio sbatte le braccia tipo pale di mulino a vento e poi soffia a volume altissimo,  fffff! fffff!, per rendere evidente il suo disappunto.
Chissà se mi cerchi Sto nel frattempo completando l'inserimento più lungo della storia: l'orario della Piccolissima viene prolungato di quindici minuti al giorno, mi si dice «perché il progresso, seppur lento, sia costante e stabile». E così nelle ultime settimane ho trascorso intere giornate a portare e prendere bambini a scuola, giacché, in tre che sono, le loro entrate e uscite avvengono a sei orari diversi.
Se mi vuoi lì vicino In concomitanza con la variante Slocovich è però avvenuta una cosa emozionante. Ricorderete, perché vi ho fracass tenuto informati, che il Pupo durante l'ultimo anno si è svegliato dalle tre alle cinque volte per notte - chiamandoci di continuo e portandoci vicini all'esaurimento - e ha dormito perennemente avvinghiato a sua sorella maggiore. «Ho paura di E.T.» era la sua frase ricorrente. Ed era evidente eccome, che avesse delle preoccupazioni.
Ebbene, dal primo giorno di prima elementare ha cominciato una nuova vita. Mi sono commossa l'altra notte vedendolo sdraiato nel suo letto, l'aria serena, abbandonato e immobile come dev'essere un bambino che dorme, distante mezzo metro dalla Pupa. Da una settimana a questa parte non ci chiama più. «La mia maestra è bravissima», mi ha detto oggi tornato da scuola, e ha sorriso. Allora ho pensato che è proprio vero che le cose, tutte, fanno paura quando sono lontane. Poi ci arrivi vicino e scopri che puoi girarci attorno. O scalarle fino in cima a un passo che è solo il tuo, e finalmente scendere, con sollievo, dall'altra parte.

Soundtrack: Chissà se mi pensi (ma quant'era bella questa canzone?)