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martedì 31 gennaio 2012

Nevica, ed è tutto merito di Pisapia

Domande per cui mi piacerebbe trovare una risposta
1. «Posso toccarti le tette?» mi ha chiesto ieri il Pupo, 3 anni, nella vasca da bagno. «No, Pupo». «Però papà te le tocca». Giuro che non l'ha imparato all'asilo, né da noi. Domanda: è già tempo di smettere di farsi vedere in giro nudi?
2. Vi è mai capitato di lavare in lavatrice, assieme ai vestiti ovviamente, un Pampers? A me sì. Ho rilavato la roba tre volte ma è ancora tutto pieno di pallini bianchi. Domanda: sapete come si fa a toglierli?
3. Meglio tatuarsi i nomi dei figli, o le loro date di nascita?
4. In quale parte del corpo?
5. In piscina ho trovato una tizia che nuotava in mezzo alla corsia. Soprattutto a dorso: grande impresa nell'evitare le sue bracciate disarmoniche. A un certo punto mi fa: «Scusa, non è che puoi stare un po' più dal tuo lato? No, perché sai, vieni molto in mezzo». Lei. Mi è caduta la mascella, non ho saputo cosa risponderle e poi, incoraggiata da un collega, mi sono spostata nella corsia di lato. Domanda: a uno str... meglio dire in faccia quel che si pensa, o lasciarlo perdere, proprio perché è uno str...? Da come rispondete intuirò il vostro atteggiamento nei confronti della vita.
6. Una mia collega si è vista presentare il conto dal parrucchiere. Taglio, shatoush (questo sconosciuto) ed hennè: 383 euro. Anche a lei è caduta la mascella, poi ha pagato. Domanda: cosa avrebbe dovuto fare? Denunciarli? Rifiutarsi di pagare? Oppure è stata brava a "fare la signora"?
7. Quando arrivo a 500 followers (non manca molto) volete che organizzi un concorso?
8. Cosa vi piacerebbe vincere?
9. Meglio andare al lavoro in macchina (20/25 minuti - benzina alle stelle) o con i mezzi (40/45 minuti - 30 euro al mese di abbonamento)?
10. La domanda numero 10 non mi viene. Se qualcuno sa cos'è lo shatoush parli ora o taccia per sempre. Rispondete a quel che volete, però fatelo.





giovedì 26 gennaio 2012

Il bambino si è dimesso

Fin qui tutto bene, però
Sono giorni di transizione. Quasi fine gennaio, troppo tardi per stilare l'elenco dei buoni propositi per il nuovo anno, comunque per ora me la cavo: vado in piscina, continuo con le lezioni di francese, mi sono pure iscritta a yoga kundalini - un po' troppo meditativo per i miei gusti, ma presenta l'indubbio vantaggio di essere a 70 metri da casa mia.
La maestra, dal canto suo, è la classica yogi circa-trentacinquenne che a un certo punto della sua vita ha visto la luce, diolabenedica. Vestiti chiari, capelli raccolti in cima alla testa in una crocchia stretta stretta, se li portassi così dopo cinque minuti mi esploderebbe il cervello ma a lei pare non dia nessun fastidio; una volta a lezione abbiamo assunto una posizione tipo candela, e qualcuno che vi giuro non sono io ha fatto una sonora puzzetta, forse lei stessa, a me è venuto da ridere e soprattutto mi sono venute in mente le performance del Pupo, 3 anni, in famiglia anche noto come "lo Sgasatore"; ancor più ho sghignazzato senza farmi vedere quando lei ha cercato di dare una giustificazione teorica alla puzzetta dell'ignoto emettitore e ci ha invitato a "restare nel non-giudizio", una di quelle frasi nonsense che amano tanto i maestri di yoga.
Quel che invece non mi diverte è la sua tendenza - nella mia esperienza, abbastanza tipica di chi fa questo mestiere - a psicoanalizzare le persone: "Paola, tu stai uccidendo il tuo femminile", mi ha detto la prima volta che ci siamo incontrate.
(Io): "Prego?"
(Lei) "Cioè, guarda che sei tutta inclinata a destra."
"In che senso, scusa?"
"Ti ho visto quando sei entrata, tieni la testa e il collo sulla destra. Accade perché stai privilegiando il maschile, il lato razionale, della programmazione, a scapito del femminile: la creatività, la forza dell'immaginazione, ciò che irrompe ed è irrazionale".
"Nuu, secondo me è perché porto i bambini in braccio sempre sul lato destro. In più stasera prima di venire qui abbiamo fatto come i bulgari del circo, io li sollevavo e me li mettevo sulle spalle e mi sono un po' incriccata e..."
"Ti assicuro che il tuo maschile si sta mangiando il tuo femminile".
"E allora gnam. C'avrai ragione tu".
Pisapia e i pupazzi di neve
I bambini sono molto seccati perché quest'inverno, a Milano, ancora non si è visto un fiocco di neve. Mi ha detto l'altro giorno la Pupa: "Eppure ho letto" (? non si sa dove, ndr) "che Pisapia ha promesso che sabato nevicherà".
(Io): "Davvero, Pupa?"
"Sì. E se lo dice lui dobbiamo crederci. Che poi, anche Pisapia ha bisogno di rilassarsi. Sai cosa fa Pisapia quando nevica?"
"No, Pupa."
"Un pupazzo di neve a forma di sindaco. Credo".
Ecco, a me è quel "credo" finale che mi ha fatto impazzire.
All'asilo del Pupo, nel frattempo
Mike Delfino fa parte della commissione mensa. Va a scuola e periodicamente assaggia quel che mangiano i bimbi, vestito con camice e cappellino, e compila complicati report assieme ad un cospicuo numero di altri genitori. Secondo me in molti vogliono far parte della commissione mensa perché a) poter dire "faccio parte di una commissione" è sempre fico e b) in fondo si mangia gratis e c) la commissione è un luogo privilegiato da cui assistere a scambi costruttivi tipo "i ceci serviti ai bambini avevano la pellicina" (scandalo) o "il pane è insipido ma l'intento è proprio quello di somministrare ai bambini poco sale" e ancora "Pisapia" (sempre lui!) "ha giurato che dall'anno prossimo metterà le teglie in acciaio".
La commissione mensa fa anche riunioni periodiche con la dirigente scolastica, la quale l'altroieri se n'è uscita con una notizia bomba: il bambino violento della classe del Pupo, quello che scagliava oggetti e rovesciava cibo bollente sui compagni e trasformava le maestre da personcine dolci in donne mediamente isteriche, si è dimesso.
Mi ha colpito la scelta semantica: che la dirigente abbia detto proprio si è dimesso e non si è ritirato. Mi fa effetto parlare di un bambino di 4 anni come dell'amministratore delegato di un'azienda. Mi fa ancora più effetto che se ne sia andato, comunque. Nelle parole della dirigente "la decisione fa seguito a numerosi colloqui tra me e la madre del bambino, a seguito dei quali la madre stessa ha capito di dover investire del tempo di qualità con suo figlio per tentare di migliorare la sua modalità di relazione col mondo". Che vuol dire, scusate? Che farà questo bambino per i prossimi due anni? Come arriverà alle elementari? Se nessuno si è curato di lui fin qui, è realistico credere che sua madre prenda il diploma Montessori (peraltro in cinese) e diventi di botto la miglior educatrice di suo figlio?
Sono profondamente indecisa. Da un lato il sollievo perché ora la classe del Pupo è un'oasi di pace&amore che neanche i Figli dei Fiori, dall'altro un senso di vago fallimento che non riesco a scrollarmi di dosso. "Non sei contenta?" mi ha chiesto la mamma di un compagno del Pupo. "Con tutto il casino che abbiamo messo in piedi prima di Natale, tutte le perplessità espresse, e i colloqui, e la richiesta di un'insegnante di sostegno... In questo modo la cosa si è risolta molto più in fretta". "Non so se sono contenta", ho risposto, ed è vero. Voi che ne pensate?

giovedì 19 gennaio 2012

Vita difficile, felicità a tratti

Lassù c'è del misticismo
Sono tornata viva dal Tirolo austriaco: due giorni di trasferta extreme in compagnia del signore che compare nella foto sotto. Vorrei postarvi anche alcune immagini che ritraggono me impegnata nell'eroica impresa di salvarlo da un insidioso lago di neve, ma Settimio, il fotografo, non me le ha ancora girate. Ci siamo divertiti come liceali in gita anche se fisicamente è stato un massacro: viaggiavamo attorno ai 2000 metri e meno 20 gradi di temperatura (e no, non sto esagerando), Tiziano ha preso l'elicottero per la prima volta in vita sua con risultati non brillanti, noi abbiamo sbagliato funivia e rischiavamo di finire come quei ragazzi del film horror che è uscito da poco: sospesi per sempre tra due montagne. Il reportage completo di viaggio su Gioia, tra un paio di numeri.







In mia assenza, i Pupi:
- hanno cercato di sposarsi. La Pupa si era costruita un velo con il pluriball e se l'era fissato sui capelli con lo scotch (grande dolore nel toglierlo). Il Pupo aveva per testimone l'inseparabile ratto gigante di peluche che chiama "Ma", lei una bambola stracciona chiamata Paolona, "quella che ha paura di tutto, persino dei suoi capelli". Ma Mike Delfino si è divertito a fare il don Rodrigo: "Questo matrimonio non s'ha da fare", ripeteva birichino ai Pupi. "Pecché, papà?" (il Pupo, contrito). "Perché è notte". La Pupa, insistendo: "Come mai non possiamo sposarci?". "Perché siete troppo bassi. E tu, Pupo, non hai nemmeno le mutande".
- hanno fatto i nostalgici. La Pupa iniziava le frasi in tono sognante: "Stasera, visto che siamo in pochi...". Il Pupo faceva il piagnucolino al telefono: "Mamma, quando tonni? Pemmè non tonni" (tiè!). Poi sussurrava a suo padre parole romantiche: "Papà, pecché i baci sono trasparenti?". Due giorni dopo sono arrivata a casa di notte, felice, stanca come (quasi) mai in vita mia. Ho provato a svegliare la Pupa spargendole addosso una gran quantità di baci, ma lei è rimasta ferma. Sulle labbra aveva un sorriso appena accennato, sopra il suo letto una girandola di pupazzi immobili, tutti insieme a sognare il mio ritorno.

giovedì 12 gennaio 2012

Reportage da Berlino/2

Non devo più perdere i miei figli a Legoland
Elenco dei buoni propositi per il nuovo anno, ripresi da quelli di gennaio 2011:
1. Smettere di mangiarmi le unghie. In lista per il 27esimo anno di fila (l'anno scorso erano 26)
2. Continuare a fare tanta attività fisica. Stasera, se non stramazzo, prima lezione di yoga kundalini. Poco fa a pranzo, nella mensa detta "dell'insalata triste", una mia collega mi ha spiegato che la kundalini è una cosa legata al chakra della creazione e, in qualche oscuro modo, alla zona del perineo.
3. Il perineo, questo sconosciuto. Scoprire dove si trova, capire perché è così importante e, se possibile, prendersene cura.
4. Smettere di ridurmi all'ultimo momento quando devo consegnare un lavoro. In lista per il 12esimo anno di fila - cioè da quando lavoro. Prima il proposito era: smettere di ridurmi all'ultimo momento quando devo preparare un esame all'università. Eccetera, eccetera.
5. Non perdere mai più, mai più i miei figli a Legoland. È stata un'esperienza orribile, che qui vi riassumo.
Berlino, 3 gennaio: apprendiamo che quei furbetti dei tedeschi hanno aperto una piccola succursale di Legoland. Ci precipitiamo: come si evince dal post precedente, la Pupa ha qualcosa di simile alla tubercolosi da quando siamo partiti dall'Italia, perciò i luoghi chiusi - e non lo zoo di Christiane F, spazzato dal vento, pur con tutto il suo fascino decadente - diventano il nostro obiettivo ideale. All'ingresso una gentile signora tedesca che a sua volta continua a tossire mi spiega che possiamo scendere nelle viscere di Legoland dalle scale o dall'ascensore, tanto è lo stesso.
«Si arriva nello stesso punto?» chiedo io, sbirciando con la coda dell'occhio i bambini che corrono giù per le scale mentre Mike Delfino, con il passeggino, si è già infilato in ascensore.
«Jawohl, cara signora».
«Sicura?»
«Zicura. Ach».
Valuto rapidamente che non ho speranza di raggiungere i Pupi a piedi, mi infilo in ascensore con Mike e pigio velocemente il piano -1. All'arrivo, qualche secondo dopo, mi accoglie una bolgia da girone dantesco. Bambini ovunque, con pezzi di Lego infilati nelle narici e nelle orecchie. Schiavi della Lego disperati che, a quattro zampe, raccolgono in loop mattoncini che qualcun altro, un istante dopo, rovescia di nuovo al suolo. Luci forti, musica dagli altoparlanti, gente che urla in tedesco e... dei Pupi e delle scale, nessuna traccia.
Cerco di risalire in ascensore per tornare in superficie, ma il vigliacco si chiude all'istante e riparte: dal piano meno 1 - dice un cartello - è vietato chiamarlo per risalire. Del divieto in sé, come si dice, me ne fotterei: se non fosse che manca proprio il bottone. L'uscita, come in certi cinema multisala, sbuca da tutt'altra parte, in strada, in un luogo X che non c'entra nulla con il punto da cui siamo entrati. Entro subito in modalità "panic" e comincio a sbattere qua e là come un moscone impazzito. Mike Delfino, al contrario, entra in modalità "finto calmo" e rallenta i movimenti fino a diventare un bradipo tridattilo, il che mi irrita oltremodo. Soprattutto, sono angosciata: mi immagino i Pupi rapiti da qualche malintenzionato tedesco, visualizzo le scene peggiori di me che li cerco invano sotto una pioggia alla Blade Runner. Non li vedo da 30 secondi e già vorrei chiamare la polizia. Urlo a una commessa vestita da fidanzata di Uomo Ragno, visibilmente stordita dal chiasso: "Ho perso i miei figli! Come si fa a risalire in superficie?". E lei, che ci crediate o no, comincia a scuotere la testa e a ripetere: "This is not good. Das ist nicht gut". Un altoparlante diffonde in tedesco parole che non capisco del tutto, ma più o meno dicono che un bambino e una fraulein sono appena stati ritrovati, e che attendono i genitori all'ingresso. "This is not good", dice ancora la commessa, come se io pensassi che perdere i figli è una ficata.
Ehi. Tu. Che hai l'intelligenza emotiva di un petardo. Vuoi dirmi per piacere come cavolo si fa a uscire da questo inferno? Finalmente lei si riscuote, mi indica con gesto vago una scala che non avevo visto. Salgo di corsa, con la coda dell'occhio scorgo Mike Delfino immobile, evidentemente impegnato ad attirare a sé i bambini con la forza del pensiero o della meditazione kundalini. Faccio una rampa e vado a sbattere contro una giovane schiava di Legoland vestita da fidanzata di Indiana Jones, che ha la lucidità di indicarmi un corridoio da cui si accede a un'altra scala: finalmente, l'ingresso!
Che incubo. I Pupi sono sudati, in lacrime, accuditi da una schiava vestita da fidanzata di Batman che li tiene compressi in un angolo, contro il vetro che dà sulla strada, e sibila loro parole di conforto in tedesco. Quando la fidanzata di Batman mi vede, attacca con la solfa del "This is not good" e io vorrei mettermi a piangere oppure tirarle un pugno. Poi mi vede il Pupo, mi atterra tra le braccia, e mi dice singhiozzando una cosa che non dimenticherò mai: "Mamma, io sono un bambino piccolo. Un bambino piccolo deve stare sempre con la sua mamma". Un paio di minuti dopo, in tutta calma, arriva Mike Delfino e mi dice: "Be', dai, prima o poi doveva capitare, che si perdessero. Meglio qui che alla porta di Brandeburgo la notte di Capodanno, comunque". Di nuovo, non so se piangere o tirare un pugno anche a lui.

giovedì 5 gennaio 2012

Reportage da Berlino/1

Notti insonni in Tedeschia
Auguri! E scusate la lunga vacanza. Prima di accendere il computer ho pensato: chissà mai che qualcuno mi solleciti, visto che da tanto non pubblico niente. Ed ecco, puntuale, il commento di Daniela al post precedente ("perché, perché, perché non scrivi più spesso?"). Messaggio ricevuto.
È che siamo appena tornati da Berlino, dove ho trascorso giorni di totale distacco dal mondo della tecnologia - so che alcuni di voi mi credono ventenne, ma devo confessarvi che non sono una nativa digitale. Ora però vi posto la prima puntata del mio reportage di viaggio.
Lì vive un mio caro amico, che dirige un mensile di musica elettronica. Come direbbero i Pupi: wow, fico. In più Berlino è una città meravigliosa, e il mio amico molto ospitale. Ci ha lasciato la stanza di suo figlio, in cui noi quattro italianos, tutti assieme, abbiamo finalmente sperimentato il cosleeping.
Piccolo bilancio del cosleeping: fallimento totale.
Prima sera, ovvero a Capodanno: fuori la città è un delirio di botti, io e Mike Delfino a dormire alle 23.10 su materasso finto-matrimoniale, il Pupo al mio fianco su un divano in leggera pendenza, la Pupa autoesiliatasi nell'angolo opposto della stanza su un materassino da palestra alto 1 centimetro e mezzo, come una piccola fiammiferaia.
La Pupa tossisce a intervalli regolari di 30 secondi, come l'antifurto di un'auto che qualche scimunito ha dimenticato inserito prima di partire per le vacanze. Il Pupo mi rotola addosso 15 minuti secchi dopo che io e Mike ci siamo coricati, come un sacco di sabbia mi atterra prono sullo sterno senza nemmeno svegliarsi, provocandomi una lievissima sensazione di oppressione al petto/infarto in corso. Con molta fatica contro-rotolo i 18 chili di Pupo inerte su, su, su per il divano in leggera pendenza.
Propongo a Mike Delfino di scambiarsi di posto con me previa contropartita in denaro di 22 euro, ovvero tutto il denaro contante che ho in tasca. Rifiuta.
Ore 1.15: seconda rotolata del Pupo, che mi sfascia tre costole. Emetto lo sfiato stanco di un animale morente. Lui non si sveglia nemmeno adesso: dormirebbe volentieri così, stavolta di schiena, con una manina puntata contro il mio fegato e l'altra nella bocca di Mike. Che per questo motivo, eroico, pronuncia la seguente frase: "Dormo io sul divano in leggera pendenza, ci starò comodissimo", lasciando me e il Pupo sul finto materasso matrimoniale, e la Pupa a tossire nel suo angolo. Troveremo Mike Delfino piegato in tre parti, al mattino, a maledire la leggera pendenza e la sua (di lui, Mike) altezza eccessiva, che pur rendendolo molto attraente lo penalizza un po' quando si tratta di dormire su un divano lungo 1,60.
Nelle due sere successive lo schema si ripete con variazioni sul tema: tipo che il Pupo vaga per tutta la stanza pregandoci di alzarci e andare a giocare anche se sono le tre di notte, oppure apre la porta senza dir nulla e lo troviamo riverso e dormiente sul pavimento della cucina; mentre Mike Delfino, mal sopportando la tosse della Pupa, ogni tanto si alza senza preavviso e va a dormire in soggiorno, su un divano senza pendenza e pure un po' più lungo dell'altro, ma con curiose intercapedini tra i cuscini che a sua detta gli provocano alcune ernie. Apprendiamo anche che il mio amico tedesco, a sua volta stremato dalla tosse del figlio di un anno, ha tentato a) il suicidio e b) svariate incursioni in soggiorno, ma trovandoci Mike Delfino che russava è tornato indietro scornato.
Le ultime due notti, colpo di genio: mettiamo il Pupo a dormire in un box convincendolo che è un lettino. Lui accetta a patto di poterlo riempire di vaccate tipo personaggi, cuscini, copertine extra, un biberon, qualche carillon, una torcia a led multicolore. Alla fine sembra la camera da letto di Moira Orfei. Il Pupo non può più vagare, il che è un bel sollievo per tutti, ma in compenso ogni tanto si tira a sedere e, con voce cristallina ma in realtà dormendo, fa affermazioni ontologicamente ineccepibili: "Qui dommo. Qui bevo. Quetto è il mio cuscino. Io abito qui. Io, sono io". La Pupa, spostata di forza dal suo angolo buio al divano in leggera pendenza, sospira rassegnata cercando di non rotolarmi addosso e, ogni tanto, proprio quando stiamo per prendere sonno, ancora tossisce.