Ragazze interrotte
La spiacevole faccenda del baby blues – in teoria, “piccole e inspiegabili alterazioni dell’umore che seguono il lieto evento”; in pratica, neanche il tempo di appendere il fiocco rosa o azzurro al portone di casa che già ti viene da piangere - è ormai, almeno in parte, nota. Riflessione a margine: secondo i dati statunitensi un fortunato 20% delle neomamme non ha alcun sintomo, mentre all’estremo opposto una su dieci scivola in una grave depressione post-partum. Ma se il dato relativo a questo disturbo non si discosta molto da quello della popolazione depressa in generale (8-10%), le cifre notevoli riguardano le donne della terra di mezzo. Le meschinelle né disperate né esaltate, quelle che soffrono “solo” di baby blues: sette su dieci. Cioè quasi tutte.
Secondo la letteratura medica il baby blues di solito fa la sua comparsa due o tre giorni dopo il parto. Ovvero, in genere, quando si torna a casa e si comincia a provare quel certo nonsoche. Si dice: mal comune mezzo gaudio, ma la consapevolezza che nello stesso momento altre donne sono in difficoltà proprio come te di solito non aiuta un granché. Avere il baby blues è un po’ come vivere costantemente al crepuscolo (un mio amico la chiama “l’ora del lupo”. Rende l’idea): passata l’eccitazione la neomamma si sente ansiosa, insoddisfatta, triste e instabile. Può darsi che provi immotivata irritazione nei confronti del neonato, del proprio compagno, di altri eventuali figli (il fastidio nei confronti della suocera non fa testo).
Per un’autodiagnosi facile e veloce: se vi succedono almeno tre delle seguenti cose, siete certamente preda del baby blues.
- Pianto senza ragione (una mia amica è scoppiata in lacrime perché, stendendo il bucato, si è accorta che alcune mollette non erano più in ottime condizioni).
- Difficoltà a prendere sonno (nonostante si sia sempre sul punto di svenire dalla stanchezza).
- Scarso appetito (per esempio: avete comprato tre tavolette del vostro cioccolato preferito. State allattando, avete bisogno di calorie supplementari e sareste autorizzate a castigarle tutte, invece misteriosamente ne graziate una, guardandola anche un po’ male).
- Last but not least, sensazione di inadeguatezza rispetto al proprio ruolo, timore di sbagliare, vorticose riflessioni surreali tipo “anziché fare un figlio avrei fatto meglio a prendere un Labrador, piantare una betulla, adottare una pecora, infilare poesie nella casella della posta degli sconosciuti, diventare un’importante allevatrice di lumache”.
Gli stimoli esterni vorrebbero la neomamma serena e appagata. E prima di partorire lei pensava che sarebbe stato così.
Ho traslocato su erounabravamamma.it
Vi aspetto!
giovedì 19 marzo 2009
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... mi chiedo, ma allora perché? perché PRIMA uno vuole così tanto avere un figlio anche se tutte le amiche (te compresa) non fanno altro che raccontare questi scenari di guerra post atomica, in cui della mamma rimane solo un brandello di coscienza (che passa il tempo a pentirsi) e tutto il resto alle ortiche?!
RispondiEliminae perché dopo aver passato tutto questo con il primo figlio una dovrebbe voler fare il secondo? ovviamente deve trattarsi di un istinto suicida e quindi irrazionale... o forse è davvero che siamo semplicemente esseri viventi e come tutti i viventi agiamo in nome della sopravvivenza della nostra specie??? forse entrambe le cose. fatto sta che finora il tuo blog mi ha angosciato. aaargh! ma sono fiduciosa e spero di trovare, andando avanti nella lettura, qualche briciola di positività...
yuppi! il mondo è bello perché è vario. non so bene quali post tu abbia letto perché non mi riconosco poi tanto nella tua descrizione (scenari di guerra post atomica), vedi "nascita del Pupo" che tutto è fuorché cruenta. poi non lo so, probabilmente non hai figli, perché se li avessi non faresti le domande che fai. oppure sei un maschio e scrivi al femminile per lanciare una provocazione. a proposito, magari la prossima volta firmati... è brutto non sapere a chi si scrive
RispondiEliminaPer mia fortuna non ho avuto il baby-blues né al primo né al secondo figlio. In compenso però hanno tentato di farmelo venire tutte le ostetriche che ho incontrato. Non potendo allattare, sono passata direttamente nella categoria delle Pessime Madri! A sentir loro, tutte le malattie che i miei bimbi avrebbero avuto: dall'influenza al colera passando per la miopia, il ginocchio valgo, le carie e la peste bubbonica sarebbero dipese dal fatto che non sono riuscita ad attaccarli alla tetta. I miei torelli per fortuna hanno sfatato la leggenda e quando il grande è andato al nido e la pediatra mi ha detto: "complimenti! E' il bambino che ha fatto meno assenze per malattia, si vede che ha allattato a lungo!", mi sono tolta la soddisfazione di risponderle: "Certo!!!! Nidina1 per i primi 6 mesi e Nidina 2 fino all'anno!". Adesso però mi domando: il fatto che sia ciuccio in matematica e non pensi altro che all'Inter non dipenderà dal tipo d'allattamento?
RispondiEliminaIo propendo per la 2 (Anonimo è un maschio). ;-)
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCiao a tutti mi chiamo Patrizia e sono mamma da 10 mesi e 20 giorni (detta così mi sa tanto di saluto da terapia di gruppo!!).
RispondiEliminaLeggendo Vanity Fair sono venuta a conoscenza dell'esistenza di questo blog...non sono una grande "navigatrice" come si capisce.. Mi fa piacere poter scambiare pareri con voi tutti. Credo di aver sofferto (o forse ci sono ancora dentro)della baby-blues si sta malissimo!!! Per farvi capire quanto sono stata male dico solo che sono arrivata a sterilizzare lo sterilizzatore da quanto l'ansia e la paura mi aveva congelato il cervello!! Sono stata un po' meglio dopo aver frequentato delle sedute da una psicologa dell'ospedale, psicologa che mi aveva consigliato la mia ginecologa. E' una terapia del tutto gratuita perchè fa parte delle "cure" previste pe le puerpere. Io non lo sapevo..la trova una cosa meravigliosa anche perchè visto che non lavoro avrei avuto difficoltà a spiegare a mio marito che avevo bisigno di fare delle sedute perchè piangevo continuamente. "Ma dai che prima o poi ti passa che vuoi che sia..tu esageri sempre" ecco cosa mi avrebbe detto. In realtà si sta male, molto male!! Si è svegliata la bimba..devo andare ciao a tutti!!
Ancora Patrizia
RispondiElimina...Ci tenevo a chiarire che mio marito in seguito mi ha capita, aiutata e confortata. Avere l'appoggio e la comprensione del tuo compagno o comunque di chi ti è vicino è molto importante ti fa sentire meno "aliena".
Ciao a tutti, mi chiamo Federica e anche io, come Patrizia, ho letto di questo blog su Vanity. Il mio cucciolo Gabriele ha da poco compiuto 4 mesi, e anch'io sono passata attraverso questo famoso, o forse sarebbe meglio dire famigerato tunnel chiamato baby blues. In effetti tra pianti senza motivo e paure di essere una madre degenere, non è stato assolutamente facile vederne l'uscita, ma poi per fortuna tutto sembra essersi risolto. La Ginecologa, al primo controllo post parto mi ha detto che era tutta colpa di Ormonella e di non preoccuparmi che tanto "ci siamo passate tutte", ma ancora oggi non riesco a spiegarmi come sia stato possibile aver pianto quando credevo di aver spaiato un paio di calzine taglia 00 del pupo, o avere urlato contro mio marito in piena notte, incolpandolo di aver dato il ciuccio al piccolo, che si era riaddormentato senza mangiare a sufficienza e con buona probabilità avrebbe subito dei ritardi nella crescita per aver saltato una delle sue ventimila poppate. Insomma, più che incolpare gli ormoni e la stanchezza avrei optato per la tesi del rapimento alieno, o per un caso di sdoppiamento della personalità. Per fortuna che poi la dottoressa della farmacia sotto casa, lo ha rassicurato dicendogli di portare pazienza che l'allattamento fa uscire un po' testa... Comunque, a Brescia da dove scrivo, come penso pure in altre città, le Asl mettono a disposione dei gruppi di sostegno per chi allatta diretti da ostetriche o assistenti sanitarie, dov'è possibile per le neo mamme confrontarsi, fare quattro chicchiere e magari riderci un po' su.
RispondiEliminaDevo dire che a me sono stati molto utili, e ancora oggi, una volta a settimana vado a fare una pesata del pupo e con la scusa mi fermo un po' a rassicurare le nuove mamme o a chiedere indicazioni a chi è più esperta di me. In certi casi si sa, non c'è niente di meglio della solidarietà femminile!!!
Non si è mai trattato il tema della depressione post partum in tutta la sua estensione: i recenti casi di cronaca parlano di mamme, giovani nella quasi totalità dei casi, con figli che vanno dai pochi mesi fino addirittura alla soglia dei dieci anni. Come mia personale opinione credo che questa non possa essere considerata una semplice questione organica: se così fosse anche il caso più grave si risolverebbe al massimo in un paio d’anni. E’ una di quelle situazioni che si possono definire come psicosociali o antroposociali, cioè dovuta principalmente ad aspetti sociali legati alla storia e all’individualità di una singola persona. Il carico psicologico legato sia alle aspettative sociali della neo mamma (cura dei figli, loro sostentamento, loro crescita educativa) e contemporaneamente alle ambizioni spesso contrastanti col nuovo ruolo (donne lavoratrici, aspetti socioestetici…) possono creare delle situazioni critiche. In passato il problema non era rilevante in queste proporzioni perchè le aspettative venivano divise o più esattamente condivise tra le varie donne del nucleo familiare (madre, nonne, zie..) che, nel bene o nel male, avevano la cura esclusiva dei figli. Il problema principale attuale è che la donna ora è spesso sola in questi compiti…e questo non è un aspetto che possa avere delle cure organiche. Io e mia moglie stiamo pensando di creare un’associazione che si occupi diffusamente del problema, dando supporto alle neomamme, ma soprattutto creando una rete femminile di aiuto reciproco in termini di TEMPO, SPAZI, COMPITI e condivisione delle proprie esperienze.
RispondiEliminaIo mi sono accorta di essere andata fuori di testa quando, andando come tutte le mattine al bar bere il caffè con bambina e cane, mi è sembrato che il barista mi avesse trattato male e uscita dal bar sono scoppiata in lacrime. La notte successiva non ho chiuso occhio perchè mi sentivo il cuore in gola.Il giorno successivo ho pianto tutto il giorno e la sera sono andata dalla mia dottoressa e da quel giorno prendo degli ansiolitici. Adesso va meglio, la mia bambina ha poco più di due mesi e da quando mi sorride la mia fatica inizia ad avere un senso, ma per i primi quaranta giorni non ne capivo proprio il fine...io che l'avevo desiderata tanto mi chiedevo a posteriori il perchè! Adesso inizio a capirlo, ma alcuni giorni sono ancora molto duri.Si fa fatica a lasciare chi eravamo prima! Forza e coraggio!!
RispondiEliminaMilena
Ciao a tutti, mi chiamo Silvia e il mio piccolo principe compie 7 mesi oggi. Ricordo con una gioia immensa e unica nel suo genere il momento in cui è nato, i visi sorridenti nella sala operatoria (parto cesareo), i complimenti... i fiori, gli amici che arrivano, tutto perfetto, il piccolo meraviglioso, paffuto... immacolato :) se ci ripenso, mi affiora ancora il sorriso. Poi torniamo a casa dall'ospedale, che peccato fuori piove e tra l'altro è molto umido, fa anche un po freddo e tutto diventa improvvisamente grigio! Mio marito che il giorno dopo DEVE andare a lavorare, ed io che realizzo che il piccolo è li, e che da quel momento dipende da me. Aiutooooo! tutta la magia è sparita e purtroppo ha lasciato spazio alla PAURA vera, palpabile. Piangevo in maniera quasi ininterrotta (e pensare che il mio piccolo principe non ha MAI pianto nelle prime settimane!), bastava un "come stai?" per farmi crollare... che brutti momenti! E in più mi sentivo estremamente in colpa perché avrei dovuto essere felice, non DISPERATA! il tutto è durato due settimane che mi sono sembrate due anni! Ricordo perfettamente che da buona cattolica-non-praticamente andavo a dormire la sera e pregavo di non svegliarmi più per non dover affrontare un nuovo giorno. E' stato terribile. Come ne sono uscita? Parlandone, con tutti: con la psicologa che aveva tenuto il corso pre-parto, con la mia famiglia, con mio marito, con le mia amiche-mamme e non, con il mio amico immaginario, con la commessa del supermercato! Mi sentivo un po pazza, ma ho realizzato che questo momento tocca a più donne di quelle che ci si immagina... e questo aiuta. E poi ho letto il libro di Paola, l'ho adorato!! Sono state le risate che mi hanno aiutato a superare il momento più brutto. Quindi grazie Paola, di cuore!
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