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martedì 28 aprile 2009

Son soddisfazioni

La Pupa stamattina
Come sono i risvegli dei vostri bambini? La Pupa ha cambiato abitudini. Non si mette più a urlare (come faceva fino a poche settimane fa) "Mammamammamammamammaaaaaaa!" con quanto fiato ha in gola, ma in silenzio lascia la sua stanza e viene nella nostra con:
1. La copertina azzurra fatta all'uncinetto da sua zia, anche detta (da lei) "la copertina che tiene uniti i nostri cuori nella notte"
2. Una sarabanda di personaggi tra cui: Topolino principe, Plutino, Pluto grande, Minnie Streghetta, Topolino Mago, Minnie Ballerina, Julien il re dei lemuri
3. Due ciucci, uno per lei e uno per me.
E poi, zitta zitta, mi si avvicina, mi riempie di baci e mi si sdraia accanto.
Un bel passo avanti rispetto a prima.
Stamattina - a seguito di una serie di complesse operazioni notturne, che non vi spiegherò nel dettaglio in questa sede, legate ai frequenti risvegli del Pupo - io e Mike Delfino ci eravamo scambiati di posto. La Pupa ha sollevato la coperta dalla sua parte, ha visto (mica è scema) che non ero io, ha calcato nuovamente la coperta sul muso di Mike Delfino, ha fatto il giro del letto, è venuta da me. Io, in pre-coma, ho biascicato: "Mmmgh. Pupa, fai dormire la mamma, ho gli occhi appiccicati dal sonno, lasciami in pace".
Lei mi ha guardato col labbro tremulo, ha arricciato la boccuccia e mi sussurrato: "Ma mamma, sei tu che mi dai la vita. Senza di te come faccio?". Che volete che vi dica? Ho spalancato gli occhi.

lunedì 27 aprile 2009

Risvegli notturni - La saga continua

Finisce che poi alcuni si addormentano camminando
Scrivo questo post in stato di trance, perciò non sono interamente responsabile dei suoi contenuti. E' che il Pupo, ultimamente, di notte è imprevedibile. Sul mio libro (che, volendo, trovate qui) ho dedicato ampio spazio al tema delle notti travagliate dei neogenitori. Ecco una cosa a cui davvero non si può essere preparati, prima di avere un figlio: la stanchezza che ti investe e ti schiaccia. L'amica Marilde, nel suo bel blog La solitudine delle madri, racconta la maternità con una doppia immagine molto efficace: un dono, e una mancanza. Mi vengono in mente mancanza di autonomia, di libertà di movimento. E poi di sonno.
A spiegarla di giorno, quando i contorni delle cose non sono bigi e cupi come di notte, sembra quasi divertente. In estrema sintesi, fino all'anno di vita il ciclo del sonno del bambino è indipendente dall'ambiente e regolato solo dai bisogni interni legati alla fame e alla sete. A mano a mano che cresce, però, gradualmente si adatta a ritmi più "umani" (= adulti). Questo dovrebbe avvenire a partire dal quarto mese. Ma il Pupo sta vivendo una spaventosa regressione. Un'altra amica blogger, Raperonzolo, mi consola e assieme mi terrorizza: mi dice che con il suo secondogenito è andata avanti due anni a botte di otto/nove risvegli per notte. Per quanta esperienza una mamma abbia, per quanto brava sia a snocciolare inappuntabili riflessioni accademiche, poi nella realtà il comportamento di un neonato riserva sempre sorprese. A volte meravigliose, altre volte meno.
Il Pupo, ora, ha sicuramente un paio di problemi oggettivi: ha più fame del solito e sta mettendo i dentini. Vorrei svezzarlo ma siamo in partenza per una gita all'estero, perciò devo aspettare qualche giorno.
Ultimamente funziona così: si sveglia alle due o alle tre di notte, piange, provo a calmarlo. Gli metto il ciuccio in bocca senza dire una parola, al buio. Una parte di me spera sempre che non mi riconosca e si accontenti del caucciù ma grazie al suo potentissimo olfatto - il neonato riconosce l'odore del latte della madre anche a poche ore di vita - lui mi becca subito e inizia a emettere una serie di suoni rauchi e gutturali a circa 120 decibel. Il suo papà finge indifferenza oppure non sente. Finisce che sveglio anche lui con piccole pacche ritmiche sul fianco, mentre rifletto su quanto un bambino possa a mettere a dura prova la vita di una coppia. A quel punto lui si alza emettendo a sua volta suoni rauchi e gutturali, in controtempo col neonato. Prova a calmarlo a sua volta. Il Pupo s'infuria perché non è scemo e capisce che suo papà non ha il latte. Insistiamo un po', convinti - la riflessione non è priva di una sua coerenza - che se ogni volta accontentiamo le sue richieste di cibo non ne usciremo mai più. In teoria un bambino della sua età dovrebbe essere in grado di gestire almeno un risveglio, riaddormentandosi da solo. E' un passo importante nella conquista dell'autonomia. Lo stiamo aiutando a diventare uomo, rifletto ancora mentre il Pupo passeggia per la casa in braccio a suo padre, che si muove in automatico fermandosi (quasi sempre) e invertendo la rotta quando incontra un ostacolo tipo un muro o un mobile, come fanno quei robottini aspirapolvere di recente immessi sul mercato. Io penso che alcuni padri finiscano con l'addormentarsi camminando.
Dopo un'ora di questo tran tran ci arrendiamo. Il Pupo continua a digrignare i denti che non ha. Ha vinto. Lo allatto sapendo che si sveglierà ancora, prima dell'alba. Torno a letto che mi fa male tutto: schiena gambe palpebre persino sopracciglia. In lontananza, nel sonno, la Pupa grida qualcosa rivolta a Topolino. Dio la benedica perché, occasionali incubi a parte, almeno lei è in grado di dormire dodici ore filate. Abbraccio da dietro il papà del Pupo, gli accarezzo la schiena. "Domani sera ti invito a casa mia e ti mangio di baci," gli mormoro fingendo di averlo appena incontrato. "Volentieri, bella. Sei uno schianto," fa lui stando al gioco, poi crolla svenuto.
Ce la faremo, è il mio ultimo pensiero prima del black out.

venerdì 24 aprile 2009

La base per ogni rapporto sano è instaurare un bel dialogo

Oggi tesissimo confronto tra me e il Pupo, cinque mesi e mezzo
Lui, guardandomi con intensità: "Gaaaa".
Io: "Pupo, perché hai ripreso a svegliarti due, anche tre volte per notte? Non sai che la mamma è esausta?".
Lui: "Prr".
Io: "Prr a te. Sono stanca davvero, sai? Se tu dormissi almeno cinque o sei ore di fila nessuno si offenderebbe. Anzi ne guadagneremmo in salute e non sarei sempre sull'orlo del collasso".
Lui: "Ah, ah, ah".
Io: "Lo trovi divertente? Io mica tanto. Che poi tu ti accendi e ti spegni come un interruttore, a me invece ci vuole mezz'ora ogni volta".
Lui: "Ah, ah, ah".
Io: "Bravo Pupo, sei proprio bravo. Come ridi tu non ride nessuno. Però la mamma deve badare a te, e anche alla Pupa, e poi lavora, e deve scrivere il blog, e poi il papà non so perché non è sintonizzato sulle tue stesse frequenze e quindi quando ti svegli e piangi non ti sente".
Lui: "Ah, ah, ah".
Io: "Sì, detta così fa ridere, ma alle due e diciannove di notte è un po' meno comico. Certo, tra qualche anno ci scherzeremo sopra, ma ora come ora sono strabica per la stanchezza, ho delle occhiaie paurose e mi si accentua l'orribile ruga tra gli occhi. Quando sono così stanca al Pam mi chiamano 'signora' anziché 'signorina', e questo è un pessimo segnale".
Lui: "Ah, ah, ah".
Io: "Sì, come no".
Lui: "Ah! Ah!"
Io: "Vabbe', ne riparliamo domani. Stanotte mi prometti di dormire?".
Lui: "Ah, ah, ah! Gaa. Daa. Bo! Prrrr!"
Io: "Quando avrai diciott'anni e uscirai per andare a ballare, la mattina dopo giuro che ti sveglierò alle sette. Il motorino te lo scordi e la Playstation, mi cascasse il cielo sulla testa, se la vuoi te la compri coi tuoi soldi".

giovedì 23 aprile 2009

Dalla culla al lettino

Le lacrime a cui non posso rinunciare
Il passaggio dalla culla al lettino avviene per ragioni di spazio. A un certo punto il bambino diventa troppo lungo, e va spostato. O troppo largo, come nel caso del Pupo, che a cinque mesi è quasi nove chili per 70 centimetri (ma noi gli diciamo che è grosso, non grasso).
Questo comporta, in genere, alcuni inconvenienti: il giaciglio perde la dimensione-mangiatoia cui il neonato era abituato. In confronto, il lettino è una sterminata prateria. Alcuni bambini, come il Pupo, aborrono il cambiamento e manifestano aperto dissenso riprendendo a svegliarsi la notte, pretendendo pure - sfacciati - di mangiare nonostante per peso e altezza abbiano sfondato il centesimo percentile.
La neomamma ringrazia.
Tornando al lettino, esso deve rispettare alcuni standard tecnici, come tutte le attrezzature per l'infanzia.
I manuali danno alcune raccomandazioni, tipo: niente piumini o cuscini fino all’anno di vita; attenzione a che la distanza tra le sbarre non superi i 6,5 centimetri; meglio mettere il neonato sdraiato nella parte inferiore del lettino, perché non possa, scivolando ulteriormente verso il basso, finire con la faccia sotto le coperte. Le mamme registrano scrupolosamente queste indicazioni ma sono molto più attente all’aspetto psicologico del piccolo trasloco. In genere lo trovano commovente e non c’è nulla che si possa fare per convincerle del contrario. Perché in effetti è vero, gli oggetti usati dai propri figli hanno una carica emotiva fenomenale. Ogni cosa che appartenga a un bambino sorride del suo sorriso; la culla in cui ha dormito ha pianto, fino a ieri, del suo pianto.
Attraverso gli oggetti che usano i bambini arrivano a possedere la vita delle persone. Del resto la vecchia culla in giunco con una ruota difettosa è stata la prima casa del Pupo e della Pupa, e prima che ci fossero loro era la casa di altri bambini che io non ho conosciuto. Ora che arriva il momento di metterla via ne sento già la nostalgia e spero o mi illudo di poterla usare ancora per un altro bambino, un giorno.
Allo stesso modo le scarpe col tacco in cui la Pupa ha mosso traballando, per gioco, i suoi primi passi da donna, sono cento volte più belle e più vive di qualunque altra scarpa potrò mai indossare; e le briciole sparse qua e là nell’auto e i fazzoletti usati stropicciati sotto al cuscino e i segni delle manine sulla parte inferiore del vetro di una finestra rendono ogni posto diverso da com’era prima. Lo fanno diventare un luogo amato, e lo fanno respirare.
Il passaggio dalla culla al lettino avviene per ragioni di spazio ma è un passaggio dell’anima oltre che fisico. Forse soprattutto dell’anima. Perché serve coraggio per dire “adesso” e pensare che adesso è ora, serve fantasia per guardare distante e non fermarsi a contare le lacrime, per immaginarsi il futuro e credere che sarà bello, se non più di oggi, almeno altrettanto.

lunedì 20 aprile 2009

Il favoloso mondo dei bambini

Alla Pupa piace
Vi ricordate Il favoloso mondo di Amélie? Qua e là, una voce fuori campo racconta agli spettatori quel che piace fare alla pittoresca fanciulla (ne trovate una traccia qui). E' uno di quei film che bisognerebbe rivedere a intervalli regolari, per volgere gli occhi al bel tempo e scacciare i malumori. Del resto anche la Pupa, che ha quasi quattro anni, è un ottimo antidoto contro il malumore. L'altra sera è venuta da me e mi ha guardato con gli occhi seri.
(Pupa): "Mamma, ti devo dire una cosa".
(Io): "Dimmi, Pupa".
"Allora. Ci sono delle cose che non mi piacciono e delle cose che mi piacciono. Adesso ti dico cosa mi piace. Mi piace:
L'altalena
L'acqua con le bolle
Saltarti in braccio
Julien, il re dei lemuri di Madadascar (!)
Le salviette umide del fratellino
Le salviette quando le lascio fuori e le faccio seccare
L'acqua normale che c'è all'asilo perché non hanno l'acqua con le bolle
Marty di Madadascar
Okay, anche gli altri personaggi di Madadascar
Le Winz (Winx)
I pennarelli
Disegnare con i pennarelli
Che mi passi il mal di pancia
E che tu mi voglia bene".



venerdì 17 aprile 2009

I bambini e i verbi

Come il sole all'improvviso
Stamattina presto la Pupa, quasi quattro anni, era uscita sul balcone a "guardare il sole", cosa che ama molto fare. Ha sbirciato un po' tra i fiori e le piante. E' rientrata in tutta fretta chiudendosi la porta finestra alle spalle, poi ha visibilmente tirato un sospiro di sollievo.
- (Io): "Pupa, che c'è?"
- (Lei): "Avrebbero potuto pungigliarci. Saremmo stati tutti pungigliati".
- "Da chi, Pupa?"
- "Be', dagli api. Sai, quelli gialli e neri", ha risposto con la schiena dritta e lo sguardo limpido di chi è convinto di aver detto una cosa importante.
Ho sorriso e ho pensato: diavolo d'una Pupa. Sa usare il condizionale passato.

giovedì 16 aprile 2009

Ero una brava mamma prima di avere figli

Sentire la mancanza dell'ufficio. Ecco una di quelle cose che non ti aspetteresti mai, e invece
La buona creanza vuole che, quando si avvicina il momento di rientrare al lavoro dopo i mesi di congedo, la neomamma si lamenti. "Il mio piccolone cucciottolone orsacchiottolone mi mancherà tanto tanto", dice arricciando le labbra, facendo anche la vocina per risultare più convincente. "Non so proprio come farò". In realtà, nella maggior parte dei casi, lo sa benissimo.
Superata una prima, comprensibile fase di sbandamento, il ritorno in una comunità popolata esclusivamente da bipedi alti più di 70 centimetri - mediamente anche capaci di controllare gli sfinteri e di portare alla bocca il cucchiaino senza scagliare tutto il cibo sulla parete - è un accadimento salutare. Per il corpo e soprattutto per la mente. Una mia amica mi ha scritto di recente questa mail: "Ora, dopo la Pasqua al mare, sto meglio. I bambini mi distruggono, sono delle belve, mi annientano. Rivoglio la mia vita comoda, accidenti".
A proposito di Pasqua, noi siamo stati via qualche giorno con il Pupo, la Pupa e un'altra amica che si è offerta volontaria per darci una mano. Si è davvero immolata, passando lunghe ore a spingere la Pupa sull'altalena - a dispetto del fisico atletico, quando sale sull'altalena la piccola si finge poliomielitica e tiene le gambe immobili. Dopo due giorni di questa vita, la mia amica mi ha detto: "Non so come fai a stare ancora in piedi. A me sono bastate 48 ore con tua figlia per sentirmi a pezzi". C'è da dire che lei ha dato il 100%, mentre una neomamma impara ben presto come risparmiare, almeno in parte, le energie, per esempio dilatando artificiosamente la durata della sua permanenza in bagno (io ho cominciato a portarmi dietro i giornaletti, come fanno i maschi, per ritagliarmi un'oasi di pace di quindici minuti almeno).
Ma avere un bambino è davvero faticoso. E quando si torna al lavoro è tutta un'altra cosa. Ah, la suprema, perfetta armonia di otto ore - nove, se si includono i trasferimenti - trascorse senza pensare a nulla. Be', insomma, quasi.

domenica 12 aprile 2009

La mia piccola delinquente

La Pupa ha rubato un cuore - No, non è una metafora
L'altro giorno ho lasciato il Pupo con la baby sitter e sono uscita assieme a mia mamma e alla Pupa per un "giretto rilassante".
Uscire con un bambino, anche se sta per compiere quattro anni, in realtà non è mai rilassante. La Pupa poi, in particolare dalla nascita del suo fratellino, ha sviluppato una serie di astute strategie che mirano allo sfinimento dei suoi accompagnatori. Tentare di slacciare la cintura di sicurezza del seggiolino quando viene trasportata in auto, minacciare di gettare un oggetto dal finestrino, gettare effettivamente l'oggetto in questione (quanto più è prezioso per lei, meglio è: così poi può piangere come una pazza perché l'ha perso), il tutto ripetendo ossessivamente la stessa frase come Jack Nicholson in Shining (vi ricordate "Il mattino ha l'oro in bocca"?) sono solo alcune delle suddette strategie.
Comunque, dicevo: l'altro giorno io, mia mamma e la Pupa siamo andate in un bellissimo, gigantesco negozio di bric-à-brac. Sempre da quando è nato il fratellino, la Pupa insiste per essere trasportata in passeggino (il che ci costringe normalmente a girare in questa formazione-tipo: Mike Delfino tiene il fratellino, cinque mesi per quasi nove chili, in braccio; io spingo la Pupa seduta sul passeggino del Pupo).
Prima di avere figli consideravo questo negozio un posto rilassante e piacevole. Poca gente, corridoi larghi, molta luce, piante ovunque eccetera. Ma con la Pupa è un incubo, perché vuole toccare tutto e comprare tutto. L'altro giorno ha posato gli occhi, tra l'altro, su: levapelucchi elettrico, pelacarote, borsa per gli attrezzi da giardino, sottopentola a forma di cuore in silicone, attrezzi da giardino senza borsa, fertilizzante universale, libro sulla cucina molecolare, armadio in teak, arredo bagno in rovere moro laccato lucido. Davanti a ogni oggetto strillava: "Mamma, ti di-co-una-co-sa: questo dobbiamo proprio prenderlo". Mi sono fatta l'appunto mentale di non portarla più in quel negozio fino al 2019, ma per fortuna, molto orgogliosamente, alla fine sono riuscita a convincerla a uscire praticamente senza aver fatto acquisti - okay, tranne la borsa per gli attrezzi da giardino.
L'ho già detto da qualche parte, ma devo mettermi in testa che quando la Pupa è troppo tranquilla sta architettando qualcosa. E' passata dalle casse in silenzio, con un vago sorrisetto sul volto. Non ha pianto perché non le avevo comprato nulla. Mia mamma la spingeva, io ho pagato, siamo uscite. Arrivate alla macchina le ho chiesto di scendere dal passeggino per piegarlo. L'ho vista esitare. Poi ha spostato di un centimetro le morbide chiappette. Quel tanto che bastava perché da sotto i suoi pantaloni vedessimo spuntare all'improvviso l'estremità rosa di un sottopentola in silicone, a forma di cuore.

mercoledì 8 aprile 2009

La pelle dei bambini

La pelle dei bambini è una trappola di seta
Dice la scienza che è molto delicata: non è ancora in grado di creare quella barriera protettiva invisibile formata da acqua e grasso (il cosiddetto film idrolipidico) destinata a rafforzarsi col tempo.
Dice ancora la scienza, e con lei il buon senso, che va curata. Con attenzione: perché il neonato suda poco, il suo ph è troppo poco acido, la flora batterica scarsa, e allora ecco i microbi, le infezioni, i funghi eccetera. Tutto spiegato molto bene qua.
Tutto giustissimo e sacrosanto. Senonché, aggiungo che la pelle di un bambino è bellissima. Morbida, liscia. Ogni pelle ha il suo profumo, riflettevo l'altra notte: la Pupa sa di mare e di spezie, il Pupo di vaniglia e a volte un pochino anche di pane. Li riconoscerei tra mille anche solo annusandoli. Mamme depresse perché allo specchio vi vedete stanche, consolatevi pensando all'odore della pelle di vostro figlio. Di cosa sa?
E poi, magari in controluce, guardatelo: è perfetto. E' trasparente, attorno agli occhi. Ha un volto senza ombre, l'incarnato roseo. Se potete prendetevi cinque minuti, scaldatevi le mani e ungetela con l'olio di mandorle, questa pelle di latte. Massaggiate il pupo dalla punta del mignolo dei piedi fino al collo, senza perdere il contatto. Ogni centimetro quadrato di pelle ha centinaia di recettori sensibili. Ogni carezza che gli fate è una cascata d'amore. Il volto no, invece, non massaggiatelo. Quello copritelo di mille baci e mille ancora, scendendo fino a quel posticino segreto tra l'orecchio e l'incavo del collo del vostro bambino. Fatelo ridere a garganella, prima che diventi abbastanza grande da cominciare a ribellarsi.

Altri trucchi per svezzare un neonato

Da cui si evince che non tutti i bambini sono uguali
Il rapporto tra bambini e cibo è una delle classiche cose su cui, in famiglia, si ride quando i figli crescono ("Quand'eri piccino mi hai fatto diventare pazza"), augurando loro di partorire neonati anoressici ("Così capirai cosa vuol dire"). La Pupa ha sempre mostrato apertamente la sua ostilità nei confronti delle pappe. Alternava momenti di manifesta indifferenza a smorfie di cupa disperazione. A complicare il quadro, il fatto che cambiava gusti continuamente. Ha mangiato la banana fino agli otto mesi, poi basta. Lo yogurt fino ai nove, poi basta. La mela solo tra i sei e i sette mesi. Anche oggi è impossibile prevedere con assoluta certezza quel che le piacerà e quel che no. Il suo è uno snervante astensionismo gastronomico a rotazione.
Ricordo a chi mi stesse leggendo e avesse perso il post precedente che nel mondo occidentale nessun bambino muore di fame e che i neonati soprattutto si autoregolano alla perfezione, mangiando sempre ciò di cui hanno bisogno.
Ma, se vostro figlio fa storie, la fase del pasto potrebbe caricarsi di tensione (più per voi che per lui) e diventare uno dei momenti meno piacevoli della giornata.
Per contro, se il vostro bambino è un golosone, come il mio secondogenito, mangerà qualunque cosa gli capiti a tiro con vostra grande soddisfazione. Il Pupo, che non ha nemmeno cinque mesi, manifesta vivo interesse nei confronti di sushi, pizza, 'nduja, impepata di cozze, crostacei e in generale qualunque cibo potenzialmente nocivo per un neonato. Ho cominciato a dargli la frutta quando ha compiuto quattro mesi, perché apriva la bocca e faceva schizzare gli occhi all'infuori schioccando la lingua se solo percepiva la presenza di un alimento nella stessa stanza in cui si trovava lui. Ha già assaggiato patata bollita, carota, pesce ai ferri, parmigiano, alla faccia delle raccomandazioni sullo Svezzamento dopo il sesto mese, e gli è piaciuto tutto: ora viaggia al ritmo di cinque poppate di latte, più una pera, più una banana al giorno (a proposito della banana, ieri ho pregato mio padre di dargliela al posto mio. L'ho trovato che teneva il Pupo in braccio e gli cacciava in bocca il frutto intero. Il Pupo, con le sole gengive, era già riuscito a ingurgitarne più di metà. "Papà, ma non l'hai schiacciata con la forchetta?" gli ho chiesto esterrefatta. "Mi è sembrato che non ce ne fosse bisogno," ha risposto lui. Il Pupo, in effetti, gorgogliava felice).

martedì 7 aprile 2009

Tutti i trucchi per svezzare un neonato

Riflessioni schematiche sul fatto che i neonati mangiano quel che vogliono (con grande cruccio delle mamme)
Prima Legge della Puericultura: nel mondo occidentale nessun neonato muore di fame.
Seconda Legge della Puericultura: nel mondo occidentale, nessuna mamma è immune dall'ansia, quando si avvicina l'agognato e assieme temuto momento dello Svezzamento.
Lo Svezzamento (la maiuscola è d'obbligo vista l'importanza del tema) in pratica significa:
a) liberarsi dalla schiavitù del latte, e questo è bene. Vuol dire che una volta ogni 40/60 giorni riuscirete ad andare al cinema, affidando il pupo a una baby sitter/nonna/sorella volenterosa che lo nutrirà al posto vostro.
b) incominciare a produrre a ritmo serrato orribili pappine che voi non mangereste nemmeno con un fucile puntato addosso, e questo è un pacco.

Avendo avuto due figli ho capito che:
Per quanto buone siano le pappe che preparate, se il vostro bambino mangia per vivere e non viceversa (il che è, in assoluto, un atteggiamento sano) è molto probabile che schifi tutto ciò che gli mettete davanti. La Pupa ha sempre fatto così, e anche ora che ha quasi quattro anni non è certo una ghiottona. Con lei ho cominciato lo Svezzamento rigorosamente a partire dal sesto mese compiuto, non ho mai usato omogeneizzati ma sempre e solo frutta fresca, carne cotta al vapore e poi amorevolmente sminuzzata, crescenza e ricotta biologica, ho rispettato tutti i dettami sull'introduzione graduale degli alimenti. Eppure ricordo i primi mesi come infernali. Ecco i metodi adottati dalla Pupa, che molte mamme riconosceranno:
- a. Metodo "Non passa lo straniero”: il bambino tiene le mascelle serrate. Vi guarda negli occhi e visto che non sa ancora parlare vi comunica il seguente messaggio subliminale: ehi, bella. Ci conosciamo io e te, vero? Bene. Se credi che io introduca nella mia bocca anche un solo grammo di quella sbobba, sei pazza.
- b. Metodo “Credevi fosse amore, e invece era un calesse”: il bambino apre la bocca giulivo e incoraggiante, sorridendo gentile. Baldanzose, partite con un cucchiaio di pappa che lui finge di inghiottire. La rumina un po’, poi vi guarda negli occhi come nell’esempio precedente, ammicca e op!, la sputa spruzzandola qua e là in modo salomonico: un po’ su di voi, un po’ su se stesso, un po’ sul seggiolone.
- c. Metodo “Houdini o dell’Illusionista”: il bambino inghiotte senza problemi il primo e anche il secondo cucchiaino di pappa. Rese più scaltre dall’esperienza precedente, gli schiacciate le guance per costringerlo ad aprire la bocca e verificare che abbia deglutito. Lui vi guarda negli occhi – lo fa sempre, è per fregarvi meglio in seguito – e vi sorride rassicurante. Tirate un sospiro di sollievo. Poi vi girate a prendere un tovagliolo e quando vi girate di nuovo, et voilà! Il piatto è sparito. Lo ritroverete a primavera sul ripiano più alto della libreria, dove il neonato l’ha inspiegabilmente fatto volare.
- d. Metodo “Madre, perché mi fai questo?” (o “Ricatto morale”): il bambino inghiotte un solo cucchiaino di pappa, poi strabuzza gli occhi, inizia a produrre versi disgustosi con un rumore impressionante e si provoca il vomito. Notare come si tratti della sua tecnica preferita in presenza di estranei. Alla fine scoppia a piangere guardandovi negli occhi.

Può anche darsi che il neonato alterni gli atteggiamenti di cui sopra, a rotazione, o che ne adotti due contemporaneamente all’interno dello stesso pasto. Guide e manuali raccomandano sempre di non insistere e di non spingere il bambino a mangiare controvoglia, perché questo potrebbe dare origine a disturbi alimentari che si protraggono per anni. Tutti i libri sono pieni di precisissime tabelle da seguire per un corretto svezzamento: i cibi che vengono proposti e le regole di base sono sempre le stesse e tutto ruota attorno a un concetto, quello di gradualità. Gradualità nell’introdurre alimenti nuovi, nel rispettare i tempi del bambino, nel lasciare che il passaggio dal seno (o dal biberon) al cucchiaino avvenga in modo dolce, senza forzare.
Il rancio del neonato è monotono e deprimente, come e peggio del menù dell’ospedale. D’altronde, se va bene, a sei mesi un bambino ha due denti, e questo limita necessariamente la gamma di opzioni disponibili. Prima di avere un figlio non avevo un’opinione precisa su quel che mangia una creatura di pochi mesi. In effetti non mi ero mai posta il problema. Forse pensavo che i bambini non mangiassero affatto.

lunedì 6 aprile 2009

Quando il bambino è sonnambulo - Incubi notturni

Non fidatevi di chi vi dice "Il mio dorme tutta la notte" perché quasi certamente sta mentendo (a meno che suo figlio non abbia già compiuto diciott'anni)
Ho capito di essere troppo stanca la notte che nella culla accanto al mio letto qualcosa si è messo a frignare e io ho cercato di spegnerlo con la mano, più volte, prima di accorgermi che si trattava del Pupo e non di una radio sveglia.
Avrete sentito dire che la privazione del sonno è una forma di tortura.
Impedire sistematicamente a qualcuno di dormire può causare addirittura paranoia e allucinazioni. Anche senza arrivare a tanto, di certo tra le difficoltà dei neogenitori c'è quella di non riposare abbastanza. Prima di avere un figlio non sapevo cosa volesse dire sentirsi sempre esausti, e adesso trovo fastidiosi i manuali che suggeriscono: dormite quando dorme il bambino, dimenticatevi le notti di sonno filato, fate piuttosto tanti sonnellini di due o tre ore, imparerete a trovarli rigeneranti. Sì, forse a novant'anni, dico io, e poi un essere umano adulto non si accende e spegne con la stessa facilità delle lucine a intermittenza di un albero di Natale. E per chi ha più di un figlio le cose si complicano orribilmente - nel momento in cui il Pupo piccolo dorme, all'improvviso la Pupa grande ha un attacco di otite e bisogna correre dal pediatra; quando la Pupa grande crolla, per il Pupo piccolo è ora del corso di nuoto; e così via, in una serie di variazioni sul tema deliziosamente intricate che hanno un unico risultato, quello di lasciare libere per il riposo intercapedini di venticinque minuti giornalieri - con conseguente, inevitabile sfinimento della mamma.
Infatti in genere ai papà le cose vanno meglio. Quando la mia amica Luisa, alla nascita della sua primogenita, mi aveva confidato di usare i tappi per le orecchie in modo che a svegliarsi fosse il marito, l'avevo trovata vagamente eccessiva. Ora che entrambe abbiamo avuto il secondo non più. Ora i tappi li uso anch'io, ma purtroppo anche in questo modo riesco a sentire i richiami dei Pupi
meglio di Mike Delfino.
(Io): "Mike Delfino, vai per piacere. Il Pupo sta pigolando, mettigli il ciuccio, io mi sono già alzata due volte stanotte".
(Mike Delfino): "Mmmmggggg".
(Pop - rumore di un tappo tolto dall'orecchio
): "Mike Delfino, non ti riaddormentare. Prima della nascita del Pupo mi avevi detto che saresti stato 'come di vedetta', che avresti avuto la situazione sotto controllo, che nottetempo ti saresti alzato per tenermi la manina e prepararmi l'orrida tisana al finocchio. Non ti avevo creduto neanche per un secondo e infatti niente di tutto questo è avvenuto ma giustocielo, almeno quando ti prendo a gomitate, per piacere e in nome dell'amore che ho per te, vuoi provarci tu a fare riaddormentare il Pupo?"
(Mike Delfino): "Mmmggààattato?"
(Trad. "L'hai già allattato?")
(Pop - Secondo tappo tolto): "Sì, l'ho già allattato. Ha solo perso il ciuccio".
(Mike Delfino): "Mmmhòraaho"
(Trad. "Ho capito. Ora faccio il mio dovere, cioè mi alzo e vado lì")
Di solito a questo punto sono perfettamente sveglia e ci impiego un'altra ora a riaddormentarmi. Ma a distruggermi non è la routine - i due o tre risvegli per notte - bensì gli imprevisti. Come l'altra sera: abbiamo festeggiato il mio compleanno con una trentina di amici, a casa nostra. Abbiamo offerto un aperitivo e poi, verso le 21.30, abbiamo (garbatamente) sospinto gli ospiti verso la porta. Tutti si stavano divertendo e saremmo andati avanti fino all'una di notte, ma il Pupo andava allattato e la Pupa, che normalmente va a letto alle 21, era già ipereccitata e oltre il livello di guardia.
Certe imprudenze si pagano. Infatti, verso le due del mattino, dalla sua stanza:
(Pupa): "Vogliofareilbagno vogliofareilbagno vogliofareilbagnoooooooo!"
(Io, in un picosecondo al suo capezzale, tuonata come se mi avesse investito un autotreno): "Pupa, amore mio, stai calma, la mamma è qui accanto a te. Ora dormi amore che alla mamma sono venuti i capelli bianchi e Mike Delfino ha un infarto in corso".
(Pupa, urlando ancora più forte, senza dar mostra di accorgersi della mia presenza): "Vogliofareilbagno vogliofareilbagno vogliofareilbagnoooooooo! Ho detto che voglio fare il bagnooooooo!"
Nella penombra della stanza l'ho guardata. Teneva le palpebre serrate e i pugni stretti. Strillava a più non posso, seduta sul letto, e per quanto cercassi di rassicurarla sembrava che non mi sentisse.
Il mio neurone superstite ha ripescato l'informazione necessaria a decifrare quel comportamento bizzarro: il suo era pavor nocturnus, in italiano terrore notturno, un disturbo del sonno che colpisce i bambini in età prescolare e che spesso fa seguito a cambiamenti improvvisi in famiglia o eventi traumatici o particolarmente eccitanti (vedi festa). In pratica si tratta di una specie di sonnambulismo da Pupi, del tutto innocuo (per il Pupo. Per i genitori un po' meno) e che va arginato calmando il piccolo dolcemente, senza cercare di svegliarlo, finché non torni spontaneamente a dormire. Il problema è che il bambino può impiegare alcuni minuti a farlo, come un'ora (a me l'altra notte è andata bene). C'è un sito interessante, Il bambino felice, in cui un illustre pediatra cerca di aiutare i genitori, sia ad abbattere il numero dei risvegli notturni che a sdrammatizzarli. Questo paziente signore risponde a chiunque gli scriva dispensando consigli e insistendo molto su un concetto: "Non vi preoccupate, tra due/tre/quattro anni passerà, e ne riderete tutti assieme". Che voi nel frattempo per la stanchezza siate diventate strabiche, al galantuomo di cui sopra - giustamente - non importa un ciuffo.

sabato 4 aprile 2009

Ancora sui bambini e il nuoto

La mia bambina fa tardi la notte e vuole sempre stare nuda, se va bene farà la cubista
La mia amica Sonia mi ha mandato un'email che mi ha fatto molto ridere. Mi prendo la libertà di pubblicarne una parte: "Quanto al capitolo acquaticità, ci avevo pensato anche io, ma come te mi sono svegliata tardi e l'unica disponibilità è il mercoledì alle 9.30. Per me è impossibile! Anche perché non esiste che io la sera prima riesca ad andare a letto presto. E poi mi preoccupa l'idea del dopo-piscina. Come fai a preparare te stessa e il Pupo? Ci vuole un accompagnatore, vero? Magari tu non hai problemi perché il Pupo è bravissimo. Ma io come faccio con una bambina che dopo il bagnetto non vuole mai rivestirsi? Ebbene sì. Fa tardi la notte, si sveglia abbastanza tardi la mattina, sorride a tutti e vuole sempre stare nuda... Se va bene farà la cubista. Ma se va bene!"
Cara Sonia, per rincuorarti dico: non ti devi preoccupare. In piscina si riesce ad andare anche senza accompagnatori, soprattutto se si è atletiche come te. Grazie al cielo i luoghi in cui si tengono i corsi di acquaticità per neonati sono tutti attrezzati con fasciatoi, box e altri orpelli utili a facilitare la vita alle mamme. Da quando ci vado, solo una volta mi è successo un incidente: quando la Pupa aveva cinque mesi, è caduta dal fasciatoio sul pavimento a piastrelle (!). Sebbene il fasciatoio medesimo fosse a trenta centimetri da terra, mi sono molto preoccupata e ho pianto anche più forte di lei. Alcune signore sono corse in mio aiuto, sentendo le urla: una ha preso la Pupa, le altre due hanno sorretto me. Ovviamente non era successo nulla di grave, ma mi sono così spaventata che uscita dalla piscina ho telefonato alla mia pediatra dell'epoca per essere rassicurata sui possibili traumi cerebrali della Pupa. La pediatra mi ha liquidato in un intervallo di tempo inferiore a quel che impiega (restando in tema di nuoto) Michael Phelps a fare i 100 m a delfino. Le è bastata una manciata di frasette a raffica: "Signorahoun'altrachiamata ladevosalutare asuafiglianonèsuccessonulla maleipiuttostosidiaunacalmata anzivuoleunconsiglio? Faccia un bel corsodiyoga".
Cara Sonia, l'incidente del fasciatoio è servito a darmi la certezza (dubbi ne avevo già avuti, e molti) che quella donna fosse un'analfabeta emotiva. E così ho cambiato pediatra (ma questa è un'altra storia, e ci torneremo sopra).
Per altre riflessioni sull'acquaticità per bambini, vi rimando ai commenti al mio post precedente. Soprattutto quello di Irene (che alcuni di voi ricorderanno come "Mamma Igiene").

Per i più pigrotti: link per acquistare il mio libro senza fare sforzi

Ricordandovi che è appena uscito, e se voleste acquistarlo (anche per regalarlo)
Lo trovereste qui. Oppure qui. E anche qui (l'elenco potrebbe proseguire, ma lascio alla vostra libera iniziativa il compito di ulteriori ricerche). In buona sostanza, un po' dappertutto. Dunque, non aspettate!

giovedì 2 aprile 2009

Nuoto per neonati

Il Pupo, 4 mesi per 8 chili, è uscito indenne dalla sua prima lezione di acquaticità. Di qui ai tuffi di testa il passo è breve
Dopo i 3 mesi - cioè, dopo le prime vaccinazioni, che vengono richieste da qualunque struttura sportiva - i bambini possono cominciare a frequentare un corso di nuoto. Meglio sarebbe dire di "acquaticità", nel senso che il nuoto vero e proprio si impara dai 3 anni in poi; ma è utile cominciare da neonati, soprattutto perché il ricordo della vita prenatale (= nel liquido) è ancora vivido, e poi perché per un neonato andare in apnea è più facile che per un adulto. Fino all'anno di vita, infatti, quando il bambino mette la testa sott'acqua chiude automaticamente l'epiglottide e interrompe la respirazione, tornando a comportarsi come quand'era nella pancia della mamma, anche se solo per pochi secondi.
Quindi, non beve (o beve meno).
I corsi di acquaticità coi bambini (noti anche come aqua-baby) rappresentano anche, per le mamme, un ottimo metodo per smaltire i chili in eccesso, poiché il dispendio di energie che richiedono è paragonabile a quella di una giornata di speleologia o sci di fondo (scegliete lo sport che vi sembra più faticoso e immaginatevi di praticarlo per otto ore di fila). Anche se la lezione in sé dura solo mezz'ora, il prima e il dopo sono laboriosissimi.

Intanto dovete arrivare alla piscina.
Se come me avete ciccato i tempi della prenotazione, l'unico slot rimasto disponibile è quello delle 9.30: per una neomamma, praticamente l'alba. Se prima di avere un figlio impiegavate circa 30 minuti per uscire di casa, ora dovete moltiplicare i tempi più o meno per 4. Anche le operazioni più semplici diventano faticosissime. Se avete due figli, moltiplicate per 8.
La sera prima del corso andate a letto alle 20, "per essere riposate". Con l'ora legale c'è ancora luce fuori, ma voi non ci fate caso. Nonostante vi siate ripromesse di preparare la borsa con tutto l'occorrente per voi e per il bambino in anticipo, alla fine per qualche ragione misteriosa non l'avete fatto. A letto non riuscite a prendere sonno, un po' perché persino le galline del pollaio del proverbio sono ancora sveglie a quest'ora, un po' perché siete in pensiero per la borsa (ma la pigrizia vi impedisce di alzarvi per prepararla). All'una finalmente vi addormentate.
La mattina dopo, nell'ordine: 1. Saltate la colazione. In piscina ci sono i distributori automatici, pensate - che c'è di meglio di un bel caffé alla macchinetta per cominciare la giornata?
2. Non vi lavate. In piscina finirete comunque in acqua, pensate - che c'è di meglio di un tuffo nel cloro per rinvigorirvi e idratare la pelle?
3. Infilate direttamente il costume sotto i vestiti. Questo vi farà risparmiare tempo negli spogliatoi, pensate - (provato per voi: una volta ho dimenticato di mettere in borsa la biancheria intima, e uscita dalla piscina sono andata in giro senza mutande per tutto il giorno).
Ieri mattina, dopo aver compiuto queste operazioni, ho affidato a Mike Delfino, perché la portasse all'asilo, una Pupa particolarmente recriminatoria. Si era svegliata facendo uno dei suoi annunci: "Mamma, non solo voglio stare nella stessa stanza in cui sei tu. Voglio essere nel punto esatto in cui sei tu. Sempre". Mike Delfino, con maschia ma garbata risolutezza, grazie alla forza di venti braccia mi ha strappato la Pupa di dosso. A quel punto avevo già perso 2.000 kilocalorie (più o meno il fabbisogno giornaliero di un essere umano adulto). Copiosamente sudata nonostante la giornata fosse freddina, mi sono gettata il Pupo in spalla e sono corsa in strada, dove mi aspettavo che mi aspettassero (perdonate il bisticcio) due amici con relativo neonato, come me iscritti al corso. Sono rimasta lì per un quarto d'ora meditando sui casi della vita e sul fatto che a sapere che erano in ritardo avrei anche potuto fare colazione. Al loro arrivo non ho detto nulla, da vera signora. Del resto erano trafelatissimi e ho immaginato che avessero i loro motivi.
Siamo arrivati in piscina alle 9.43.
Alle 9.48 avevamo: perfezionato l'iscrizione (pagato e consegnato documenti. Io avevo dimenticato tutti i certificati di vaccinazione, buona salute eccetera). Cambiato i bambini vestendoli con gli appositi pannolini "swimmers" (operazione simile a quella di infilare un polipo vivo in un sacco). Indossato ciabattine (rischiato di scivolare più volte nel viscido tragitto tra spogliatoio e piscina). Pensato che forse ci saremmo fatte la pipì addosso in vasca, come da bambine, perché non avevamo avuto il tempo di andare in bagno (rischio evitato per un pelo).

E poi, finalmente, tutti in acqua.
Il Pupo non ha mai pianto. Si è divertito tantissimo. Ha anche fatto la sua prima immersione con la testa sotto. La maestra si complimentava. Gli altri frignavano, lui rideva. Ha riso per tutto il tempo. All'uscita, nello spogliatoio, una scolaresca (bambini delle elementari) in transito ha espresso un rumore pari a 140 decibel accanto alle orecchie dei neonati. I piccoli comprensibilmente si sono agitati, alcuni disperandosi un po'. Il Pupo continuava a ridere e faceva l'involtino (da supino a prono, e viceversa), come rigirandosi allegramente su un grill, nel box in cui l'avevo adagiato. E rideva, e rideva. La maestra mi ha detto: "Sei una brava mamma, si vede che il tuo bambino è sereno perché tu sei serena. Non sente la tensione, perché non c'è tensione. Vedi com'è tranquillo?"
Uscita di lì sono riuscita a prendere il famoso caffè al distributore automatico. Sorseggiandolo e ustionandomi la lingua mi sono fatta l'appunto mentale di indire un referendum per l'abolizione dei distributori automatici e delle loro brodose, insulse bevande. Mentre mi avviavo verso l'auto dei miei amici con il solito Pupo buttato sulla spalla, ho sentito che avevo le gambe molli e mi tremava leggermente l'occhio destro. Non ho detto nulla, e ho continuato a camminare sperando che i miei amici non lo notassero.

Gli amici immaginari dei bambini

La Pupa a 4 anni è già un'emarginata perché ama Pippo e Topolino
La fervida fantasia della Pupa ci ha procurato una convocazione da parte delle maestre d'asilo.
(Maestra 1, con delicatezza): "La bambina, ehm, si affida troppo alla mediazione dei personaggi per esprimere le sue emozioni".
(Io): "In che senso, scusi?"
(Maestra 1): "Se non vuole fare qualcosa, affida a Topolino & co. il compito di rispondere in sua vece".
(Io): "Come, a Topolino?"
(Maestra 2, in soccorso): "Be', dice per esempio: 'Questo lo fa anche Topolino, ma a Pippo non piace'. Gli altri bambini non la capiscono e così lei si isola un po'".
(Io): "Sì. Temo che sia perché in effetti a casa ci divertiamo molto a inventare giochi con i personaggi Pisney".
(Maestra 2): "Pisney?"
(Io): "Sì, la Pupa li chiama Pisney. E' stata la ziaBubu, e cioè mia sorella, a storpiare il nome. Ci raccontiamo un sacco di lunghe storie i cui protagonisti sono Paperino, Minnie, Clarabella... ci aiutiamo anche con i pupazzi di peluche o di plastica. Piacciono a tutti e così creiamo assieme decine di imprese e avventure. Forse è colpa nostra. Con i nostri racconti fantastici stimoliamo troppo la sua fantasia".
(Maestre, all'unisono): "Eh, sì".
(Io, rassegnata): "Bene. Ho capito. D'ora in poi basta con le storie Pisney. Avanti le Winx".
(Maestra 1, annuendo vigorosamente): "Sì, forse è meglio. Perché vede, le compagne della Pupa hanno tutte una Winx, e ne parlano spesso. Invece Topolino e Pippo non sono molto in voga".
(Io): "Infatti la Pupa mi ha chiesto di averne una. Vorrà sentirsi simile alle altre bambine".
(Maestra 2, esplicativa): "Vede? In questo modo la aiutiamo a socializzare meglio. Altrimenti il rischio è che con quell'immaginazione così fervida resti sempre in un mondo a parte, rispetto agli altri".
(Io, sospirando): "Capisco. Devo dire che succedeva anche a me, da piccola. E in effetti sono finita a scrivere storie per mestiere".
(Maestra 1, rassicurante): "Sì, ma guardi che non è necessario far sparire del tutto i personaggi Disney".
(Io): "Va bene. Ci limiteremo a mandarli un po' in disgrazia".

mercoledì 1 aprile 2009

OGGI E' USCITO IL MIO LIBRO!


Eccolo qua:
Ero una brava mamma prima di avere figli (guida pratica per sopravvivere al primo anno di vita del bambino, ed. Rizzoli)
Se il blog vi diverte, comprate anche il libro...