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venerdì 22 febbraio 2013

Sei madre abbastanza?

Se puoi, ti prego, torna con la luce
Anche se lavora fuori casa, l’italiana media svolge mansioni domestiche 80 minuti al giorno più del proprio partner: lo dice una ricerca dell'Università Bocconi, e in ogni caso sono questioni su cui ultimamente siamo chiamate a riflettere molto. «Una bella ora e 20 di frenetico sciacquare, riordinare, rassettare, prima o dopo aver dato il proprio contributo al Pil», scrive la mia collega Silvia Orlandini su Gioia: «sulle spalle delle donne, occupate o no, grava il 75 per cento del lavoro domestico, inteso come cura della casa, dei bambini e degli anziani». E solo la settimana scorsa, sempre per il mio giornale, ho intervistato Loredana Lipperini, che in questi giorni ha pubblicato Di mamme ce n'è più d'una (Feltrinelli). Leggetelo.



Il problema è che in Italia, negli anni Dieci del terzo millennio, se sei donna "devi" essere madre. Questo pensa la gente. E, soprattutto, devi esserlo bene. Il che accade anche all'estero, a dir la verità: la copertina di Time che vedete qui sopra è stata pubblicata nel maggio 2012 e ritrae una donna vera, una madre (intendo dire che non è una modella, anche se lo sembra) che allatta suo figlio di quasi quattro anni. Condizione essenziale, come spiega lei stessa, «per farlo crescere sereno». Tornando a noi, e alla ricerca dell’Università Bocconi, addirittura l’81,4 per cento degli intervistati è convinto che un bambino in età prescolare soffra se la mamma lavora. Come si spiega che invece, nell’Unione europea, questa percentuale scenda al 55,6 per cento? Il "trucco" forse sta nel cominciare con il piede giusto (cioè sbagliato): «In Italia le donne sono il 60 per cento degli studenti universitari, ma il 22 per cento decide di non iniziare nemmeno un percorso professionale», mi ha spiegato la Lipperini alzando un sopracciglio mentre addentava un rombo in crosta, un sabato a pranzo.
Durante il Festival di Sanremo, pochi giorni dopo Ho incontrato due mamme blogger che conoscevo già e che, vedendomi, mi hanno chiesto: «E con i bambini come fai?». «Esattamente come fate voi», ho risposto. Ma la domanda mi ha colpito moltissimo: a un padre in trasferta, nessuno si sognerebbe di porla.
Mentre i dati mi scivolano davanti agli occhi Al solito, mi si ribadisce che in Svezia e in Norvegia si sta molto meglio. Riviste e ricerche mi invitano a riflettere: la condivisione - la parità - passa anche dall'affidare il biberon per nutrire il Pupo al maschio (adulto) di casa; dal mettergli in mano una scopa e uno straccio, almeno ogni tanto. Conosco però almeno un blog, che non citerò, in cui resiste e s'amplifica il mito della moglie-mamma-geisha, eroica, insostituibile, che accoglie ogni sera il ritorno del guerriero stanco con un grande sorriso, il trucco rifatto, la cena servita, in grembiule e giarrettiera, «perché i maschi si sa, poveretti, e poi in fondo bisogna capirli». È un blog seguitissimo.
Mi chiedo sempre più spesso Quanto sia colpa anche nostra, anche mia. I pensieri s'intrecciano. Il Pupo ha 40 di febbre per la tonsillite, delira, alle due e mezza di notte si sveglia e chiede con voce cristallina: «Bisogna studiale molti anni pel diventale pompiele?». Normalmente adora la compagnia di suo padre, negli ultimi giorni invece cerca sempre me, mi chiama mammina, mi telefona al lavoro solo per mandarmi dei baci. Mi dice: «Sei bella, hai la pelle come di plimavela». Sono insonne da giorni, esausta. Assecondo stregata le sue richieste da donna incinta: «Puoi andale al supelmelcato a complalmi il cocco?». Sono le sette di sera e sono ancora in ufficio, a mescolare i sensi di colpa al sollievo per aver finito un lavoro importante. Mio figlio stamattina mi ha detto: «Se puoi, ti plego, tolna quando fuoli c'è ancola la luce». Oggi non ce l'ho fatta. A suo papà, del resto, non l'ha nemmeno chiesto.


martedì 12 febbraio 2013

Buongiorno Italia, buongiorno Maria

Succede al Festival
Mentre Crozza a Sanremo tenta di salvare il suo show - chi l'ha visto in tv, in diretta, sa cosa intendo - io dalla sala stampa dell'Ariston posto come una matta interventi sulla pagina Facebook di Gioia. Se venite a trovarmi anche di lì e a dirmi cosa pensate mi farà molto piacere.
A casa i Pupi se la passano piuttosto bene. Nella foto, li vedete in un raro momento di quiete (apprezzate, prego, il movimento perpetuo del braccio destro della Pupa) proprio ieri, la sera prima della mia partenza. Potete anche notare quel che resta di me, mentre spalmata secca sul pavimento con valigia ancora da fare e interviste da preparare concedo ai miei angeli un biberon, strumento come tutti sanno pedagogicamente perfetto per bambini di 7 e 4 anni. Del resto bisogna pur che in qualche modo si consolino: da domenica sono in castigo per aver allagato la mansarda mentre facevano il bagno, tre giorni senza tv con il Pupo che finge di dimenticarsene e ciclicamente ci riprova: «Mamma, posso gualdale un caltone?» e al mio no conclude ogni volta. «Allola non ti voglio più bene. Pelò sei bella».
La tempesta perfetta Stamattina sono partita da casa con le valigie e con la Pupa, che ho accompagnato a scuola in taxi per poi proseguire verso la stazione. Quando faccio queste cose ho sempre il terrore di confondermi, tipo che mando la Pupa in classe con il mio computer e io parto per la trasferta con il suo cestino per la merenda. Miracolosamente non è successo, ma non ho neanche fatto in tempo a ringraziare il cielo e tutti i santi per aver fatto le cose per bene che subito il tassista ha attaccato un Pippotto Universale: è partito dalla neve caduta su Milano e dalle mezze stagioni che eccetera, e in sei minuti netti ha esondato, arrivando a commentare il fatto che io vivo in una zona (molto) multietnica, per concludere con la seguente massima: avere tanti bambini stranieri nelle classi peggiora la qualità dell'insegnamento.
Siamo arrivati in stazione in quel momento, io avevo un treno da prendere e non potevo fermarmi a discutere, gli ho solo detto «Sa una cosa? Se potessi farlo, non la pagherei». Poi sono arrivata qui ed ecco che hop! due (2) disturbatori tra il pubblico dell'Ariston hanno dato del pirla a Crozza durante la sua esibizione e ci mancava poco che lui abbandonasse il palco per lo sconforto. Subito dopo due uomini - Federico e Stefano - hanno raccontato che si sposeranno a New York visto che da noi le leggi non lo permettono, e tutti ad applaudire il bacio, miei colleghi compresi, perché in Italia un bacio tra gay è evidentemente ancora un evento epocale, e io ho collegato gli eventi della giornata e per qualche secondo ho pensato: Crozza in fondo ha ragione, siamo un Paese ingovernabile.  
Nel frattempo i big che dovrebbero esibirsi sul palco dell'Ariston tirano un sospiro di sollievo - per la serie, come tutti andavano ripetendo nei giorni scorsi, "finalmente un Festival centrato sulla musica".

lunedì 4 febbraio 2013

Come faccio a sgridarlo?

Sulla sponda del fiume si è seduta e ha pianto
(Nessun animale è stato scuoiato per il pelo di queste giacche)

Sono tempi terribili - very hard times. Partenza per il Festival di Sanremo la prossima settimana, Pupi ancora da organizzare, malattie diffuse. Si entra da una e si esce dall'altra, i bambini hanno influenze concatenate, io invece è la seconda volta che mi becco il virus gastro, anche noto come "fast&furious" per la sua tempestività e, soprattutto, incisività. Oggi per sedare i crampi allo stomaco ho pure bevuto della camomilla, risultato: testa ciondoloni davanti allo schermo e improvvisi, brevi addormentamenti da cavallo.
Quesiti esistenziali Quello su cui mi sto interrogando è come sgridare efficacemente il Pupo, il quale al Parco del Ticino - dove ieri, approfittando di una giornata primaverile, siamo andati in gita - ha tentato di uccidere sua sorella con un gesto repentino e imprevedibile. Qui sopra lo vedete fotografato di fronte al ricovero di una capretta con la tipica espressione sorniona di chi sta per combinarne una grossa, mentre la Pupa ammicca timida sullo sfondo, l'aria profetica, come interrogandosi sul tema «Quanto a lungo resterò viva, oggi?»
Ferma, ti prego, la mano Poco dopo la tappa dagli ovini abbiamo cominciato una passeggiata nel bosco, fermandoci a un certo punto sul greto del fiume a cercare di far rimbalzare i sassi sull'acqua. Dopo pochi minuti, la Pupa ha cominciato a strillare.
«Uaaaaargh! Aaaaah!»
«Che c'è, Pupa, cos'è successo?»
«Mio fratello mi ha fatto male! Sulla fronte!»
Da un rapido esame dell'area si è subito evidenziato un cospicuo bernoccolo. Come spiegarlo? Le mani del Pupo sono piccole, certo non così forti da lacerare la pelle.
«Pupo, guardami negli occhi».
(...)
«Pupo, ho detto guardami negli occhi e dimmi cos'è successo».
(Segue espressione simile a quella della foto in alto)
«Dimmi la verità. Avevi in mano un sasso?»
«Nooo, mamma».
«Pupo, dimmi la verità, sai che la mamma sa tutto di te e non puoi mentirle».
«Il sasso c'ela, ma non sono stato io».
«Come sarebbe? Ci sei solo tu, qui».
«Sì, ma è stata la mano matta».
«Cosa sarebbe, scusa?»
«La mia mano destla. Fa quel che vuole, non posso contlollalla. Ha pleso il sasso da sola e l'ha tilato a mia solella».
Parlando di mani Se doveste scegliere - e sapendone integra la funzionalità, in un caso e nell'altro - preferireste avere quattro dita per ciascuna mano o sei dita per ciascuna mano? Per piacere rispondete, e spiegatemi le vostre motivazioni. Se potete, da osservatori esterni, svelatemi anche un trucco: come faccio ad arrabbiarmi davvero col Pupo?