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giovedì 27 giugno 2013

Quel che si dice: distogliere l'attenzione

Verranno a chiederti del nostro amore

Una fortuna sfacciata Mentre riascolto compulsivamente vecchie canzoni dei Supertramp fuori il cielo è nero (niente a che vedere con la suggestiva tormenta della foto qui sopra) e io riesco con agio a mantenere una relativa distanza dalle cose essendo tornata da poche ore da una settimana al mare in Turchia, che per giunta la Pupa, 8 anni, ha vinto partecipando a un concorso su internet (ebbene sì. A volte succede davvero).
Ubi tu Gaius, ego Gaia Questa invece era la formula matrimoniale nell'antica Roma. Significa letteralmente: «Dove tu, Gaio» (Gaio, o Caio è nome latino) «sei, lì io, Gaia (Caia), sarò». Ma in italiano suona meglio così:«Dovunque tu sia, lì io sarò». Al liceo mi ero innamorata di queste parole al punto che speravo di sposarmi per poterle, un giorno, usare con qualcuno. Perché mi sia tornata in mente proprio ora lo ignoro, ma l'effetto complessivo è che alcuni commenti idioti - vedi post precedente - mi scivolano addosso, mentre già penso alle prossime vacanze: castelli della Loira con lo scambio casa, a fine luglio.
Treccette e tattoo 

A questo punto devo raccontare che in Turchia i Pupi non si sono comportati male quanto avrebbero potuto. Due animatrici si sono occupate di loro con dedizione, la Pupa poi si è fatta fare tipo 50 treccine («treccette» dice suo fratello), il Pupo un tatuaggio all'hennè a forma di scorpione. Hanno mangiato tutti i giorni patatine fritte, pasta in bianco e carote tagliate a julienne.
Si sono scottati nonostante la protezione 50, si sono fatti dipingere ovunque, sono diventati fanatici dei balli di gruppo, hanno tentato di stringere amicizia con i coetanei russi apostrofandoli invano con improbabili «Ehi, bimbo». La Pupa ha perfezionato il tuffo con salto mortale in avanti (da ferma) e ora si è messa in mente che a otto anni bisogna saperlo fare anche all'indietro, il Pupo nel suo piccolo ha imparato a nuotare senza braccioli e a prendere in mano grossi scarafaggi morti mostrandoli con aria innocente agli ignari passanti: «Non ti inculiosisce questo animale?»
Luce (tramonti a est) L'anno scorso in primavera ho messo un annuncio su un sito: avevo deciso di regalare il lettino azzurro con le sbarre in cui avevano dormito entrambi i Pupi. Speravo di ottenere il famoso effetto «Sigaretta alla fermata dell'autobus», quello per cui quando il bus non passa da una vita tu ti accendi una paglia e zac! all'istante da dietro l'angolo sbuca la maledetta 43. Non so se l'esempio è chiaro ma insomma pensavo: se regalo il lettino, come per farmi dispetto arriverà finalmente un bambino (che cercavo ormai da un anno). Come avrete capito non ha funzionato. Nel frattempo sono entrata e uscita da tunnel di sconforto, ho provato l'omeopatia e l'agopuntura, me la sono presa con il mondo e con me stessa, ho detto a voce troppo alta cose che in questa sede non ripeterò.
Quando in anticipo sul tuo stupore Allora a marzo di quest'anno mi sono detta: vaff, vorrà dire che prendo un cane. Avrò un cane e due figli. Che dirvi? Il tempo di portarlo al parco tre mattine di fila e di svuotarmi un po' la mente da certi pensieri ossessivi. Ora porto in grembo una piccola piccolissima di 16 settimane. Quand'ero incinta di pochi giorni e nemmeno lo sapevo la Pupa mi ha posato la testa sulla pancia e ha detto con tono solenne: «Fratellino, io non ti conosco ancora, ma so che sarai bellissimo». Il Pupo che per caso passava di lì mi ha posato un bacio lieve proprio sotto l'ombelico.
E tanto l'abbiamo desiderata che la piccola piccolissima - almeno provvisoriamente - si chiama Stella.
 


 

lunedì 10 giugno 2013

Scuola & altre catastrofi

E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore
Momenti di grande agitazione sindacale nell'azienda per cui lavoro. Del resto mi si racconta che ovunque è così. È la crisi, si mormora, la crisi cui siamo ormai abituati ad attribuire la colpa di tutto. Nel frattempo la vita in qualche modo va avanti e io mi dedico alla mia prossima inchiesta, sull'homeschooling.
La scuola? Non è obbligatoria E io per tutti questi anni ho pensato di sì. In effetti, a differenza che in altri Paesi, da noi i genitori sono tenuti a «dare un'istruzione» ai figli, non a mandarli a scuola. E chi controlla che i bambini vengano istruiti davvero? Nella repubblica delle banane, nessuno. Mi hanno spiegato che il dirigente scolastico del territorio di competenza (quello di residenza, per intenderci) è tenuto a verificare cosa fanno le famiglie che non hanno iscritto i propri figli a scuola. Tra le altre cose, ha il dovere di «chiedere che i bambini facciano l'esame di idoneità» alla fine di ogni ciclo. Ma le famiglie hanno il diritto «di rifiutarsi di fare l'esame».
In questo vuoto normativo In pratica ciascuno si organizza come vuole. Gli homeschoolers preferiscono essere definiti un-schoolers: poche letterine che fanno la differenza. L'homeschooling significa proporre ai bambini, a casa, lo stesso programma (ministeriale) delle scuole tradizionali. Secondo l'unschooling invece il bambino impara attraverso le proprie esperienze di vita, tra cui il gioco, la vita a contatto con la natura, il rapporto con i genitori e i fratelli. Sceglie cosa imparare e quando impararlo, fin da piccolissimoi. Steiner, Holt, Montessori sono i modelli da cui ciascuno attinge come meglio crede.
Il passaparola sul web È intenso e frenetico. «Voi avete studiato le tabelline?». «A che età i vostri figli hanno imparato a cuocere il pane?». «Oggi siamo stati a visitare la caserma dei pompieri». Alcuni unschoolers fanno frequentare ai figli quelle che si chiamano scuole libertarie, i più radicali li tengono a casa da sempre, possibilmente per sempre, al motto di «i più grandi genii non hanno  ricevuto un'istruzione tradizionale». E giù a far nomi tipo Einstein, Zuckerberg, Gates, Jobs.
Nell'intervistarli Un po' mi innamoro dei loro processi mentali, un po' perdo orribilmente la pazienza. Domando: «Voi genitori che scegliete questo metodo dovete seguire i vostri figli di continuo. Come fa chi ha un mutuo da pagare e non può lasciare il suo lavoro a tempo pieno?». Risposta: «Forse è meglio che non faccia figli». Mi astengo dal far notare che una società fondata su questo principio colerebbe immediatamente a picco, senza contare i decenni di dibattiti sull'emancipazione femminile.
Andate e moltiplicatevi Parlo con una unschooler che ha nove figli. Più in generale, «quelli come loro» sono molto prolifici. «Che vuoi che dica», mi fa lei con semplicità, «è la mia missione nella vita. Quando ero piccola e mi chiedevano "Cosa vuoi fare da grande?", rispondevo, "la mamma"». Mentre ne prendo atto, un brivido mi corre lungo la schiena. Io sarei capace di restare a casa con i miei figli e di fornire loro un'istruzione democratica? Soprattutto, vorrei farlo? Credo di no. Però quando l'altro giorno la maestra del Pupo, 4 anni, mi ha detto di nuovo: «Sai, tuo figlio proprio non si comporta come si deve. Continua a mangiare nella posizione dello yoga, e poi sai, è... insofferente alla Regola», ho avuto tanta voglia di prendere il bambino e di portarlo lontano, tanto lontano da lì. Attendo, al solito, preziose condivisioni di pareri ed esperienze.