Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

martedì 24 aprile 2012

Un appello

Poi dicono che in Italia non nascono bambini. Per forza
Domenica sono caduta in tentazione e ho tagliato la frangia alla Pupa. E pensare che da quando ho l'età della ragione il mio motto è: mai tagliare la frangia a sé stessi o ai propri figli, a meno di non essere parrucchieri professionisti. E invece questa volta l'ho fatto, perché lei insisteva: «Mamma, mi vanno i capelli negli occhi». E infatti: ho tagliato troppo, e tutto storto, e ora la Pupa ha una frangia a zig zag, lunga da due a quattro centimetri, priva di qualunque criterio. Ieri pomeriggio mi ha chiamato al telefono mia madre, che era appena andata a prenderla a scuola, per dirmi: «Complimenti, Paola. Dopo quasi sette anni, sei riuscita nell'intento di far sembrare tua figlia una demente».
Ma la cosa davvero strana è che la settimana scorsa ho messo un annuncio su Subito.it. Il testo più o meno recitava: «Regalo lettino con le sbarre in discrete condizioni, a chi se lo viene a prendere». Questo perché, come sapete, il Pupo è passato al letto normale (nel caso ve lo steste chiedendo: ebbene sì, nottetempo il disgraziato continua a migrare verso camera nostra al motto di «Mamma, io devo stale con te»).  Risultato: in mezz'ora mi hanno risposto in 20. Così ho tolto subito l'annuncio, ho detto di sì al primo in ordine di tempo, e poi mi sono sforzata di scrivere a tutti gli altri, per spiegargli che il lettino non era più disponibile.
Qui sta il brutto, perché un sacco di gente mi ha confessato di aver perso il lavoro, di essere disperata e di non sapere come fare: non dico a comprare un giocattolo al figlio, ma nemmeno i vestiti. Le mutande. I calzini. I grembiuli di scuola. Alcuni mi hanno chiesto se li aiutavo. Sto provando a farlo, organizzando raccolte tra amici e conseguenti spedizioni in vari luoghi d'Italia. Però ecco, insomma, ci sono rimasta malissimo. Perché sono convinta, è vero, che la felicità non passa attraverso il circuito monetario. Ma sentire che ci sono persone che non hanno nemmeno i soldi per prendere un paio di scarpe al proprio figlio mi sembra davvero troppo. E mi chiedo: dove ho vissuto io fin qui, con gli occhi foderati di prosciutto, per non accorgermi che eravamo a questo punto? Che in una manciata di minuti venti poveri cristi ti chiedono se per piacere, per piacere, per piacere possono avere il tuo lettino usato? La crisi ci schiaccia. Che ne pensate? Quali sono le vostre esperienze, dirette o indirette? Avete qualche idea (costruttiva), qualche strategia? Mi è venuta anche l'ideuzza di fare un pezzo su Gioia, a partire da questa storia del lettino. A proposito (e scusate se mi permetto): se avete anche voi qualcosa che marcisce in cantina o in solaio, provate a pensarci, magari, alla possibilità di regalarlo.

martedì 17 aprile 2012

In fuga


Con quei baffetti un po' così (post senza scopo se non quello di strappare un sorriso)

L'altra sera io e Mike Delfino siamo scappati di casa per una cenetta a due al ristorante. Posto carino, intimo, un po' vecchia maniera, cucina tradizionale toscana. Al tavolo accanto al nostro, da sola, era seduta una signora anziana che racchiudeva in sé le seguenti bizzare caratteristiche: sdentata, baffuta, con qualche neo peloso, le sopracciglia depilate e poi ridisegnate, vi giuro, a matita violetta.
La signora in questione ogni tanto allungava le mani verso uno degli avventori. In pratica cercava di toccare chiunque le passasse al fianco. All'inizio la gente si spaventava, poi capiva che la signora in questione non aveva intenzioni bellicose ma voleva solo attaccare bottone. «Come siete carini», ci ha detto dopo un po' che ci fissava. «È il tuo cavaliere?» fa rivolta a me, guardando Mike Delfino. «Sissignora». E lei: «In buona fede, senza malizia, che fortuna avere un cavaliere così!». «Lo dico sempre anch'io, signora». «E di che segno è questo bel giovanotto?». «Del Toro, signora». «Che bel segno il Toro. Fedele, leale, se incontra un amico dopo vent'anni lo riconosce e si ferma a salutarlo. E soprattutto...». «E soprattutto?». «Il Toro è amante del letto, cara ragazza. In tutti i sensi, ahahahah! Senza malizia, eh.»
Dopo qualche minuto di tregua in genere in concomitanza con l'arrivo dei piatti in tavola, la signora tornava all'attacco, come lo squalo dell'omonimo film.
«Io sono presidente della Federazione Internazionale di Ballo. Ho avuto per vent'anni una scuola in via Volta» (in centro a Milano, ndr) «ma adesso è chiusa per le vacanze estive». Ad aprile.
«Che bella cosa, signora. E qual è il suo ballo preferito?». «Il tango. I migliori ballerini di tango sono gli inglesi. In Inghilterra alle cinque del pomeriggio si ferma tutto e le strade si riempiono di persone che ballano il tango. Secondi classificati: Germany, i tedeschi. Terzi classificati: i russi. Gli italiani, invece, nel tango sono pietosi». «Noi due sicuramente, signora». «Non dire così, bella ragazza, vieni a iscriverti a uno dei miei corsi. Io rilascio diplomi che poi vengono vidimati dal notaio e hanno validità internazionale».
Il ballo è vita «Però devi sapere, cara ragazza, che io sono un po' razzista». «Davvero, signora? Peccato, perché allora non andiamo d'accordo». «Eh, sì. Mio marito fa il vigile, ora è fuori di pattuglia in piazza Beccaria, torna alle due di notte. A volte non vuole nemmeno mangiare per lo schifo che vede in giro. Gentaglia. Negri, giapponesi, cinesi» (passa in quel momento un cameriere cinese) «... Tu no. Tu mi piaci, muso giallo. Comunque cara ragazza, dovresti imparare il ballo. Il ballo non è un gioco, ma una cosa molto importante. Riattiva la circolazione. Il ballo è vita. E poi, con un cavaliere così... Posso sapere di che segno è? Senza malizia, eh.»
Ps l'illustrazione che vedete qui sopra l'ha fatta la mia amica Sara, di sua spontanea volontà, dopo aver letto il post.

mercoledì 11 aprile 2012

Raccontatemi tutta la verità, nient'altro che la verità

Mi è esondato il Pupo
Il Pupo sta mandando allegramente in vacca il fin qui infallibile sistema per cui in casa nostra ciascuno, di notte, dorme nel suo letto (tolti i periodi di malattia e i primi mesi di vita di entrambi i bambini). Nei giorni scorsi gli abbiamo fatto un upgrade: dal lettino con le sbarre, in cui praticamente non entrava più, alla cuccetta inferiore del lussuoso letto a castello in cui già da tempo risiede sua sorella.
Mentre prima faceva un po' di storie per andare a dormire - quattro lagne, un piantino, due o tre richiami a gran voce, poi il silenzio - adesso è una snervante altalena di infiniti su e giù dalla camera da letto al soggiorno. E ritorno.
Ma se all'andata Egli transuma verso di noi spontaneo, affrontando la discesa con disinvoltura e autonomia, al ritorno reclama a gran voce un passaggio all'ascensore umano (io, o suo padre) con una buffa espressione, retaggio del passato non lontano (= fino a ieri) in cui parlava a capocchia: «Ambis! Ambis!». Non chiedetemi perché, ma vuol dire «in braccio». Ora. Provate a tirare su venti chili di Pupo per trenta scalini cinque, sei, sette volte e poi ditemi come si sta. Io personalmente faccio un po' fatica.
C'è poi che si sveglia anche nel cuore della notte Già lo faceva prima, ma noi non andavamo, e lui in 30 secondi si riaddormentava. Invece adesso fruk fruk fruk, s'insinua silenzioso nel letto, sempre dalla mia parte. Se interrogato risponde, come in un mantra: «Ho sognato un mostlo, ho sognato un mostlo». A quel punto in genere troviamo la forza di ri-scodellarlo nella sua cuccetta, per goderci ancora qualche ora di tranquilla intimità. Ma poi, verso le sei del mattino, ormai otto volte su dieci torna da noi. Credo lo svegli la cornacchia in giardino, col suo gracchiare. «Pupo, tornatene nel tuo letto». Risposta: «Mamma, io devo stale con te». Il Pupo del resto è quello degli imperativi categorici, e delle iperboli. Se il bambino medio ogni tanto chiede una rassicurazione tipo «Mamma, mi vuoi bene?» lui ha bisogno di qualcosa di più: «Mamma, mi adoli?». Come dire: sotto lo standard della devozione assoluta, lui non scende.
Delitti e castighi Che poi, col favore delle tenebre, volano certe scoppole. Certe mappine. Io fino a poche settimane fa, per dire, avevo un naso perfetto, quasi alla francese (chi mi conosce di persona lo sa bene). Invece ora... e poi sono piena di lividi, ematomi ovunque, mi fa male l'occhio sinistro perché il Pupo, nel sonno, evidentemente crede di essere uno dei mulini a vento di Don Chisciotte. O Ben Ten. O Beibleid, che non ho ancora capito cos'è ma me lo cita di continuo (anzi se qualcuno lo sa e me lo dice, sono contenta). L'altra sera per convincerlo a restare nel suo letto dopo un'ora abbondante di su e giùgli ho detto: «Guarda, Pupo, che finirò col chiuderti a chiave in camera, se non la smetti». La Pupa è balzata dal terrore: «No mamma tipregotipregotiprego». Io, esasperata: «Ok Pupa, però dammi una mano anche tu, cerca di capirmi... Che ne so, prova a intrattenerlo, raccontagli qualcosa, così poi si addormenta». Esco e, appostata dietro la porta, la sento partire con uno dei suoi esilaranti pipponi, rivolta al fratello: «Sai che nel mondo ci sono tante spiagge? Ce ne sono al massimo 83». Che volete che vi dica? Ha funzionato.
Una curiosa eccezione L'altra mattina, improbabile ma vero, il Nano Mentale di cui siamo ostaggio non si è manifestato. Né alle sei, né alle sette, né alle otto. Io mi svegliavo ogni ora, incredula. Finalmente è comparso, alle 8.40, morbido e ancora assonnato. «Pupo, amorino, che bella dormita che hai fatto?». «Sì, mamma», mi ha detto lui dopo un sospiro. «Non ho sognato il mostlo, stavolta. Ma un cuole gigante che pel tutta la notte mi ha cantato la ninna nanna».

E voi, come siete messi a spostamenti notturni? Stamattina al telefono ho chiesto a mia madre: «Mamma, anch'io venivo nel lettone?». «Stai scherzando?» fa lei. «Quel letto, per anni, è stato un presidio permanente. Altro che bed-in di John Lennon e Yoko Ono. La norma, lì dentro, era essere in cinque: noi due, tu e i tuoi fratelli». I gemelli. Quelli con metà cervello a testa, ma questa è un'altra storia.

lunedì 2 aprile 2012

Attesa e nostalgia preventiva



Dicono che c'è un tempo per seminare e uno che hai voglia ad aspettare
La mattina ultimamente sono più di fretta che mai. Ho addestrato la Pupa a percorrere di corsa gli ultimi 400 metri prima di arrivare a scuola, in uno slalom sincrono e quasi perfetto che ci porta contemporaneamente a 1) prendere il verde pedonale, 2) schivare con dignità il flusso di genitori che han già lasciato i figli a scuola da 20 minuti e ci guardano altezzosi, b) sgusciare nel cancello che lento ma inesorabile si chiude, giusto in tempo per farci dare una pacca sulla spalla dalle bidelle: «Buongiorno, ce l'abbiamo fatta anche stavolta, eh?». Ormai siamo talmente allenate che non ci viene più neanche il fiatone, io lancio la cartella alla Pupa un attimo prima che varchi la soglia della scuola, aspetto di vederla scomparire in fondo al corridoio e avverto una fugace stretta allo stomaco: attacco di nostalgia preventiva per quando non sarà più un'esile figuretta seminascosta da uno zaino più grande di lei.
Certo c'è un tempo per ogni cosa, dicono Fossati e tutto sommato anche la Bibbia, il che mi mette un po' a disagio: perché io getto tanti, tantissimi semi e poi resto in ostinata attesa della raccolta - nello spazio sospeso tra ciò che desidero e quel che forse si realizzerà e forse, magari, anche no.
Parlando di semi, provo a distrarmi con il giardinaggio (sapevatelo che occuparsi di una pianta è in strettissima correlazione con la felicità? Lo dicono i sondaggi, non io) e con i Pupi, che non viene difficile. Sabato siamo andati alla festa di compleanno di un compagno della Pupa, nell'oratorio di quartiere: immaginate un'immensa spianata battuta dal sole e dal vento, due porte sbilenche per giocare a calcio, sei centimetri quadrati di erba, per il resto sterrato tipo il Far West di Rango nell'omonimo cartone animato. Dopo due ore di lavoro nella sabbia e nel fango il Pupo è venuto a casa che sembrava uno dei calchi di Pompei. Sua sorella, invece, a una compagna che sullo scivolo le ha detto «Ciccina» (siccome in classe sua sono quasi tutti stranieri le storpiano il nome, da Cecilia a Ciccina, che comunque valuto molto carino), «ti vedo il culetto». Al che Ciccina ha risposto secca: «Lo sai cosa ti regalo per il tuo compleanno?». Compagna, un po' stupita: «No». Pupa, sibilando minacciosa: «Delle mutande cacate».
E questa da dov'è venuta fuori? Sono rimasta un po' interdetta come del resto le altre mamme presenti, poi siamo scoppiate tutte a ridere perché, va detto, l'immagine era piuttosto efficace. A quel punto se la memoria non m'inganna il Pupo è caduto dallo scivolo e poiché è molto popolare decine di bambini si sono messi a esprimere a volume altissimo dichiarazioni come: «Mamma del fratellino di Ciccina, il fratellino si è fatto male». «Mamma del fratellino di Ciccina, tuo figlio ha bisogno di te!» Sono arrivata 20 secondi dopo, lui era ancora lì a fingere di piangere, non ho visto sangue né bernoccoli, ho chiesto: «Scusate, ma dove esattamente si è fatto male?». Mi fa una bambina di cinque anni, spuntata dal nulla, tutta seria: «Nelle parti intime. Credo».

Ecco. Ora, al netto delle perle che mi regalano i miei figli, a me incuriosisce sapere qual è il vostro rapporto con l'attesa. Come ve la cavate quando aspettate che qualcosa a cui tenete parecchio si realizzi? Molti dicono: «Nel frattempo, non devi pensarci». E voi, siete capaci di non pensarci? Mettete in atto trucchi, riti magici, scaramanzie o restate lì in pacifica attesa, con atteggiamento fatalista? Secondo voi, questo tema ha a che vedere con il segno zodiacale di ciascuno? Ultima domanda: perché mangio sempre troppe caramelle senza zucchero e mi faccio venire mal di pancia ogni volta?