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mercoledì 26 marzo 2014

Crescere bambini piccoli (e medi, e grandi)

La Mini gioca a "Uno" con i suoi fratelli
Mi hanno dato un incarico di responsabilità
Per la prima volta in vita mia mi trovo a saper quello che lascio, e non saper quello che trovo Ho avuto il dubbio di aver fallito il mio compito di educatore quando Mike Delfino, l'altro giorno, mi ha telefonato allarmato: «Stamani mezz'ora dopo aver lasciato il Pupo mi hanno richiamato dalla scuola materna, chiedendomi di tornarci con urgenza. Quando sono arrivato la maestra K. mi ha messo in mano un coltellino e mi ha detto: "Suo figlio stamattina è arrivato con questo"». «Cooome? Un coltellino? Ma stai scherzando?». «Purtroppo no. Aveva un coltellino di tipo di svizzero. Nero. Piccolo. Con tre funzioni: lama da 5 cm, forbicine, limetta per unghie. Ti dice niente?». «A dire il vero, non troppo». «Il Pupo sostiene che gliel'ha dato sua sorella». «Ma che cosa ci stava facendo, con il coltellino?». «Lo mostrava compiaciuto ai compagni. La cosa buona è che non stava minacciando nessuno, né chiedendo soldi. Non ho capito se era anche riuscito ad aprirlo, oppure no». «E cos'ha detto l'insegnante? Cosa si fa con i teppisti della scuola materna, vengono sospesi dalle lezioni?». «Apparentemente no. La maestra mi ha detto solo: "D'ora in poi, prima di fare uscire suo figlio di casa, lo perquisisca"». «Era arrabbiata?». «Non proprio. Diciamo che sorrideva a denti stretti».
E per la prima volta so cos'è la nostalgia, cos'è la commozione Mentre il Pupo si avvia verso la strada del baby-terrorismo, la Piccolissima mette in campo i suoi quattro neuroni per contribuire a prestigiosi progetti di ricerca scientifica. Alcune settimane fa abbiamo ricevuto una lettera dell'Università Bicocca, che ci invitava a partecipare al "Laboratorio Prima Infanzia": neonati di varie età vengono sottoposti a stimoli sensoriali (visivi, uditivi, tattili) per studiarne le reazioni. E così ieri mattina la Piccolissima è stata piazzata (in effetti a sua insaputa) in braccio a una ricercatrice, in una stanza buia, a osservare uno schermo, ascoltare suoni e farsi accarezzare la schiena nuda con un pennello (!), mentre io e un'altra ricercatrice la osservavamo su un monitor, in un'altra stanza. «Come sta andando?» ho chiesto io a un certo punto, scettica. «Benissimo. Il neonato di prima ha pianto tutto il tempo». «Mi sembra un po' l'atmosfera di Paranormal activity, non trova?», ho aggiunto a un certo punto per stemperare la tensione, «E comunque, a quanto pare mia figlia non reagisce a nessuno stimolo». Detto tra noi, mi sembrava pazza o drogata. «Ssssh! Non si preoccupi. Poi me la riguardo tutta frame by frame. Vedrà che bei risultati». In effetti dopo qualche minuto la Piccolissima ha basculato pericolosamente in avanti e ha cominciato a ciucciare vigorosamente, sbavandolo in abbondanza, il braccio della ricercatrice, che continuava nonscialante a spennellarle la schiena. «Possiamo smettere», ci hanno comunicato di lì a poco. In ogni caso credo che siamo piaciute, perché prima di rimandarci a casa ci hanno messo in mano l'attestato che vedete sopra, che ho fotografato sapientemente per voi.
Mi hanno detto che una nave c'ha bisogno di un comandante. Mi hanno detto che l'incarico è importante La Pupa di recente è apparsa nervosetta. A otto anni risponde male come una teenager, finge persino di offendersi e si chiude per tre minuti di fila, si mangia tantissimo le unghie e si intorcina i capelli in splendidi "gira-gira" impossibili da sciogliere. L'altra sera a tavola ci ha guardato e ha deciso all'improvviso di giocare a carte scoperte: «Mamma, Bau, sono preoccupata». «Di cosa, amore?». «Non sono sicura di volere questo nuovo fratellino, quello che avranno papà e sua moglie. Di volere che nasca, cioè. Un po' sono contenta, ma un po' no». «Ciccia! E come mai?». «Ho paura di perdere l'affetto di Punc. In fondo per otto anni sono stata la sua unica figlia». «Ma cocca, non ti preoccupare. Io ho forse smesso di amarti quando è nato il Pupo?». «No». «E quando è nata la Piccolissima?». «No». «E secondo te ti amo di meno o di più, con il passare del tempo?». «Sempre di più». «E allora, di cosa ti preoccupi?». «Beh. Beh», ha detto lei accarezzandosi il mento con aria riflessiva. «Come faccio a essere sicura di quel che succederà? Voi genitori non siete mica tutti uguali».

P.S. Questo post partecipa al concorso «Scrivi interrompendoti ogni 90 secondi per accudire una neonata, cambiarla, ninnarla per farla riaddormentare, allattarla, pulirle il naso, correre sul posto con lei in braccio per calmarla, bere un litro di orribili tisane al finocchio, coordinare il flusso di nonni e padri affinché si occupino dei bambini più grandi».

Soundtrack: La linea d'ombra



venerdì 14 marzo 2014

Macho, macho man

Ci sono momenti in cui ti viene tutto addosso A volte, oppure spesso, ci si sente sopraffatte. Le giornate cominciano piene di promesse. Ogni cosa sembra possibile, si fanno progetti. Vedrò questa persona, scriverò a quest'altra, m'inventerò lenzuola colorate per i letti, il pane fatto in casa, l'idea per un nuovo romanzo. Poi tutto comincia a franare. Al netto degli imprevisti, verso il tramonto, niente corrisponde a quel che si era sperato.
Ad una croce qualunque ti inchioderei L'altra sera un amico di mio figlio è corso a chiamarmi che fuori era già buio. «Guarda che sta piangendo disperato», mi ha detto, così mi sono precipitata fuori. Il Pupo era circondato da un gruppo di bambine che lo accusavano di aver preso la bambola di una di loro, cucita a mano da una nonna della nostra casa-cantiere. Lui, in effetti, singhiozzava: «Questa è mia. L'ho anche chiamata Elisa». Ho confermato: «È vero, bambine. Questa bambola è del Pupo. È uguale a quella di Matilde perché l'ha fatta, e ce l'ha regalata, la stessa persona».
Mio fratello che guardi il mondo A microdramma ricomposto, siamo tornati a casa. La mia saggia Pupa stava disegnando. Senza neanche alzare gli occhi dal tavolo ha commentato: «Le bambine non riuscivano a credere che Elisa fosse di mio fratello. Normalmente non si pensa che un maschio possa amare una bambola. Un maschio come lui, poi». «Come lui, in che senso?». «Beh, uno di quasi cinque anni e mezzo. Supereroico».
Se avessi labbra migliori ti abbatterei Quest'episodio mi ha spinto a riflettere sugli stereotipi di genere. Persino nella nostra comunità illuminata, equa e progressista non è considerato normale che, in mezzo ad altri giochi, un maschio possieda una bambola, che le voglia bene fino al punto di darle un nome. I vostri bambini, maschi e femmine, con cosa preferiscono giocare?
Per contro, il Pupo mi piace proprio perché, pur essendo un campione di superomismo, col passare del tempo conferma e alimenta grandi squarci di tenerezza. Tipo ieri mattina, quando inaspettatamente mi ha baciato sul collo, appena sveglio, e poi mi ha detto: «Mamma, ora sento tutto un calduccio sulle labbra. Secondo te è l'Amore?»
Il programma preferito della neonata
Come se dopo tanto amore bastasse ancora il cielo A volte, del tutto oziosamente, mi chiedo cosa ne sarà della Piccolissima. Mi domando che scelte farà, se vorrà diventare medico o infilare collane, se vivrà nella nostra città oppure all'estero, se vorrà avere un figlio, se le piaceranno gli uomini, oppure le donne. Quel che è bello di lei è che per ora, come ogni neonato, si gode il qui e ora. Ha eletto l'acquario dei pesci rossi sua personale tv: ci passa davanti decine di minuti, incantata. Poiché negli ultimi giorni sul vetro si sono accumulate un po' di alghe ho detto a Mike Delfino: guarda che la tv di tua figlia ha il segnale un po' disturbato. Lui non si è scomposto: tranquilla, appena torno dal mio viaggio di lavoro gliela risintonizzo. Serve (anche) a questo, avere un uomo in casa: cambiare lampadine, appendere quadri, compiere con orgoglio piccoli lavori da perfetto smanettone.

Soundtrack Carte da decifrare
La costruzione di un amore

sabato 1 marzo 2014

Coming out

La proprietà transitiva della fratellanza
Sono cresciuta credendo nel matrimonio, nonostante avessi davanti agli occhi l'esempio diciamo bizzarro dei miei genitori. A un certo punto ho conosciuto un ragazzo e mi è sembrato che potesse essere proprio lui. Siamo stati vicini vicini, ci siamo sposati, è nata la Pupa. Ma poi abbiamo pasticciato con la vita, moltissimo sbagliato, troppo sofferto. Quando la Pupa aveva 17 mesi ci siamo separati. Ricordo che a un certo punto ho detto a me stessa: non voglio che mia figlia cresca pensando che l'amore tra due persone è questo.
Quello che avrò fatto lo avrò fatto Non ne ho parlato mai qui sul blog in questi anni, "per rispetto alle persone coinvolte" come si dice in questi casi. Però ecco: la mia Pupa ha un papà tutto suo, che lei chiama "Punc" con la "c" dura. Potete scriverlo anche "Punk" ma allora leggetelo all'italiana. E dunque Mike Delfino, il padre biologico del Pupo e della Piccolissima, è il suo... come si dice in questi casi? Se lo chiedeste a lei, piegherebbe la testina di lato, sbatterebbe le ciglia, vi guarderebbe con le stelle negli occhi e vi risponderebbe: «Beh, è il mio Bau».  
Vorrò soltanto stare a ricordare i giorni buoni E allora perché ve lo dico proprio adesso, potreste domandarvi. Perché poco più di una settimana fa ho visto su Facebook il post di una persona che conosco dall'infanzia, che legge e frequenta questo blog, e da allora non riesco a smettere di pensarci. Tipo che ci penso anche di notte mentre allatto la Piccolissima. Questa persona fa l'insegnante e di recente ha detto a un suo alunno, che le aveva parlato della separazione dei suoi genitori: «Che peccato, con tre bambini». L'alunno ci è rimasto molto male - perché quando già soffri da matti per una cosa non c'è come girarti il coltello nella piaga, c'è bisogno di spiegarlo? - e si è arrabbiato con lei, accusandola di averlo insultato. Lei allora ha preso il vocabolario per mostrargli il significato letterale del verbo "insultare". Semanticamente impeccabile. Io però lo capisco molto bene, come si è sentito questo bambino. L'ha poi sbagliato davvero, il verbo? Forse non troppo.
Darò del cretino a chi mi pare L'aggravante è che un conoscente di questa insegnante, a commento del suo post, si è messo a scrivere che il matrimonio, «nonostante purtroppo lo stato italiano permetta di separarsi, è invece uno e inscindibile come dice la Chiesa». Ha aggiunto che quel bambino che si è arrabbiato con l'insegnante andava «punito, e messo davanti a tutti in ginocchio».
Dirò che tutti i libri non servono a niente Su questo stesso argomento ha scritto, per motivi diversi, la mia amica Pellona qua. Condivido appieno. Aggiungo solo che a me fa sorridere, ed è un sorriso amaro, che nello stesso esattissimo momento Francesco Bergoglio dica a proposito delle separazioni:  «Quando questo amore fallisce - perché tante volte fallisce - dobbiamo sentire il dolore del fallimento, accompagnare quelle persone che hanno avuto questo fallimento nel proprio amore. Non condannare. Camminare con loro».
Mille secoli di storia non valgono un secondo vissuto veramente Chissà, magari ora qualcuno smetterà di leggere questo blog. Non è che in questi anni per noi sia stato tutto facile. Abbiamo subito l'altrui giudizio, siamo stati criticati, ci siamo all'inizio calpestati, poi con delicatezza abbiamo preso le misure. Non siamo una famiglia allargata di quelle che fanno le vacanze insieme, un caffè però ci può stare. Facciamo fatica come gli altri, a volte più degli altri. Ma a volte forse, ultimamente, anche un pochino meno. Il senso di fallimento ce l'ho sempre, certo ho imparato a conviverci. Sono contenta perché ai bambini, con le parole che si usano per i bambini, abbiamo sempre detto la verità. Abbiamo vissuto nella verità: io, Mike Delfino, il papà della Pupa e anche la sua nuova compagna, L., che nel frattempo è diventata sua moglie, e ora aspetta un bambino. Ieri pomeriggio l'hanno detto alla Pupa. Lei è tornata a casa, ha abbracciato il Pupo e gli ha sussurrato: «Ti devo dire una cosa importantissima. L. è incinta, il suo bambino nascerà a giugno». Il Pupo l'ha guardata e ha esclamato: «Wow. Vuol dire che avrò un altro fratellino?». La Pupa ha piegato la testina di lato, ha sbattuto le ciglia e ha risposto: «Beh, sì. Certo. Avrai un altro fratellino. Una specie».

Soundtrack: Quando sarò vecchio