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giovedì 31 maggio 2012

Oh, come rilassa l'agopuntura

Non riesco a smettere di mangiarmi le unghie, ma per il resto
Poiché credo fermamente nel principio per cui nella vita bisogna provare tutto quasi tutto, sto facendo un ciclo di sessioni di agopuntura. A patto che gli aghi non vi facciano impressione, è un'esperienza estremamente interessante. E rilassante, pure. Così rilassante che ieri mattina, uscita dallo studio medico, sono salita in macchina, ho fatto cento metri e sono andata, pof!, ad appoggiarmi contro l'auto davanti a me. Una bella Mercedes blu assolutamente priva di graffi su cui la mia eroica e pluri-bozzuta Xsara Picasso ha messo il suo musetto.
A questo proposito Mi viene in mente una canzone divertente che i miei figli cantano sempre. L'originale dice: «Un due tre/ Quattro cinque sei/ Posso dare un bacettino sulla guancia di costei?». La conoscete? Loro, comunque, l'hanno trasformata in: «Un due tre/ Quattro cinque sei/ Posso dare un morsettino sul culetto di costei?». Sospetto che ci sia lo zampino di Mike Delfino ma lui nega (vi ho raccontato questo aneddoto perché la parola "musetto" mi ha fatto venire in mente "culetto". Che volete che vi dica: sono schiava delle associazioni mentali).
Il pof!, peraltro Si è risolto fortunatamente in una bolla di sapone. Il tizio dell'auto davanti è sceso e aveva già impostato la modalità "minaccioso". Io gli ho fatto un bellissimo sorriso da Biancaneve in acido e non ho detto una parola. Non ho aperto la portiera. Non ho tirato giù il finestrino. Non mi sono mossa! Ho solo alzato una mano in segno di scusa. Ho tenuto fisso il sorriso per 30 secondi, e alla fine il tizio ha ceduto, sorridendo anche lui. Per completezza di informazione devo aggiungere che la sua auto non si era fatta proprio nulla. La mia non l'ho neanche guardata. Del resto un mese fa uscendo dal garage ho fatto una curva a memoria perché mi ero girata a parlare col Pupo e in un secondo sono riuscita a rifare larga parte della fiancata sinistra.
Ho chiesto quattro preventivi diversi. Prima di farlo avevo saggiamente googlato su Internet "Carrozzerie economiche a Milano". Ho stampato la lista dei risultati e ho cominciato un pellegrinaggio. Il primo da cui sono andata mi ha chiesto 2.100 euro. Il secondo «sui 2.500, ma per farle un preventivo preciso le chiedo 60 euro, che le restituirò se decide di fare il lavoro da noi». Ho buttato nel cestino la lista dei risultati. Allora sono andata ad minchiam dal carrozziere sotto casa. Mi ha chiesto 775 euro. E poi da un signore di cui mi avevano parlato. Quest'ultimo mi ha chiesto 700. Per lo stesso lavoro! Vi consiglio perciò di informarvi sempre molto bene quando vi capita di andare a sbattere come delle cretine per caso da qualche parte. Domanda: vi capita di andare a sbattere come delle cretine?
Pidocchi e versioni di latino A proposito di auto, l'altroieri una collega mi ha raccontato che la figlia ventenne, ubriaca, ha fatto un testacoda notturno nella centralissima Piazza Castello e ha sfasciato completamente la macchina nuova. «16.000 euro, aveva appena cominciato a pagarla. Per fortuna lei non ha un graffio, se non quelli che le ho fatto io tirandole uno schiaffo senza togliere l'anello dalla mano». Stamattina un'altra collega mi ha detto che sua figlia quattordicenne, prima liceo, in preda ad attacchi di panico non riesce ad affrontare le ultime (tostissime) verifiche di fine quadrimestre e teme la bocceranno. A quel punto è intervenuta un'altra e ha detto: «Mia figlia invece ha 18 anni e, da sempre, un ciclo irregolare. Per convincerla ad andare dal ginecologo ho dovuto sudare sette camicie, non mi ha parlato per tre giorni. È in questi momenti che penso: com'è faticoso essere madri». Poi mi ha chiamato un'amica: «Ho scoperto che mio figlio di 17 anni mi ruba sistematicamente i soldi dal portafoglio e va a giocarli all'ippodromo. Non sto parlando di quisquilie: la settimana scorsa mi sono spariti 200 euro». Ho messo giù, ho fatto un sospirone, ho cominciato a prepararmi una tisana. In quel momento mi ha chiamato l'asilo. Quando vedo sul display il numero della scuola del Pupo o della Pupa mi viene - come a tutte - un microinfarto. Ho risposto stridula, col cuore in gola. «Pronto? Mi dica!». «Signora, sono la maestra K. Volevo dirle che il Pupo ha di nuovo i pidocchi. Forse dovrà rassegnarsi e fargli tagliare un po' di ricci». Chiusa la conversazione ho pensato: accidenti, siano benedetti i pidocchi. Dieci, cento, mille telefonate così vorrei ricevere. Per tutta la vita.

venerdì 25 maggio 2012

In viaggio coi bambini/3 (e per ora è tutto)

Grandi verità rivelate
Siamo tornati da Disneyland, e in senso più ampio, pure dal viaggio a Parigi. Lungo weekend costellato da perniciosi ed esilaranti eventi. Come possano le due espressioni «pernicioso» ed «esilarante» stare assieme in un'unica frase, non è del tutto chiaro neanche a me.
Anti terrorismo In aeroporto, il Pupo è stato fermato sia all'andata che al ritorno ai controlli di sicurezza. Incriminato: il suo zaino di Barbapapà, all'interno del quale era nascosto il bizzarro modellino di un bob evidentemente simile a un'arma pericolosa. Ci siamo molto divertiti a lasciare che il Pupo affrontasse la trafila da solo, rispondendo serissimo alle domande dei controllori che, a loro volta, trattenevano a stento le risate: «Come ti chiami?». «Come si chiama il tuo migliore amico dell'asilo?» «Qual è il tuo preferito tra questi pupazzi?» «Chi ti ha regalato questo zaino dei Barbapapà?» «Hai preparato tu, personalmente, il tuo bagaglio?». Il Pupo era fantastico perché rispondeva concentrato, col linguino (avete presente?). Io sono intervenuta solo per le traduzioni dal francese.
Attese Un viaggio come questo lo pianifichi per mesi. A dire la verità, la Pupa sono anni che sogna di andare a Disneylànd. Peccato che poi quando arrivi un po' ti cade la mascella. Benvenuti a Disneyland Paris, ingresso al pubblico al netto delle promozioni 70 euro per adulto e 66 per bambino: scenografie brillanti, curate nel dettaglio, prati all'inglese con l'erba regolata meglio delle mie sopracciglia, mille accattivanti striscioni: «Benvenuto nel mondo delle fiabe»; «Incontra Topolino in persona»; «Qui a Disneyland la magia diventa realtà». Il che stride parecchio con il  tempo di attesa per ciascuna attrazione: sabato 19 maggio, 60 (sessanta) minuti in media, ma per alcune bisognava aspettare anche 70, 80 minuti (e per alcune, va detto, "solo" 45). Allora, cosa rispondi a tuo figlio/a quando ti chiede «Mamma, ma perché non possiamo fare nessun gioco?».
Numeri Va detto che esistono i cosiddetti "Fastpass", che funzionano come il talloncino numerato dal salumiere: ti interessa un'attrazione, ritiri lo scontrino sul quale c'è scritto a che ora potrai ripresentarti (saltando la coda). La cosa buffa è che già alle 14 venivano distribuiti scontrini per le 18 o addirittura le 19 (cinque ore dopo). E già alle 15.30 non c'erano più scontrini disponibili.
Gadget Il problema è poi che - mia impressione - tutto quello che non è attrazione (e quindi, attesa) a Disneyland, è merchandising. Ci sono negozi che vendono qualunque cosa. T shirt e vestiti da principesse, pupazzi e adesivi, costumi da supereroe, certo; ma anche pinze da ghiaccio con le manine di Topolino, orecchie di Topolino, thermos, saliere e pepiere, mestoli di Topolino. C'è pure il barbiere di Topolino, che ti fa i capelli come ai tempi del Far West.
Fish & chips Ho visto gente divertirsi, a Disneyland? Certamente sì. Famiglie infoiate che con telecamerine e smartphone facevano video e foto di qualunque cosa. O bambine con le mani piene di gadgets, vestite e truccate da fatine, che in quegli abiti ci avrebbero sicuramente dormito. Però ho visto anche gente distrutta dalla stanchezza, gente che aveva perso i figli (incredibilmente, non noi) e nel casino aveva l'aria davvero disperata, poi gente parecchio arrabbiata perché persino la coda per prendere da mangiare all'orrido e carissimo fast food era lunga più di mezz'ora.
Quello che ho scoperto alla fine Mi hanno poi spiegato che il weekend del 19 maggio, in Francia, c'era un bel ponte. Il che può spiegare una maggiore affluenza ai parchi di divertimento come Disneyland. io trovo comunque eccessivo che la struttura fosse al collasso. La cosa peggiore: a un certo punto per caso abbiamo incontrato Pippo (in carne e ossa! The real one). I bambini l'hanno guardato ipnotizzati, cercando fiduciosi di avvicinarsi a lui, per toccarlo o farsi fare una foto assieme al loro eroe. Ma lui continuava a respingerli: i Pupi, e pure gli altri bambini. Aveva una specie di bodyguard che lo aiutava a tenere a distanza la folla (di altezza media 1.30), e lui stesso prendeva i bambini di peso, spostandoli senza fatica, per farsi largo e restare il più possibile tranquillo. Poi, ogni tanto, si concedeva (per due secondi), a favore di telecamera o di macchina fotografica. I bambini lo guardavano esterrefatti. Gli adulti lo guardavano esterrefatti. Da sabato scorso, signori, la mia vita è cambiata: ho scoperto che Pippo è uno str..., e ha pure il buttafuori.
Se avete esperienze diverse (magari più positive) su Disneyland, vi prego vivamente di condividerle.

venerdì 18 maggio 2012

In viaggio con i bambini/2

Questa volta solo Pupi veri (credo)
Solo per dire che stasera torno a Parigi, però con la mia famiglia. Andiamo a Disneyland! Poi vi racconto cos'hanno combinato i miei, a partire - lo prometto - dall'aeroporto. Prenderò accurati appunti.


venerdì 11 maggio 2012

In viaggio coi bambini

Pupi finti e Pupi veri
L'altro giorno, in viaggio per lavoro, ho assistito a due scene irreali. La prima in aeroporto: un bimbo dell'età del mio, tre anni e mezzo più o meno, addestrato (o, sospetto, creato) ad hoc dalle compagnie aeree per incoraggiare i genitori a portarsi i figli in viaggio, seguiva obbediente una bionda entità da lui stesso denominata "mamma" trotterellandole dietro con tanto di zainetto sulle spalle e trolley (coordinato) armoniosamente trainato, disegnando, col sorriso sulle labbra, un ordinato slalom tra enoteche e boutique d'abbigliamento. Vi giuro che è pure passato con aria indifferente davanti, anzi praticamente dentro, un negozio di caramelle coloratissime, ginevrine arcobaleno, Ben Ten di zucchero, Spiderman fatti di spumone, Gormiti scolpiti nel cioccolato, poi si è accomodato sul nostro stesso volo senza distogliere per un secondo gli occhi dall'album per colorare che teneva appoggiato in grembo, beccandosi pure i complimenti della hostess: ma che bravo questo bambino, ha detto alla sua mamma, adesso vado a vedere se abbiamo un regalino per lui. 
Laddove un Pupo vero (il mio) si sarebbe di sicuro perso dalle sei alle otto volte nell'arco di mezz'ora, nonostante gli sguardi incrociati miei e di Mike Delfino, procurandoci il richiamo formale delle autorità aeroportuali e giudiziarie, e improvvisando poi - perché inseguito - una folle gimcana tra bottiglie di liquore che seppur Duty Free costano una fucilata, decidendo con finta inconsapevolezza di rovesciare e rompere un'accurata selezione dei vini più invecchiati e pregiati, e rubando in una manciata di secondi quante più possibile caramelle come peraltro ha già fatto, e qui mi autodenuncio, due settimane fa al Multisala Megacine di La Spezia. Facendosi infine trascinare sbavante e urlante, sotto lo sguardo di biasimo di tutti gli astanti, al posto assegnatogli sull'aereo; posto sul quale, una volta assicurato controvoglia con le cinture di sicurezza, avrebbe finito col vomitare copiosamente per la tensione, costringendo lo steward a eliminare fisicamente il sedile (ho sentito da una conoscente che è successo davvero) e a pronunciare la fatidica frase "a mai più rivederci" una volta atterrati a destinazione.
La seconda scena, in centro a Parigi, dove una mamma poco più che trentenne con i capelli raccolti in una lunga treccia impeccabile, adorabile col suo discreto tacco sette, fresca di pedicure con smalto Chanel tonalità "Blue boy", elegante eppure casual della serie "ho messo le prime cose che ho trovato aprendo l'armadio" laddove io sposo piuttosto lo stile "ho frugato nell'armadio per ore e il risultato è che, vestita così, sembro una scema mentale", codesta mamma poco più che trentenne, dicevo, veicolava senza sforzo apparente numero tre (3) bambini in età compresa tra i 5 e gli 0 anni, l'ultima dei quali dormiva beata in passeggino, mentre gli altri due, ometti, rossi di capelli in un periodo in cui i capelli rossi sono l'accessorio maschile più in voga, non si staccavano da lei un secondo mentre camminavano lungo la via; a un certo punto la signora si è girata, in mezzo a un oceano di auto ha adocchiato l'unico taxi, ha fischiato che neanche un cowboy in un film western, ha scannerizzato rapidamente la strada in cerca di un passaggio pedonale, ha fatto cenno all'auto pubblica di accostare proprio lì; in un modo che non mi è ancora chiaro ha tolto la Pupa dal passeggino e, con l'altra mano, l'ha chiuso in un clac, e poi è salita in macchina subito seguita dai suoi bambini, mentre il tassista le faceva un largo sorriso compiaciuto.
Laddove io non mi ci metto nemmeno, a dirvi cosa sarebbe successo se a fare una cosa simile ci avessi provato io, che di bambini ne ho due e non tre, a fermare un taxi. Vi accenno solo che a) avrebbe cominciato a piovere e b) al Pupo sarebbe partito il mantra istantaneo "Ho fatica, ho fatica": quando siamo in giro e c'è un'azione da compiere - tipo attraversare in fretta, o percorrere tempestivamente due metri a piedi in un una direzione predeterminata - lui, percependo il senso d'urgenza nell'adulto, si paralizza apposta, non muove più un muscolo e bisogna trasportarlo di peso.
Quando assisto a queste cose non riesco a fare a meno di chiedermi: sono una madre disastrosa? Come fanno queste mamme così diverse da me? Avrà ragione la troll che ogni tanto viene a trovarci sul blog, e dice che ho il cervello in pappa? Questi bambini sono reali? Voi, i vostri, li portate in giro senza fatica o a volte, a spasso con loro, siete costrette a fingere di non conoscerli girando la testa dall'altra parte? Come la volta (tre settimane fa) che il Pupo si è buttato in piscina con l'accappatoio e le ciabatte perché, ha spiegato, "voleva vedere se gialleggiavano".

mercoledì 2 maggio 2012

Non si può, non si può, non si può

Piscine e altri divieti. Con post scriptum finale
Già vedo i commenti dei detrattori sempre in agguato: «Colpa tua, che non ci hai fatto caso prima», o anche «Ma dove vivi? Guarda che è sempre stato così».
Tuttavia avverto l'urgenza di scrivervi su questo tema, perché mi pare che i divieti si moltiplichino in modo insopportabile. Prendiamo per esempio gli ultimi giorni in piscina:
(Bagnino): «Mi spiace, ma non si possono più lasciare le borse sulle apposite panche a bordo vasca».
(Io e altri ingenui nuotatori): «Bizzarro, essendo le apposite panche posizionate lì all'uopo da decenni - appunto».
(Bagnino): «Che volete che vi dica, l'Asl ci ha dato una multa, cioè non a noi ma a un altro impianto di Milanosport. Facciamo così: portate le borse, ma più piccole».
«Nel senso che se le portiamo più piccole l'Asl non ci fa caso?»
«Io certamente fingerò di non averle viste»
(...)
Nello spogliatoio, frattanto Mentre io e altre ingenue nuotatrici ci cambiamo - non nei loculi di cm 30x30, bui e dal pavimento bagnato, ma nel luminoso e agevole spazio comune, anch'esso munito di apposite panche, di fronte agli armadietti, arriva la nuova signora delle pulizie e mi fa: «Piccola, non ti puoi cambiare lì».
(Con la bava alla bocca tipo idrofobia) «Come, non mi posso cambiare qui?»
«È divieto. Ci si può cambiare solo nei camerini».
«Sono claustrofobica, mi viene l'ansia, sfioro l'attacco di panico».
«È divieto. È la regola».
(Altra nuotatrice): «Ma signora, siamo tutte donne, cosa le importa, che fastidio le diamo?».
«Andate a cambiarvi in bagno se siete claustrofobiche. Prendete il costume e andate in bagno».
«Sono quindici anni che veniamo a nuotare qui. Nessuno ci ha mai detto niente; in più spesso i loculi sono occupati, ce ne sono solo sei e noi siamo almeno una dozzina, vede?».
«Andate in bagno, ho detto. Le regole sono regole, piccola».
 Di nuovo a bordo vasca La settimana scorsa sono a nuotare con la Pupa, quando arriva una bagnina solerte: «La bambina non può indossare la maschera».
«Le danno fastidio gli occhi. E poi me l'ha consigliato la sua insegnante di nuoto dell'impianto XY, di metterle la maschera».
«Potrebbe farsi male, con la maschera».
 «In che senso, scusi?»
«Se si fa male noi non possiamo prenderci la responsabilità».
«Non ho mai sentito di incidenti a causa di una maschera».
«Neanch'io, ma la responsabile ci ha detto di dire così».
Ora io non so voi, ma sono un po' stufa della sfilza di insensati «non si può» con cui mi trovo quotidianamente a fare i conti. Dall'azienda alla scuola, ora anche la piscina, e non solo. Stamani al parco un vecchio rimb un signore un po' anziano mi apostrofa: «Non si può passare di qui con la bici». «Sta scherzando?». «No». «Non vede quel cartello blu laggiù, con il disegno di un pedone E di una bicicletta?». «No, non ci vedo, non ho gli occhiali. Comunque è vietato».
A volte i divieti sono mascherati da cortesi richieste e non per questo li trovo meno odiosi. Dove abito io, regno di armonia e solidarietà, qualcuno di recente ha gentilmente chiesto se i bambini possono smettere di giocare al mondo (o "campana" che dir si voglia) perché insomma, tutti quei segni coi gessetti per terra. Ho gentilmente risposto che da che mondo è mondo i bambini giocano al mondo (scusate il bisticcio).
Domanda che serve anche a consolarci un po' a vicenda: quali sono i divieti più odiosi/assurdi con cui vi trovate a fare i conti quotidianamente? Mi piacerebbe stilare una classifica dei peggiori. Come reagite quando qualcuno vi fa notare che qualcosa che volevate fare non è possibile, o all'improvviso è stata vietata, secondo voi senza nessun motivo? A me, per esempio, viene da ribellarmi e/o fregarmene.

p.s. invito le persone interessate a partecipare all'organizzazione di eventi pro raccolta abiti usati/giocattoli per scambi, baratti e cessioni a scrivermi al più presto all'indirizzo pmaraone@gmail.com