
O se magari è troppo lumbard. Oggetto di questo post, in ogni caso, è ancora una volta la tanto decantata capacità della donna-mamma di tenere tutto assieme: bambini, vita professionale, bambini, vita di coppia (ehm), svago (ah-ah), bambini, cultura (ah-ah-ah), cura di sè (seeeh!), amicizie, bambini (ok, forse mi sto ripetendo).
So di aver già parlato dell'illuminante saggio Il cervello delle mamme. Ma siccome per fortuna questo blog non è una rivista con precise regole editoriali, mi concedo il lusso di ripetermi (vedi sopra).
Il libro mi ha molto colpita, già a partire dalla presentazione: "Da quando sei rimasta incinta ti senti un po’ tra le nuvole (fai fatica a ricordarti dove hai parcheggiato la macchina, oppure hai messo le chiavi di casa in frigorifero)... ma il tuo cervello si sta preparando a un grande cambiamento, completamente positivo. Diventare mamma ti renderà più intelligente, brillante, attenta, sensibile e decisa, ed è merito di madre natura che prepara il tuo corpo e la tua testa ad affrontare il compito magnifico di crescere un figlio".
Bene, bene. Nei giorni sì, è una tesi che condivido appieno. Nei giorni no (o nei periodi no, come questo) mi chiedo: in che modo esattamente secondo loro sarei diventata più "intelligente, brillante, attenta, sensibile e decisa"? No, perché di recente mi sembra di non arrivare in fondo a niente; di perdere tempo pirlando in giro, appunto, e poco altro.
Certo: in parte, è il mondo stesso a mettersi di traverso. Mi capitano infatti cose come:
- Prenotare con largo anticipo una fantastica vacanza di 5 giorni a Marrakech per me e Mike Delfino, lasciando i bimbi dagli eroici nonni. Avremmo dovuto partire sabato, ma... come forse avete sentito, i tafferugli politici sono esplosi anche in Marocco. Quindi annulliamo (e perderemo pure i soldi del biglietto, perché la fetente compagnia aerea a cui ci siamo rivolti rende di fatto impossibili le richieste di modifica dei voli).
- Andare all'anagrafe, trovarla chiusa per agitazione sindacale. Dire "Vabbè, allora intanto vado in posta a pagare quel bollettino". Andare in posta, trovare 40 persone in fila. Dire "Vabbè, allora intanto vado al laboratorio di analisi chimiche a consegnare la pipì della Pupa". Arrivarci un minuto prima della chiusura ("Ma come, non era alle 10?" "No signora, 9.30, se si spiccia a darmi il barattolo poi riesco ad andare a casa"), per l'agitazione rovesciarsi addosso un po' di pipì santa perché il contenitore non era chiuso bene, simulare indifferenza ("No vabbè, tanto non è neanche la prima volta").
- Non ricevere posta desiderata (il bollino dell'ordine dei giornalisti, i bollettini per pagare l'assicurazione medica ai Pupi). Ricevere posta indesiderata (le continue richieste di abbonamento alla Rai non avendo in casa neanche l'antenna tv, le condizioni economiche di una carta di credito prepagata mai richiesta).
- Andare al supermercato a cercare i pannolini in offerta, trovare l'ultimo bipack, farlo cadere a terra squarciandolo in due, comprarlo lo stesso perché è l'ultimo ("Signora, lo vuole cambiare?" "No vabbè non si preoccupi, tanto poi a casa lo aprirei comunque").
- Nel corso della stessa spesa, cioè ieri mattina: schiantare a terra un vasetto di salsa cantonese appena prima della cassa e farsi sfanculare (sempre in cantonese) dall'addetto alle pulizie; rompere tre uova biologiche, da allevamento nel parco naturale dell'Adamello, appena dopo la cassa; dimenticare i lamponi in borsa per tutto il giorno, e immaginate voi il resto; lasciare il carrello abbandonato in mezzo al parcheggio omettendo di riporlo e perdendo così la moneta da 1 euro; comprare una piccola primula in vaso e scordarla, infine, nel carrello abbandonato.
- Nello stesso parcheggio del supermercato, mettere in moto la macchina senza schiacciare la frizione, fare il classico balzo in avanti da principiante, spegnere la macchina sotto gli sguardi di compatimento dei parcheggiatori, per il contraccolpo perdere il cellulare all'interno dell'abitacolo e non ritrovarlo che nel tardo pomeriggio.
- Avere sempre un carciofo in testa, nonostante il costoso taglio presso il parrucchiere consigliatomi da due amiche che vivono a Lisbona e Parigi ma vengono apposta a Milano per farsi i capelli.
- Comporre il numero di un amico e ridurmi a chiedergli "chi sei" quando risponde, avendo dimenticato nel frattempo a chi volevo telefonare.
- Lavare finalmente la giacca grigia, che dopo un inverno camminava da sola; partire all'alba alla volta di Trieste per intervistare Margherita Hack in compagnia dei pierre di una nota tv; accorgersi nell'ancora più noto piazzale risorgimentale intitolato all'Unità d'Italia che la giacca in questione è piena di chiazze chiare, curiosamente simili a liquido seminale (in realtà è detersivo, ma i pierre non ci credono).
Ecco, mi capitano cose così. Il che, unito a un cospicuo spleen esistenziale, mi fa dire che Il cervello delle mamme in questo momento non fotografa affatto la mia vita. Poiché però mi è piaciuto molto e vorrei che lo leggeste anche voi, le due autrici che lasceranno i commenti più spiritosi (in tema con questo post) ne riceveranno una copia a casa. A presto!