Catechismo, che pasiùn (aka "cose di cui non abbiamo mai parlato")
Le sveglie notturne continuano; anche se durante il giorno il Pupo ha l'aria più serena («È già qualcosa», mi viene detto) con il buio tutta la critical mass dei suoi fantasmi cala sulla terra. Adesso gli piace molto tenermi stretta la mano nell'oscurità dolcemente violata dalle lucine che dovrebbero tranquillizzarlo, e tra le 2.38 e le 3.47 bisbigliarmi cose come «Mi sanguina il cuore a svegliarti, ma da solo non riesco proprio a dormire».
The last day Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro. Il direttore mi ha dedicato l'ultimo editoriale di Gioia. È stata molto affettuosa, mi ha commosso, se vi incuriosisce leggetelo e ditemi cosa ne pensate. Anche i colleghi mi riempiono di fiori, regali e affetto. Mi mancherà questo nostro carrozzone però sono anche molto stanca e spero che il Pupo, quando resterò a casa, si tranquillizzi un po' e riprenda a dormire, chessò, per più di tre ore di fila. La Pupa piccolissima è a quanto pare anche bassa-bassissima, la ginecologa una visita dopo l'altra distilla un po' di sano terrorismo psicologico: «È molto giù, guarda che la testa è già impegnata, guarda che rischi di farla per strada». Però siccome anche gli altri due Pupi erano messi così e sono nati tre giorni dopo il termine, io non mi preoccupo più di tanto e soprattutto mi rifiuto di indossare la pancera che lei caldeggia.
E forse quest'alba senza sole prevede comunque l'arrivo del giorno (cit). La Pupa sabato scorso ha cominciato il catechismo e gli scout (laici). Nulla da dire su questi ultimi, io li ho frequentati per vent'anni e mi sono sempre divertita come una pazza. Invece il catechismo ci ha sconvolto. Forse dovrei dire «mi ha sconvolto». Una delle insegnanti, essendo anche madre di un bambino che va a scuola con la Pupa, è pubblicamente nota per le sue posizioni, ehm, non esattamente progressiste (l'anno scorso disse a una mia amica, en passant: «Ma voi che avete in classe un bambinello rom, non avete paura che rubi la merenda ai vostri figli?».
In realtà son colpi al cuore che spalancano gli occhi Momento di outing: quand'ero veramente giovane ho avuto una storia d'amore con il sassofonista dei Quintorigo, che sto giusto ora ascoltando in cuffia. A più di dieci anni di distanza penso ancora che suonassero da Dio e che le loro canzoni avessero testi fantastici (vedi sopra) (se posso consigliarvi un album, è Rospo).
Yeah, let me sing you a song Al catechismo, sabato scorso, però non abbiamo parlato di musica. Dopo i cinque minuti di accoglienza iniziale hanno separato genitori e bambini. I bambini fuori, costretti a giocare a bandiera divisi in due squadre da 26 elementi ciascuna (!), si sono subito innervositi perché alcuni di loro non venivano mai chiamati. Noi adulti invece siamo stati disposti in cerchio in palestra. Eravamo in più di 70, c'era un'eco pazzesca e non si sentiva niente.
(Don G.): «Vi farò qualche domanda. Poi chi se la sente condivide, ma non è obbligatorio. Vorrei sapere come avete scelto il nome di vostro figlio».
(Papà X, poi rivelatosi il marito della Catechista anti-rom): «Cioè, noi nostro figlio l'abbiamo chiamato Nathan perché significa "Dio ha dato" e poi perché, cioè, io sono malato di Nathan Never, cioè, avete presente quello dei fumetti? Cioè, mia moglie lo sa benissimo».
Riti d'ingresso A un certo punto Don G. ci ha chiesto chi se la sentiva «di condividere il ricordo del sacro battesimo». Mentre tutti parlavano di elevazione verso Dio et similia a me sono venuti in mente i seguenti due episodi:
1. Battesimo Pupa: domenica di alluvione, gli invitati persi tra la cascina del prete e la chiesa fuori Milano pressoché irraggiungibile in tempi in cui nessuno possedeva il navigatore, casino, pioggia, fango, liti furibonde tra mogli e mariti, Pupa con 40 di febbre la sera stessa.
2. Battesimo Pupo: domenica di cielo sereno, Pupo come sotto Valium perché reduce dalla sesta malattia, prete gay che ci prova sfacciatamente con il mio fidanzato e nei ritagli di tempo rimprovera me perché non siamo sposati. Nessuno dei due ricordi è condivisibile pubblicamente, penso.
Finalmente, una domanda per me «Cosa vi aspettate per vostro figlio, e cosa invece proprio non vorreste, dal catechismo? Chi se la sente condivida», ha ribadito Don G. con un sorrisone. Ho alzato subito la mano: «Vorrei che fosse un percorso spirituale inclusivo e non esclusivo. Che tenesse conto della realtà che ci circonda, in cambiamento continuo, fluida, complessa. Che insegnasse ai nostri figli a non ripiegarsi sulle scelte di comodo. Che non si conformasse al perbenismo. Che insegnasse giustizia, verità, equità, solidarietà». «Per queste cose basta la festa della scuola» (!!!) mi ha contraddetto subito una mamma. «Io vorrei che li avvicinasse a Gesù, a Dio, alla Chiesa». Tante grazie, questo lo davo per scontato, altrimenti non si chiamerebbe catechismo. «Cioè, io invece spero che Nathan si diverta in oratorio come facevamo io e i miei amici da piccoli, cioè voglio dire, ne abbiamo fatte di cotte e di crude, Don G. se lo ricorda bene» (papà di Nathan). «Vorrei che i nostri figli diventassero veramente amici di Dio» (mamma Y). «Vorrei che imparassero il valore della preghiera e del sacrificio» (mamma Z). «Vorrei che andassero a Messa senza rompere le scatole» (voce non identificata).
Fiat voluntas sua Ecco, uscita da lì stavo quasi pensando di ritirare la Pupa ancora prima del secondo incontro. Poi lei a casa mi ha detto: «Mamma, è stato molto noioso, però diamogli un'altra occasione». Non so cosa fare e nemmeno cosa pensare: prima di sabato ero convinta che fosse giusto, pur non essendo io una cattolica praticante, dare alla Pupa gli strumenti e la conoscenza necessari a compiere le sue scelte con consapevolezza, quando sarà più grande. Adesso invece sono molto, molto perplessa. E voi?
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