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venerdì 29 agosto 2014

Bentornati!

Il  più grande problema sono le piastrelle
Ero scomparsa inghiottita dai bambini, dalle vacanze e dai lavori di ristrutturazione di casa, che come da copione ci stanno uccidendo. Rientrati a Milano stiamo cambiando la cucina ma preferisco non entrare nel dettaglio. Quel che posso dire è che da sempre la mia nemesi sono le piastrelle. Due case fa, per esempio, l'impresa cui mi ero affidata mi ha mandato un piastrellista pazzo che lavorava prendendo a mazzate e spesso spaccando gli eleganti rettangoli 7,5x15 che avevo scelto per rivestire una parete.
There's just enough of you in me È perciò quel periodo dell'anno in cui ci si veste di fretta, al buio, indossando calzini spaiati e correndo alla cieca a rispondere al citofono. Gli artigiani si svegliano all'alba, il capo dell'impresa prima di tutti, alle cinque, e giungono da noi ogni mattina un po' prima della mattina precedente. Vado dunque come sempre sbattendo negli angoli e mi procuro lividi sospetti, in odor di violenza domestica. Ora in particolare mi fa male il naso ma non ricordo dove esattamente sono andata a picchiarlo.
I heard that you were drunk and mean Le piastrelle a questo giro amano rendersi irreperibili. Le stiamo inseguendo per tutto il Nord Italia. Sono come i cerchi nel grano: qualcuno dice di averle avvistate, poi vai a verificare e scopri che in realtà non ci sono. Ieri finalmente nella campagna piacentina abbiamo trovato quelle da pavimento: le vecchie cementine esagonali di un tempo, bianche rosse e grigie, recuperate una a una, con pazienza, da un signore con una storia bellissima che vi racconterò un'altra volta.
Staring down the brilliant dream Per la parete della cucina i preventivi cambiano di continuo, come una tovaglia che qualcuno ti sfili all'improvviso da sotto i piatti, proprio mentre sei seduto a mangiare. «Ma mi aveva detto 100 in tutto». «Signora, è ubriaca? Intendevo 100 al metro quadro». Il capolavoro è un tizio che si è offeso perché alla fine le piastrelle da pavimento le abbiamo prese nel piacentino e non da lui. «Io quelle da parete ce le avrei, qui pronte in casa. Ma, ecco, ho deciso che non ve le dò più».
For me to have this sympathy I Pupi grandi sono ancora in vacanza: con i lavori in casa abbiamo preferito tenerli lontani. Staziona invece al nostro fianco la Piccolissima, giunta al ragguardevole traguardo di otto mesi e mezzo, che si sveglia da settimane tre/quattro volte per notte (saranno i denti? Se avete opinioni confortanti vi prego di condividerle). Diciamo allora che la mancanza di sonno mi ha fatto perdere un po' di lucidità. Ieri per esempio al momento di pagare ho avuto qualche defaillance con la moglie del trovatore di cementine.
(Io) «Allora per la fattura poi ci sentiamo. Intanto mi segno il suo nome. Lei è la signora...»
(Lei) «Carmen».
(Io, davanti a Mike Delfino che non credeva alle sue orecchie) «Carne?»
(Lei, esterrefatta) «Ehm... no... Carmen».
Shame on you A voi i lavori in casa creano stress o tutto sommato tenete botta? A me, nonostante la polvere e la fatica e le sveglie all'alba e le piastrelle introvabili, gli artigiani mettono sempre di buonumore. Poi li rispetto perché lavorano sudati e ricoperti di polvere, imprecando costantemente, senza nessun motivo. La bestemmia è diciamo il loro rosario. Sono anche multilingue: «Ma va caca n'du campanaru». «Mannaia la materia». «Ma vafangul tu, mammt, patrita, sorita, e tutt a razz toj» erano le perle del capo dell'impresa, calabrese. Un operaio sudamericano ripeteva scuotendo la testa: «Andate a lavar el culo». Il piastrellista ucraino invece aveva imparato a bestemmiare in italiano, però con un curioso accento: «Porki, porki, porki». Ometto le volgarità più stratosferiche.

Soundtrack Sono le Indigo Girls, ragazze spettinate e selvagge come me e la Piccolissima in questi giorni. Vi metterei i link ma devo andare a congedare il piastrellista, porki.



giovedì 7 agosto 2014

Bisogna per forza fidanzarsi?

Una vita no frills.
Cervelli (cuori) in fuga
Il Pupo, cinque anni e mezzo, l'altra sera, stranamente pensieroso, con la sua esse da Jovanotti:
«Mamma. Quando sarò grande devo per forza sposarmi? Fidanzarmi?»
«No, amore mio. Non per forza. Però spero che tu incontri una persona con cui ti venga voglia di farlo. Perché me lo chiedi?»
(Enfatico) «Non ho voglia di tutto quel casino, sai».
«No, non so. Ma se me lo spieghi sono contenta».
(Declamando e contando sulla punta delle dita): «Uno. Non voglio possedere un cellulare. Due. Non voglio lavorare tutto il tempo sul telefono come fa papà. Tre. Non voglio nemmeno possedere un computer».
«E pensi che queste cose siano legate al fidanzamento, alla famiglia?».
«Penso solo che sarà difficile trovare una ragazza che voglia vivere con uno come me».
«Come te, in che senso?»
(Guardandomi serio con quei suoi occhi bellissimi, verdi e dorati) «Mamma, sai, io voglio essere un ragazzo pescatore. Vivrò in una capanna, vicino a un bosco».
«Amore, sono sicura che troverai una ragazza capace di apprezzare».
«Più facile in Francia che in Italia, vero?»