Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

mercoledì 25 febbraio 2015

La versione di Pif

Ci sono cose che val la pena raccontare, altre che forse meno
Dopodomani che è venerdì, a Milano, libreria Feltrinelli, presentiamo il nostro romanzo. Se qualcuno di voi volesse passare mi farebbe immensamente felice. Una cosa buffa tra le tante cose buffe che stanno succedendo attorno a questo libro è che Pif - immagino di non dovervi raccontare chi è - ha vissuto per alcuni anni in casa della mia coautrice, di cui è molto amico, e ha assistito alla sua conversione da gaudente onnivora a vegana.
Suppose I never ever met you Quando ancora non dovevo occuparmi di ventisei bambini e un cane, e Pif era meno Pif di adesso, e con ciò voglio dire che tutti eravamo un po' più agili e meno impegnati di oggi, capitava che cenassimo assieme e lui mi dicesse, con l'espressione seria e concentrata che gli conoscete, scandendo bene le parole: «Vedi, Paola, io possibilmente mangio solo cose che abbiano le zampe». Niente frutta, niente verdura. «Soprattutto niente cose piccole come i piselli. Sai, così minuscoli... mi fanno impressione». Sarà divertente, venerdì, sentirlo raccontare il suo sconcerto quando la mia amica ha abbandonato pollo e gamberetti per consacrarsi al seitan e al cavolo rapa.
If I kiss you where it's sore È proprio vero che esiste la legge del contrappasso. Di recente ho appreso che la fidanzata di Pif è vegetariana, e che lui per amore non mangia più carne ma solo pasta e verdure (sì, pure i piselli). Comunque più rifletto su questo libro più mi rendo conto che il cibo ha un ruolo davvero centrale nelle nostre vite, simbolico oltre che pratico intendo. Forse in Italia più che altrove nel mondo. Il mio amico di Berlino mi racconta che per loro non è comune cenare, e che in genere vanno a letto dopo aver mangiato un po' di pane e formaggio, magari uno yogurt. Io mi taglierei le vene dopo tre giorni, ma loro sono contenti così. Per non parlare dei Paesi del Nord Europa in cui la gente mangia camminando, pescando con le mani da cartocci unti in cui è infilato chissà che.
Da che punto guardi il mondo L'altro giorno la bicicletta mi ha tradito. Ho imboccato la rampa che porta ai box proprio sotto il mio ufficio, ho schiacciato i freni per scendere piano e... tlac! Uno dei due ha ceduto. Ho sussultato nel vedere il portellone del garage venirmi incontro a velocità considerevole. Sempre più veloce, sempre più vicino... non ho fatto in tempo a pensare un granché: giusto che di lì a poco mi sarei schiantata e avrei potuto farmi molto male, lasciando i miei figli orfani - o con una madre viva ma paralizzata. Per fortuna il signore - non lo scrivo maiuscolo ma ho pensato fosse proprio lui - ha guardato giù: il portellone del garage, ho avuto modo di scoprire al momento dell'impatto, non era di rigido metallo ma fatto con un telone di plastica grigia, molto morbido, che ha attutito il colpo. Ci ho sbattuto contro, sono caduta dalla bici, mi è spuntata una terza chiappa sul gluteo sinistro. Ma non mi sono rotta nulla. Con le gambe che mi tremavano sono salita alla reception. «Scusate», ho detto alle ragazze. «Volevo avvisarvi che sono andata a sbattere in bici contro il portellone». Una mi ha guardato e mi ha detto: «Si è fatta male?». Nello stesso momento, l'altra ha pronunciato queste esatte parole: «Il portellone si è rovinato?». Ho pensato che è proprio vero. Da che punto guardi il mondo, tutto dipende.
Gracias a la vida Nella friabile terra di nessuno che separa la veglia dal sonno, ieri sera il Pupo mi ha sussurrato una storia. «Sai mamma, la maestra ci ha raccontato che quando lei era piccola nella sua classe c'era un muro. I bambini in castigo venivano messi in piedi contro quel muro e se ne stavano lì, tristi. Per questo l'avevano chiamato il muro del pianto». «Ma pensa, Pupo. E io che per anni ho creduto che il muro del pianto fosse tutt'altra cosa». «Invece nella mia classe, mamma», mi ha mormorato lui prima di cedere alla stanchezza, «abbiamo un muro che chiamiamo muro dei desideri». «Come funziona, amore?» gli ho chiesto accarezzandogli i capelli. «Tu vai lì e gli dici a bassa voce un desiderio. E se fai il bravo la mattina dopo torni in classe e lo trovi avverato, sul tuo banco». «E tu cos'hai desiderato, amore?». «Un transformer, mamma. Mi è arrivato un po' scassato, però è arrivato. Domani te lo mossstro», mi ha detto sorridendo, con gli occhi già chiusi, poi si è addormentato.

Soundtrack:
Ascoltate su Spotify tutto l'album di Regina Spektor, Begin to hope. E poi, anche se avete giurato a voi stessi che non l'avreste sentita mai più, date un'altra occasione a Tutto dipende di Jarabe de Palo. E per finire: mi toglie sempre il fiato Gracias a la vida. L'ha cantata per prima Violeta Parra, poi l'ha rifatta mezzo mondo. A me piace tanto anche nella versione di Mercedes Sosa.


giovedì 12 febbraio 2015

Come sopravvivere a un vegano (e ad altri eventi della vita)

Una storia vegan.
Oggi esce il mio romanzo!
Sei anni fa - avevamo entrambe partorito da poco, io il Pupo, lei la sua primogenita, aka la Bambina Empatica - la mia amica storica mi ha annunciato che sarebbe diventata vegana. Il suo compagno pensava già da tempo che quello fosse l’unico modo giusto (e degno, ed etico) di nutrirsi. «Proprio tu, P., che vivresti di sushi e salumi?» le chiesi quando, superato lo choc iniziale, riuscii a pronunciare una frase di senso compiuto.
Fare a meno La mia amica Paola - si chiama così - ha trascorso gli ultimi anni a studiare e impratichirsi. Ha svezzato e cresciuto vegane sia la Bambina Empatica che la Bambola-Terremoto (la sua secondogenita, che oggi ha quattro anni). Ha praticato una sorta di epurazione costante e progressiva: chi mangia veg in genere è anche green nell'animo, o è destinato a diventarlo. E così - incoraggiata e sorretta dal suo compagno - ha eliminato l'auto, rinunciato ai viaggi aerei, ai detersivi, ai capi d'abbigliamento che contenessero anche solo un centimetro quadrato di pelle e una serie di altre cose che non vi sto a dire ora ma che poi leggerete.
Salvare il mondo Il compagno della mia amica è una specie di irreprensibile supereroe vegano. Per lui non esistono azioni neutre: di ogni cosa si chiede se sia buona o cattiva, se faccia bene al pianeta oppure no. Boicotta il circo. Raccoglie e salva piccioni feriti. Non uccide nemmeno camole, tarme e zanzare. Frequenta comunità tipo Ippoasi e fa meditazione Vipassana.  Come un saltatore in allenamento, sposta ogni giorno l’asticella. Sempre più in alto. Sempre più santo. Si informa, studia, cita statistiche: «Chi non mangia carne può salvare fino a 50 animali all’anno», ripete sempre alle sue bambine.
Livin' la vida vegan La scorsa primavera, il secondo choc: Paola è tornata onnivora. Ha capito e deciso che la vita veg non faceva più per lei. «In fondo, sai, ero una cos player vegana», mi ha confessato. E così, assieme abbiamo pensato di scrivere un libro ispirato alla sua storia, che è poi la storia di tanti. Oggi in Italia, secondo l'ultimo rapporto Eurispes, i vegetariani sono quattro milioni e 300.000, i vegani più di 400.000. Una dieta “verde”, ci viene detto e non a torto, protegge da tumori e cardiopatie, è altamente sostenibile – produrre un chilo di carne per esempio costa quanto produrne dieci di cereali – e, naturalmente, cruelty free. Ma non è per tutti.
Sgombrare il campo dai dubbi Il nostro libro avrebbe dovuto intitolarsi Come sopravvivere a un vegano (e ad altri eventi della vita). Però, dopo averlo letto, l'editore ha commentato: «Ehi! Non è un manuale semiserio come pensavamo all'inizio... è un vero romanzo!». E così, felici di aver ricevuto una promozione, gli abbiamo cambiato il titolo e l'abbiamo chiamato Straziami ma di tofu saziami. Io credo che, proprio come questo blog, Straziami vi farà ridere, riflettere e pure commuovere. Spero che amerete questo mio figlietto come amate Ero una brava mamma. Dal canto mio, scrivendolo, ho capito tante cose: per esempio che per essere buoni vegani non ci si improvvisa. Che occorre studiare gli esatti equilibri tra verdure e legumi, attrezzarsi a uno slalom virtuoso tra solanacee, seitan e besciamella di soia, compilare accurati elenchi di cibi proibiti, prevedere qualche integratore (di vitamina B12, per esempio); essere particolarmente cauti se nella scelta dei genitori sono coinvolti anche i figli, verso i quali buon senso vorrebbe – ma non sempre è così – che ogni rigidità sia vietata. Potrei andare avanti per ore, ma (per ora) mi fermo qui.



                                          

martedì 3 febbraio 2015

Misteriosi pallini rossi che nascono tra i capelli

Girls in peacetime want to dance
L'altra mattina - una mattina di metà settimana - ho portato i Ratti maggiori a sciare. («Mamma, smettila di chiamarci Ratti» - mi sembra di sentire la voce della Pupa che si lamenta. «Allora vi chiamerò "adorabili fringuelli"». «Mi piace!» dice il Pupo, ma questo non c'entra nulla con Facebook).
C'eravamo abbastanza amati Il Pupo era già salito sugli sci a Natale. Ma per la Pupa, 9 anni, era una prima volta assoluta. Così ho coinvolto nell'impresa e invitato anche suo padre - l'uomo con cui un tempo sono stata sposata. Avendo uno spirito sportivo egli ha mostrato di divertirsi parecchio, nonostante per tutto il giorno io gli abbia canticchiato en amitié «Vecchio scarpone, quanto tempo è passato» osservando le sue calzature, più adatte alla Ritirata di Russia che a un'innocua gitarella a un'ora da Milano.
Poi siamo volati su dei campi di grano rettangolari Avevamo - io, Mike Delfino e il padre della Pupa - concertato preventivamente il seguente piano: a) non dire niente ai Pupi; b) uscire di casa (io - Mike Delfino è rimasto a casa con la Piccolissima) con loro alle otto del mattino come per andare a scuola, avendo nottetempo svuotato i loro zaini dai libri e avendoli riempiti di materiale da sci; c) passare a prendere il padre della Pupa, e con lui involarci per la montagna. Naturalmente qualcosa è andato storto, per esempio: i bambini hanno cercato di mettere o prendere delle matite negli zaini, Mike Delfino li ha subito rimproverati - se l'avessero fatto, avrebbero scoperto la nostra cospirazione - e minacciati di botte; i bambini si sono offesi e hanno minacciato di uscire senza salutarlo; Mike Delfino li ha pregati di fare subito pace, loro hanno accettato perché fondamentalmente sono dei buoni.
È una giornata fredda e luminosa «Perché andiamo a prendere papà?» mi ha chiesto la Pupa. Io, con voce severa: «Perché la tua maestra, figlia mia, ci ha convocato entrambi per un colloquio. Hai combinato qualcosa?». Lei, innocente: «No. Sono stata bravissima. Forse vuole parlarvi di alcuni progetti» (!). Raccattato il padre della Pupa, pochi minuti dopo, abbiamo imboccato la superstrada. «Mamma, ma non è di qui che si va a scuola». «Zitti, bambini, è una scorciatoia. Fatemi un piacere piuttosto: controllate negli zaini se vi ho messo la merenda, ché altrimenti dobbiamo passare a prenderla dal panettiere». Il Pupo, stupito: «Ma... qui c'è una tuta da sci! Una termica! Un collo di pile! Un'intera tavoletta di cioccolato con le nocciole! Degli stivali! Delle calzemaglie! » (Il Pupo è convinto che si dica così, le calzemaglie, al plurale). La Pupa: «Anche da me! Anche da me!».
Possano questi lampi illuminare la fine Sono rimasti per qualche secondo in silenzio, così emozionati e increduli da non trovare il coraggio di fare due più due. Poi il Pupo è esploso: «Ci portano a sciare!». 

E arriverà un ciclone e forse ci lascerà stare I bambini hanno avuto per tutto il giorno la faccia della felicità, l'emozione nella voce, un sorriso chiaro e sentimentale. Sono cialtroni ma molto romantici, in fondo. Hanno adorato i loro maestri dai nomi buffi: Lello, Zanna. Sono caduti spesso e poi si sono rialzati. Hanno preso la seggiovia, sono saliti, sono scesi. Hanno avuto coraggio. Li abbiamo a lungo fotografati. È stato tutto perfetto - solo,  a pranzo la Pupa ha commesso il tragico errore di ordinare non polenta e salsiccia come noialtri, ma pasta al pesto. Si può ordinare pasta al pesto a 1800 metri, e aspettarsi che sia buona? Ci credete se vi dico che il rifugio dove abbiamo mangiato si chiamava, ma è stato un caso, Ratti?
C'era un rumore in lontananza, ma eri tu  Tornando a casa i bambini mi hanno comunicato che avevo vinto il titolo di «Miglior mamma del mondo». «Se partecipassi a un concorso con le dieci madri più brave del mondo arriveresti prima». «Dopo questa giornata ti promettiamo che non litigheremo mai più, che ti ascolteremo sempre e apparecchieremo la tavola senza che dobbiate obbligarci voi a farlo». La mattina dopo, a scuola, la maestra della Pupa era commossa. «Idea geniale. Piango dalla gioia», mi ha scritto via sms. Invece il Pupo è tornato a casa un po' così. «Hai mostrato alla maestra la giustificazione sul diario?». «Sì, ma lei mi ha detto che non si va a sciare di mercoledì» (Era il suo primo giorno di assenza da scuola in tutto l'anno, nda) (Della serie: come smorzare gli entusiasmi) (Ma noi, comunque, ci torneremo).
Ragazzina piccolina La cosa più buffa del 2015 fin qui: per una serie di equivoci la Pupa si è convinta che suo fratello generi pallini rossi dalla testa. Il Pupo ha indossato felpe e maglioni rossi per diversi giorni di fila, dopo Natale, e lei, standogli vicino, gli ha scovato tra i capelli alcuni minuscoli batuffoli di lana. È successo una, due, poi tre volte. La quarta e la quinta, i pallini di lana ce li ho messi io. E anche la sesta. Adesso mi sono creata una piccola scorta di pallini rubati a un maglione e gliene piazzo uno qua e uno là ogni tanto, quando mi ricordo; poi faccio in modo che la Pupa lo noti. Anche il Pupo, di riflesso, si è convinto di essere un produttore di pallini. «Credo che mi nascano sotto i ricci», ha spiegato serio. Adoro questo fatto che a 6 anni un bambino ritenga possibile un simile fenomeno. Ma anche a 9, se è una patata come la Pupa. Ogni volta che ci penso rido (sto ridendo anche adesso. Spero anche voi).


Soundtrack: Ascoltate su Spotify, per piacere, Costellazioni (autori: Luci della centrale elettrica). È stato la mia colonna sonora per quasi tutto questo post. Poi però verso la fine ho ascoltato A Dean Martin e altre belle canzoni di Fabio Concato, tra cui Ciao, Ninìn. Un uomo dall'umorismo sottile che avevo dimenticato, ma poi per fortuna è arrivato il mio collega Sergio Labuz a ricordarmi che esiste. Il sottotitolo del post invece è quello dell'ultimo album dei Belle and Sebastian. Un gruppo che ho adorato, ma di recente hanno fatto una virata dance che mi lascia perplessa.