Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

mercoledì 27 ottobre 2010

Forse ho deciso di non farcela

Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie

Stamattina ho fatto la spesa.
(Riuscite a immaginare un attacco più banale per un post?).
Poi sono uscita dal supermercato, ripetutamente benedicendo l'inventore della consegna a domicilio, e mi sono avviata in macchina verso il posto in cui lavoro.
Poi ho pensato: sono stanca. Sono triste. E non c'è motivo: in fondo non sono neanche le 11, e poi stanotte ho dormito almeno otto ore, e in più è il 27 del mese, mi pagano lo stipendio, i bambini sono belli e feroci, Mike Delfino è fico e mi ha pure regalato l'abbonamento alla palestra con l'area benessere, io sono sana, porto la taglia 42, non ho nemmeno un capello bianco (ok, il mese scorso me n'è spuntato uno ma l'ho strappato subito), ho una casa calda e accogliente, eccetera.
Forse mi sento così (stanca e triste) perché non riesco mai a far tutto. Per dire: non riesco nemmeno a sfogliare il nuovo catalogo premi del supermercato. Non riesco a rispettare le scadenze perché ho troppo lavoro. Non riesco a mettere via un centesimo. Non riesco a vedere le persone che amo, famigliari stretti a parte. Le mie migliori amiche sono emigrate all'estero. Non riesco nemmeno a comprare scarpe online: ne ho ordinate un paio su un noto sito di shopping che le vendeva al 40 percento in meno rispetto al negozio, però me le hanno mandate difettose (cerniera rotta). Ho avviato la procedura "resi e rimborsi", che non ha funzionato. Cioè: per qualche misterioso motivo, non si è avviata. Ho spedito 25 email di lamentele, alla 26esima finalmente è arrivato il corriere a ritirare le scarpe rotte, le ha perse - nel senso che non sono mai arrivate a destinazione - e quelli del sito non ne sapevano niente ("Ciao Paola, il tuo pacco risulta irrintracciabile"). Così ho spedito altre 25 mail di lamentele, l'ultima delle quali recitava testualmente: "Siete disastrosi". Ieri il servizio clienti mi ha finalmente risposto che anche se le scarpe si sono perse hanno deciso di restituirmi i soldi. Bontà loro. Ma chissà quando, e intanto sono senza scarpe. A casa, naturalmente, ogni settimana si rompe qualcosa. Prima il parabrezza dell'auto (308 euro perché per la prima volta in vita mia avevo deciso di fare a meno della polizza cristalli), poi la lavastoviglie (qualcuno sa come si fa a entrare in contatto con il centro di assistenza Ikea?).
Incidentalmente (a parte il mio lavoro a tempo pieno), devo consegnare una traduzione. E pure un lavoro di editing. Devo lavorare al progetto che spero un giorno mi permetterà di cambiare lavoro. Devo pensare al mio romanzo. Devo scrivere una cartella stampa per un'azienda che produce borse e accessori. Devo (e voglio) incontrare alcune di voi. Devo portare i bambini dal pediatra, organizzare le vaccinazioni antinfluenzali, la prima visita oculistica del Pupo, la prima visita dentistica della Pupa, la festa del Pupo che l'11 novembre compie due anni e l'altro giorno ha detto "cammello".
Non so come spiegarlo, ma sento che non ce la faccio. Forse non posso farcela. Forse ho deciso di non farcela. Secondo voi, già che ero al supermercato avrei dovuto comprarlo, l'iperico, ovvero "l'antidepressivo naturale che riequilibra l'umore"? Voi ne avete esperienza? In subordine: mi raccontate come fate a sopravvivere?


lunedì 18 ottobre 2010

Essere mamma secondo Nek

Mi fanno male tutti i muscoli del collo, e
Oggi ho intervistato Nek. Domani mattina, Lory Del Santo. Figura tragica, la cui flirtologia estrema mi ispira sentimenti contrastanti. Presto condurrà un programma: "Missione: seduzione", per insegnare alle donne "come acquisire una marcia in più, superare i propri limiti, conquistare finalmente l'uomo dei sogni". Beata Lory, che a 52 anni, ho letto da qualche parte, tra le altre cose ha ancora voglia di spogliarsi nuda per fare un calco in gesso del suo corpo e venderlo (il calco, non il corpo) in beneficenza. Io che di anni ne ho 15 di meno e ho sempre fatto nuoto, quando esco dalla doccia lancio occhiate sospettose allo specchio e ogni volta giuro "Domani, piscina". Ho proprio voglia di chiederle cosa consiglierebbe a me, se partecipassi al suo programma.
Nek, invece, che è appena diventato papà, oggi - guardandomi dritto negli occhi con quei suoi occhi belli da far tremare le vene dei polsi - mi ha molto intenerito. "Voi donne avete una marcia in più, te lo dico pari". Che vuol dire "te lo dico pari", Nek? "Che te lo dico pane al pane, come se fossi mia sorella. Io non ce la farei mica, sai? Certo i pannolini li cambio, dò una mano, ma è mia moglie la donna d'acciaio. Questa cosa poi, che quando la bambina ha fame a lei zampillano i seni. Guarda: se non l'hai mai visto succedere non ci credi". Lo so, Nek, eccome se lo so. "Ah sei genitore anche tu? Ah come sono contento, ah che bella cosa, sai non avevo mica il coraggio di chiedertelo". Che gattino.
In una realtà parallela vive la mia cara amica Lisa/Elisa, tenutaria di questo bel blog, da cui mi permetto di raccogliere uno spunto. Suo figlio Tito, che ha l'età della Pupa, all'asilo (cioè alla materna, scusate è più forte di me) disegna usando quasi solo il nero, il blu e il marrone. Se proprio gli gira giusto e si sente solare e ottimista, butta lì un bel verde scuro. I suoi disegni sono così intitolati:
"Vortice"
"Uragano"
"Tito ucciso dal vortice"
"Tito ucciso dall'uragano"
"Tito portato via dal vortice"
"Il vortice che risucchia Tito"
"Tito Morto".
Come direbbe Nek, ben venga un bimbo che dice le cose pari. Voglio dire, che ha da temere la mia amica? Suo figlio non può certo peggiorare. La Pupa, invece, fa da sempre disegni come: "Io, la mamma, Bau (Mike Delfino, ndr) e il fratellino andiamo in vacanza". "La nostra bellissima casa nuova, in cui tutti i vicini sono amici". "Io amo la mamma". "Sole, mare, amore, felicità". "La bella spiaggia di Cagliari". "Come ci siamo divertiti tutti assieme quella volta". "La mia dolce nonnina". "Il nonno tiene in braccio il fratellino". "Ritratto della mia amata famiglia". "Grazie mamma perché mi vuoi così bene, anch’io te ne voglio". "Questo cuore gigante non riesce a contenere il mio amore".
I più trasgressivi portano titoli come "Topolino e la carta da buttare" e "Topolino e il cane che non voleva caccare". Capirai.
Ora. È chiaro che si tratta della classica bambina a 5 anni perfetta, che poi da adolescente si farà 27 piercing, diventerà una squatter e manderà una raccomandata con ricevuta di ritorno alla parrocchia per dire che rinuncia al battesimo.

venerdì 15 ottobre 2010

Come sono diversi i miei figli, anche se li ho fatti tutti e due io

Dice: «Signora, l'inserimento al nido è bene farlo con calma»
In parziale contraddizione con quanto dichiarato nel libro che mi ha reso famosa, abbiamo iscritto il Pupo all'asilo nido. In realtà in Ero una brava mamma prima di avere figli (the book) dicevo che secondo me - potendo farlo - sarebbe meglio tenere i bambini molto piccoli a casa e non mandarli al nido. Tuttavia l'estate scorsa il Pupo ha manifestato più volte la sua volontà di cambiare famiglia, emigrare all'estero, farsi adottare da chiunque avesse altri pargoli più o meno della sua età. Di qui l'eroica (dal punto di vista economico) decisione di tenere la tata e iscriverlo al nido tre mattine alla settimana.
Ovviamente nido privato, ché per il pubblico le iscrizioni si chiudevano un'era glaciale fa.
Dopo breve indagine la scelta è caduta su una struttura chiamata "i Girasoli", che effettivamente dall'interno ricorda molto un fiore, è luminosa e ha pure un soffitto di cristallo diviso in petali.
(Capa educatrice, un mese fa) «Signora, qui ci diamo del tu. Quindi adesso ti spiego come funziona l'inserimento. Il bambino lo farà per ultimo, che è ritardatario. Comincia il 13 ottobre. Fino a fine ottobre viene tutti i giorni. Tu le prime mattine devi contare che al lavoro non ci vai proprio».
«Gulp».
«Eh ma cara è proprio così, che cosa ti credi, c'è gente che va avanti un mese».
«Purtroppo lo so, l'inserimento della Pupa alla materna è durato un anno».
«Sai, i bambini non devono sentirsi abbandonati, devono capire che tu sei con loro, che non li stai parcheggiando, che non vuoi liberartene, soprattutto dev'essere una cosa graduale. Anzi facciamo così: la prossima settimana vieni a compilare i moduli per l'iscrizione e mi porti anche il Pupo, almeno lo vediamo in faccia».

Due settimane fa, cioè la prima volta che io e il Pupo varchiamo la soglia dei Girasoli, lui vede gli altri bambini e inizia a urlare come un forsennato: «Llà! Llà!», che è il suo modo di spiegare che una cosa gli piace. Entra nell'area giochi con gli stivali di gomma addosso e accenna una corsa sul posto, poi batte le mani, emette versi simili a un uccellino in acido, strilla di gioia.
Portarlo fuori di lì, dopo aver compilato i moduli, è un'impresa surreale: si butta a terra, sbava, se potesse morderebbe, lancia una serie di «Llà!» ininterrotti.
«Ok, mamma del Pupo, ho come la sensazione che l'inserimento potrebbe non essere un problema».

Due giorni fa - il fatidico 13 ottobre - prima di uscire abbiamo spiegato al Pupo che saremmo andati «Llà».
«Brum bruum?»
«No, non andiamo in macchina, è qua vicino».
«Papà?».
«No, papà porta alla scuola materna la tua sorellina».
«Coccò?».
«No, non ci sono gli uccellini».
«Maaa?».
«Neanche i gatti. Ora andiamo.»
Arrivati davanti al nido è ricominciato il balletto. «Llà! Llà! Llà!», strideva il disgraziato. Ho dovuto lottare per convincerlo a togliere la giacca e le scarpe prima di entrare. Dopo un secondo già non mi guardava più.
«Scusa, maestra, posso andare a prendere un caffè?»
«Sì però vieni qua, lo saluti e gli spieghi che non lo stai abbandonando, che torni da lui presto, che non vuoi parcheggia...»
«Sì, sì, ho capito. Allora ciao, amorino, la mamma va via per un pochino, d'accordo?»
(Pupo, rivolto a un'altra bambina, tenendole la mano a pinza sulla spalla e infilandole in bocca un cucchiaio di legno): «Aaaamm!»
(Maestra): «Oh, che carino, ha già iniziato il gioco simbolico».
(Io): «Piccolo, io vado, va bene?»
(Pupo, battendo le mani di fronte a un cestone pieno di macchinine e senza degnarmi di un'occhiata): «Bruum bruum! Coccò! Maa! Llà! Llà! Aaammm! Cà!»
(Io): «Okay maestra, "Cà" vuol dire ciao. Significa che ha capito, me ne posso andare, ci vediamo tra un'ora».
Per portare lo sguardo di Satana a casa, quel primo giorno, abbiamo sudato in due: io e la tata, venuta a darmi manforte. La sera, alle undici, sono andata a infilargli un maglione di lana sul pigiama mentre dormiva: si è tirato a sedere nel letto, ha cominciato a battere le mani, a ridere compiaciuto e a dire «Llà», ho faticato a convincerlo che era notte e che l'asilo era chiuso.

Ieri l'ha accompagnato suo padre. Mi ha raccontato di essere rimasto tre minuti a sbirciare il Pupo, poi l'hanno mandato via. «Torna tra un'ora e mezza a prendere il bambino».
Oggi sono andata io. Sulla soglia la maestra mi ha detto, «Vieni pure tra due ore. Se non ce la fai e vuoi mandare la tata, va bene lo stesso. Tuo figlio è come se abitasse qua da sempre, lunedì direi che può già fermarsi per la pappa. Certi bambini cosa vuoi, sono nati giullari. Non è che per caso quand'eri incinta sei andata a vedere il circo?».

venerdì 8 ottobre 2010

Il blog è mio e (per ora) me lo gestisco io

Secondo me questo è un bel tema su cui riflettere, ma vorrei sapere voi come la pensate
Ultimamente ricevo un sacco di proposte via mail (tre solo stamattina). Mi sento come se mi fossi chiusa da sola in lavatrice, e avessi poi chiesto al Pupo di avviare il programma intensivo con centrifuga a 1000 giri.
L'attacco è più o meno sempre lo stesso: «Cara Paola, mi presento, sono Foresto Foresti dell'agenzia Salvailpianetasubito. Navigando in rete mi sono imbattuto nel tuo blog, e mi piace l'approccio con cui affronti i temi legati alla maternità. Nel caso tu non conosca ancora la nostra piattaforma per l’ebuzzing, ti spiego in breve di cosa ci occupiamo: il nostro scopo è mettere in relazione i blogger con le aziende selezionando i blog che riteniamo più interessanti e realizzando innovative campagne di passaparola online su brand, prodotti o iniziative».
A questo punto di solito mi parte il tremolio all'occhio destro.
«In pratica, vorrei invitarti di persona a partecipare col tuo blog a una divertente campagna che ha come oggetto la prova prodotto per un noto marchio di pannolini/caramelle/adesivi per decorare la stanzetta dei bambini/creazione di t-shirt personalizzate».
Poi si parla (vagamente) di soldi: «Riceverai una retribuzione per ogni post pubblicato sull'argomento. Puoi scegliere cosa scrivere e quando scriverlo, in totale libertà, solo quando ne hai voglia: i post devono essere spontanei». In effetti, a me tutte le mattine prudono le mani dalla voglia di mettermi a ticchettare sui tasti per raccontare l'esperienza mia e dei pupi con quelle nuovissime gelatine alla frutta.
Alcuni fanno tenerezza. «Sono Rosaria, con mio marito abbiamo fatto un sito dove pubblicizziamo le nostre magliette, tu ci mandi la foto di tuo figlio e noi la mettiamo sulla maglietta. Se mi metti il mio link sul tuo blog io a te la maglietta te la regalo». Come si dice: pane al pane.
Alcuni sono troppo difficili per me, e vagamente incalzanti: ai loro estensori vorrei dire che mi mettono ansia. «Hai già un feed RSS? Con quanti aggregati? Se non ce l'hai, cosa aspetti a crearlo?».
Alcuni mi irritano un po'. «Cara Paola, devi ASSOLUTAMENTE essere dei nostri e presenziare all'evento che stiamo organizzando per TUTTE le mamme di Milano! Ti aspettiamo tra due giorni dalle 15 alle 18». Mi viene da dire: ma non lo sapevate prima, che lo stavate organizzando? Se davvero mi volete, perché non mi avvisate in anticipo? Ho capito: qualcuno vi ha dato buca e ora cercate un rimpiazzo, ma almeno abbiate il coraggio di ammetterlo.
Alcuni sono stranieri. «Hi Paola, I'm Gemma, the community I work for is about to get bigger and better and I'm looking for some keen & skilled writers to be a part of it». Gemma, con questo elegante giro di parole mi stai chiedendo di scrivere per il tuo sito. Grazie, ne sarei onorata, ma non sono in grado di tradurre in inglese le battute... «Don't worry, your articles don't need to win a Pulitzer Prize».
Alcuni mi fanno ridere. «Paola, vorremmo inviarti a casa un sacco pieno di NOTHING». Come resistere? A questi ho detto di sì perché non so di cosa si occupano, e se voi lo sapete, vi prego, non rovinatemi la sorpresa.
In tutto questo, non so bene che fare. Cioè: trovo molto interessante che le aziende (nella fattispecie, quelle legate al mondo dell'infanzia) abbiano scoperto i blog. È davvero un punto di svolta, segna un cambio di direzione importante, ma per ora rispondo no, grazie.