Ci sono periodi dell'anno in cui le cose vanno per loro natura più lente, oppure
Oppure è il mio cervello a essersi definitivamente inceppato. Registro input diversi in modo casuale. Li assorbo a occhi socchiusi, scrutando criptica l'orizzonte. Tendo a non reagire, anche quando dovrei.
(Un collega): «Puoi scrivere subito una notizia sulla strage di Batman? La facciamo fotografica. Però sii lombrosiana, mi raccomando».
(Io): «Uh».
(Sempre lui, un'ora dopo): «Hai scritto?»
(Io): «No, così nel vuoto non me la sento. Dammi l'impaginato. Non mi far scrivere fuori dall'impaginato che non sono capace».
«Neanche se ti dico la lunghezza esatta? Sei giornalista professionista da quanto, dal 1960?»
«Spiritoso. È che non ce la faccio. Cioè non me la sento. Devo vedere che espressione ha il tipo, devo ispirarmi».
(Lui, un'ora dopo): «Ehi, lascia perdere. Nel frattempo la notizia l'ha scritta la collega X».
«Uh. Devo sentirmi in colpa?»
La realtà è che ero distratta. Stavo pensando a una conversazione captata per caso sul filobus
Donna sudamericana, in buon italiano, parlando con un'amica: «È tanto provinciale, povera ragazza. Figurati che lui, il suo fidanzato, ogni tanto quando è arrabbiato la piglia a calci sul sedere. Lei non reagisce perché crede che sia normale, poveretta, viene dalla campagna».
«E non gli dice niente, a quel maldido?»
«Dire, non dice proprio niente. Però gli mette di nascosto il laxante nel caffè. Come si chiama il laxante in italiano? Quello che ti fa andare tante volte in bagno».
E non è ancora finita (questa è impagabile)
(La mia amica, al telefono) «Guarda, ieri ho combinato un disastro. Non solo ho sbagliato orario...»
Ragazza B: «Come, hai sbagliato orario?»
«Massì, sai che ero salita a Milano per quel matrimonio. Ho lasciato M. e le bambine al mare, a Ladispoli. Avevo prenotato il ritorno a Roma per il lunedì mattina, tariffa scontatissima, partenza ore 7.19».
«Fin qui tutto bene, mi pare».
«Sì ma poi non so per quale motivo nel corso della notte mi sono progressivamente convinta di dover prendere il 6.19. Allora per andare alla stazione ho dovuto prendere il taxi perché la metropolitana a quell'ora non va, quindi aggiungi 13 euro alla tariffa scontatissima».
«Che seccatura».
«E questo non è niente. Salgo sul treno e dopo un po' passa il controllore. "Guardi, signorina, che con questo codice di prenotazione non trovo nulla". E io: "Maccome, ma non è possibile", faccio l'indignata e chiedo a un signore col computer di farmi controllare su internet. Vien fuori che ero sul treno sbagliato. Come ti ho detto, avrei dovuto partire un'ora dopo».
«E lui?»
«Mosso a compassione non mi ha fatto la multa ma solo l'integrazione di tariffa. 77 euro in più. Mi consolo pensando: "Almeno vedrò le bambine un'ora prima del previsto"».
«Fantastico. Altro che tariffa scontatissima».
«Ma il peggio deve ancora venire».
«Non ci credo».
«E invece sì. Arriviamo a Roma Tiburtina e tra me e me penso: scendo a Ostiense, la fermata successiva, così sono più comoda per il mare. Peccato che quel treno, a Ostiense, non fermasse».
«E dunque?»
«Ho proseguito per Napoli».
«E il controllore?»
«Quando gli ho spiegato cos'era successo ha voluto chiamare il responsabile. Ha voluto che mi vedesse in faccia, che vedesse che esistevo davvero».
«Chissà che risate si son fatti».
«Però la tratta Roma-Napoli me l'hanno offerta. Cortesia di Italo Treno, mi hanno spiegato».
«Che carini. E il ritorno?»
«No, quello ho dovuto pagarlo. Altri 43 euro».
«Ma quando sei arrivata a Roma, alla fine?»
«Alle tre del pomeriggio. Ci ho messo nove ore. È un viaggio, te l'assicuro, che non dimenticherò. Puoi parlarne sul tuo blog per piacere? Mi piacerebbe sapere se al mondo girano a piede libero altri storditi come me».
Il fascino della rosa: un fiore senza tempo
3 settimane fa