Non devo più perdere i miei figli a Legoland
Elenco dei buoni propositi per il nuovo anno, ripresi da quelli di gennaio 2011:
1. Smettere di mangiarmi le unghie. In lista per il 27esimo anno di fila (l'anno scorso erano 26)
2. Continuare a fare tanta attività fisica. Stasera, se non stramazzo, prima lezione di yoga kundalini. Poco fa a pranzo, nella mensa detta "dell'insalata triste", una mia collega mi ha spiegato che la kundalini è una cosa legata al chakra della creazione e, in qualche oscuro modo, alla zona del perineo.
3. Il perineo, questo sconosciuto. Scoprire dove si trova, capire perché è così importante e, se possibile, prendersene cura.
4. Smettere di ridurmi all'ultimo momento quando devo consegnare un lavoro. In lista per il 12esimo anno di fila - cioè da quando lavoro. Prima il proposito era: smettere di ridurmi all'ultimo momento quando devo preparare un esame all'università. Eccetera, eccetera.
5. Non perdere mai più, mai più i miei figli a Legoland. È stata un'esperienza orribile, che qui vi riassumo.
Berlino, 3 gennaio: apprendiamo che quei furbetti dei tedeschi hanno aperto una piccola succursale di Legoland. Ci precipitiamo: come si evince dal post precedente, la Pupa ha qualcosa di simile alla tubercolosi da quando siamo partiti dall'Italia, perciò i luoghi chiusi - e non lo zoo di Christiane F, spazzato dal vento, pur con tutto il suo fascino decadente - diventano il nostro obiettivo ideale. All'ingresso una gentile signora tedesca che a sua volta continua a tossire mi spiega che possiamo scendere nelle viscere di Legoland dalle scale
o dall'ascensore, tanto è lo stesso.
«Si arriva nello stesso punto?» chiedo io, sbirciando con la coda dell'occhio i bambini che corrono giù per le scale mentre Mike Delfino, con il passeggino, si è già infilato in ascensore.
«
Jawohl, cara signora».
«Sicura?»
«Zicura.
Ach».
Valuto rapidamente che non ho speranza di raggiungere i Pupi a piedi, mi infilo in ascensore con Mike e pigio velocemente il piano -1. All'arrivo, qualche secondo dopo, mi accoglie una bolgia da girone dantesco. Bambini ovunque, con pezzi di Lego infilati nelle narici e nelle orecchie. Schiavi della Lego disperati che, a quattro zampe, raccolgono in loop mattoncini che qualcun altro, un istante dopo, rovescia di nuovo al suolo. Luci forti, musica dagli altoparlanti, gente che urla in tedesco e... dei Pupi e delle scale, nessuna traccia.
Cerco di risalire in ascensore per tornare in superficie, ma il vigliacco si chiude all'istante e riparte: dal piano meno 1 - dice un cartello - è vietato chiamarlo per risalire. Del divieto in sé, come si dice, me ne fotterei: se non fosse che manca proprio il bottone. L'uscita, come in certi cinema multisala, sbuca da tutt'altra parte, in strada, in un luogo X che non c'entra nulla con il punto da cui siamo entrati. Entro subito in modalità "panic" e comincio a sbattere qua e là come un moscone impazzito. Mike Delfino, al contrario, entra in modalità "finto calmo" e rallenta i movimenti fino a diventare un bradipo tridattilo, il che mi irrita oltremodo. Soprattutto, sono angosciata: mi immagino i Pupi rapiti da qualche malintenzionato tedesco, visualizzo le scene peggiori di me che li cerco invano sotto una pioggia alla
Blade Runner. Non li vedo da 30 secondi e già vorrei chiamare la polizia. Urlo a una commessa vestita da fidanzata di Uomo Ragno, visibilmente stordita dal chiasso: "Ho perso i miei figli! Come si fa a risalire in superficie?". E lei, che ci crediate o no, comincia a scuotere la testa e a ripetere: "This is not good. Das ist nicht gut". Un altoparlante diffonde in tedesco parole che non capisco del tutto, ma più o meno dicono che un bambino e una fraulein sono appena stati ritrovati, e che attendono i genitori all'ingresso. "This is not good", dice ancora la commessa, come se io pensassi che perdere i figli è una ficata.
Ehi. Tu. Che hai l'intelligenza emotiva di un petardo. Vuoi dirmi per piacere come cavolo si fa a uscire da questo inferno? Finalmente lei si riscuote, mi indica con gesto vago una scala che non avevo visto. Salgo di corsa, con la coda dell'occhio scorgo Mike Delfino immobile, evidentemente impegnato ad attirare a sé i bambini con la forza del pensiero o della meditazione kundalini. Faccio una rampa e vado a sbattere contro una giovane schiava di Legoland vestita da fidanzata di Indiana Jones, che ha la lucidità di indicarmi un corridoio da cui si accede a un'altra scala: finalmente, l'ingresso!
Che incubo. I Pupi sono sudati, in lacrime, accuditi da una schiava vestita da fidanzata di Batman che li tiene compressi in un angolo, contro il vetro che dà sulla strada, e sibila loro parole di conforto in tedesco. Quando la fidanzata di Batman mi vede, attacca con la solfa del "This is not good" e io vorrei mettermi a piangere oppure tirarle un pugno. Poi mi vede il Pupo, mi atterra tra le braccia, e mi dice singhiozzando una cosa che non dimenticherò mai: "Mamma, io
sono un bambino piccolo. Un bambino piccolo deve
stare sempre con la
sua mamma". Un paio di minuti dopo, in tutta calma, arriva Mike Delfino e mi dice: "Be', dai, prima o poi doveva capitare, che si perdessero. Meglio qui che alla porta di Brandeburgo la notte di Capodanno, comunque". Di nuovo, non so se piangere o tirare un pugno anche a lui.