Ho traslocato su erounabravamamma.it

Vi aspetto!

martedì 9 aprile 2013

Ero una donna libera prima di avere un cane

Del perché il cane è una tassa, ma porta allegria
(Io): «Pupo, ma sei ritardato? Non puoi sputare per terra e incitare il cane a bere il tuo sputo».
(Pupo) «Ma aveva sete».
(Pupa): «Ma sei sceeemo? Non puoi dargli il mio astuccio da mangiare. Vieni qua che adesso ti ammazzo».
 (Pupo) «Ma deve falsi i denti».
Ho capito finalmente il significato profondo della raccomandazione «Tenere i medicinali fuori dalla portata dei bambini» l’altra sera, quando il Pupo mi si è parato davanti all’improvviso con una schiuma violacea attorno alle labbra. Aveva masticato (e subito dopo, sputato) il vermifugo di Laccio, il nostro cane. Nessun danno, per fortuna: tra l’altro la compressa è tarata per una bestia di sette kg e non per una di 19 kg. Prima di darmi della sconsiderata/irresponsabile, vi prego di notare che il medicinale in questione era riposto in un armadietto a un metro e 70 di altezza, e che per arrivarci il Pupo ha recuperato in dispensa una scaletta in alluminio; abbastanza leggera da riuscire a trascinarla, abbastanza oliata da aprirla con facilità. Nel caso in cui vi chiedeste dove fossi io per i tre minuti necessari a compiere il misfatto, la risposta è: in bagno.
Me-time, questo sconosciuto Scrivono di continuo i giornali femminili (tipo il mio) che nessuna donna dovrebbe rinunciare al suo sacrosanto me-time, il famoso «tempo per me» che include attività sollazzevoli e prettamente femminili tipo manicure, massaggi, aperitivi con le amiche, un'ora in piscina, una sessione di sci-alpinismo. Ebbene, il mio me-time ultimamente consiste nel portare il cane al parco la mattina, dopo aver lasciato a scuola la Pupa. Poiché piove sempre ho messo in auto stivali di gomma, uno dei quali squarciato sul retro, e una giacca da agricoltore sporca di fango e, forse, escrementi di provenienza non umana. Ero una donna libera prima di avere un cane potrebbe essere il titolo del mio prossimo libro. Se mi va bene, riesco a trascinare una delle mie amiche-mamme con me; prima andavamo al bar, ora invece a rotolarci tra gli sterpi incitando amabilmente i cani alla lotta, con espressioni gentili tipo «Daje, Laccio!» o «Non ti far fregare da quel bastardo!».
Indietro non si torna Rinchiudermi in bagno, dunque, è tornata a essere una strategia di sopravvivenza, proprio come quando i Pupi erano molto piccoli e bramavo 30 secondi di fila tutti per me. Non funziona un granché, in ogni caso, perché dopo pochi istanti da dietro la porta sento urla di bambino alternate al metodico raschiare delle unghiette. Tuttavia Laccio si fa ben volere e mi scopro a pensarlo con affetto nel corso della giornata. Il direttore del giornale per cui lavoro continua a ricordarmi: «Hai fatto una ca***ta». Altri amici, più morbidi, mi dicono: «È come avere un figlio». Ecco, forse questo è esagerato. Diciamo che come impegno - pratico ed emotivo - è circa un quarto di figlio, senza contare che d'estate lo puoi lasciare in pensione. Certo, non lo abbandonerei nell'area di servizio di Somaglia Est, ma non mi metterò a cercare apposta una vacanza adatta a lui (se lo faccio, sparatemi). Ecco, mentre scrivevo questo post mi è venuta la fortissima curiosità di sapere se voi il me-time ce l'avete, e se sì, come lo usate. C'è nella vostra vita qualcosa di sacrosanto, intoccabile, che riguarda solo voi e, soprattutto, che riuscite a fare?

venerdì 29 marzo 2013

Sopravvissuti e sopravviventi

E venne il giorno
Party in casa con Pupi.
Nelle ultime ore non sono stata quasi mai connessa e mi sono persa, nel post precedente, il commento agghiacciante della povera Matilde (con cui mi scuso per non essere stata pronta a raccogliere il suo sfogo; se ti fa piacere, Matilde, riscrivimi in privato). Va detto che ieri è stato il mio compleanno e ho dovuto festeggiarlo degnamente - a dire la verità non ho ancora finito.
Altri accadimenti
Laccio su poltrona Sacco.
Va anche detto che Laccio, il nostro cane, è abbastanza impegnativo. Già al primo incontro, l'addestratrice ha messo le mani avanti. «È un cane di carattere». Se buono o cattivo, non l'ha specificato. Nel frattempo i giochi preferiti di Laccio, che ha compiuto quattro mesi sabato scorso, sono Mangia il Peluche» e Mangia il Libro», che consiste nel cercare e scovare i giochi e i libri dei Pupi per quanto accuratamente nascosti, mimarne lo smembramento, sorridere soddisfatto (giuro che sorride), a fine carneficina addormentarsi sfinito per lo sforzo. Grazie al cielo, il cancelletto Ikea che un tempo serviva a impedire capitomboli del Pupo fa ancora il suo porco dovere e impedisce alla bestia (scusate il gioco di parole) di venire di sopra a mangiarci anche i piedi del letto.


Invece sappiamo tutti che le liste Vanno molto di moda e soprattutto fanno sentire meglio, in fondo è fico tenere un elenco delle cose che dovremmo o vorremmo fare e poi cancellare una voce alla volta, sentendoci eroici perché siamo riusciti a compiere imprese titaniche tipo «fare doccia» o «comprare latte». Voi che ne pensate delle liste? Ne fate? Come le usate? Io come in tutte le cose della vita vado a momenti, un po' sì e un po' no. Mi ha invece stupito molto la Pupa, che ha quasi 8 anni, e poco prima dello scorso weekend - poco prima, in effetti, che Laccio irrompesse nelle nostre vite - ha compilato con puntiglio questa:


La Pupa è un curioso mix Di alto e basso, poesia e scienza, costruzione e distruzione. Ti incanta con le parole e un minuto dopo manda tutto in vacca. Ieri chiacchieravamo mentre lei era nella vasca da bagno:
«Mamma, vorrei tantissimo un fratellino».
«Te l'ho già detto, non dipende da me. Mi piacerebbe tanto e lo sai. Ma il fratellino viene solo se vuole venire».
«Cioè più che altro se Gesù ce lo vuole mandare, lui arriva?»
«Potremmo anche vederla così, sì».
«Allora propongo a Gesù: se mi mandi il fratellino io ti regalo tutta la mia collezione di gomme. Sai mamma, sono quasi 108».
«Wow!».
«Ma secondo te a Gesù può servire, una collezione di gomme? La farà anche lui in Paradiso? Ce l'avrà, una gomma a forma di Gesù?»
«Non lo so. È possibile. Ma se arrivasse un altro fratellino tu lo meneresti come meni quello che hai già?»
«Sì. Però all'inizio, quando è piccolo, pochissimo».

martedì 19 marzo 2013

Cani e padroni di cani

Quel che si dice un acquisto d'impulso
Venerdì mattina, in un pigro automatismo, ho inoltrato a Mike Delfino un'email ricevuta dalla mia collega Sara. Diceva il testo, più o meno: «Regalo cuccioli di golden retriever. È urgente: se non trovano un padrone, i cuccioli verranno abbattuti la prossima settimana». Seguiva foto strappalacrime di meravigliosi cagnolini, che fissavano l'obbiettivo con l'inequivocabile espressione «Adottami-adottami».
Cinque minuti dopo Mi ha chiamato Mike Delfino, insolitamente sospiroso.
(Io): «Che c'è, Mike?»
(Lui): «Eeeh... è cheeeeh... i caaani...»
«Non mi starai dicendo che ne vuoi uno, vero?»
«Ma cosa succede se nessuno li prende? E se li uccidono?»
«Figurati se li uccidono, qualcun altro li adotterà».
«E se ne prendessimo uno da portare stasera a Treviso, a mia madre, come regalo di compleanno?»
«Non sarebbe meglio una borsetta o un profumo? Che cosa facciamo, poi, se non lo vuole?»
«Ma figurati se non lo vuole. Lei è sempre andata pazza per i cani. Se vuoi fare felice mia madre, regalale un cane».
Bufale In Rete, si sa, girano tante bufale. L'email sui golden retriever era una di queste - a quanto pare circola dal 2002, tipo una catena di Sant'Antonio. Mike Delfino, da sospiroso che era, è diventato sospirosissimo.
(Io): «E adesso cos'hai?»
(Lui): «Mi ero quasi abituato all'idea di un cane. Adesso provo a googlare "Regalo cucciolo a Milano"».
In 30 secondi di ricerche sono venute fuori centinaia di risultati.
«E se prendessimo questo? Dice: "Regalo per problemi familiari incrocio tra pastore tedesco e cane corso, microchippato e vaccinato, quattro mesi».
«Mi sembra tagliandatissimo. Ma quanto cresce?»
«Ah, boh. Qui dice che il cane corso da adulto pesa 50 chili».
«Perfetto».
Una reazione tiepida E così, alle 19 di un gelido venerdì sera, Mike Delfino è andato a ritirare il cane.
«Appena mi ha visto mi è saltato addosso, mi ha fatto un sacco di feste, quelli con cui viveva non li ha neanche degnati di uno sguardo», ha detto poco dopo, entrando in casa e rovesciandoci addosso un adorabile batuffolo di pelo (invero, il pelo è raso. Ma l'espressione "batuffolo di pelo" ha sempre il suo perché). I bambini l'hanno amato da subito: nella foto sopra vedete la Pupa impegnata a contorcersi dal ridere. La macchia sfocata sulla destra, invece, è il Pupo che fa un balletto per la gioia.
A Treviso, tre ore più tardi, nel vedere il cane la mamma di Mike Delfino si è emozionata come se le avessimo messo in mano un libro di statistica. Zero.
Siamo tornati a Milano Domenica sera, col nostro nuovo, inatteso canino nel bagagliaio. Appena messo piede in casa, Egli ha eletto a sua cuccia la rossa poltrona Sacco di Zanotta, peraltro un grande classico del design. Ora non la molla più e tende a ringhiare se gli dici di scendere. «Lo vedi? È molto intelligente, una bestia di gran gusto», ha commentato Mike Delfino.
Ora. Io non ho mai avuto cani. Sono sicura che siamo in grado di farlo sopravvivere, ma di qui al diventare dei padroni esperti ce ne corre. Stamattina Mike Delfino mi ha tempestato di telefonate (ma io ero in riunione e non me ne sono accorta) tra le 9.30 e le 10, lasciandomi anche un sacco di messaggi disperati: «Quando arriva Malù?» (la nostra tata, ndr). «Ma si può sapere perché Malù è in ritardo?». Un'ora dopo, finalmente, l'ho richiamato.
«Ma si può sapere perché eri così preoccupato per Malù? È stato male il Pupo?».
(Lui, con tono stizzito) «Secondo te con chi lo lasciavo, il cane? Secondo te esco e lui resta in casa da solo, poverino?»
(Io, ridendo come una pazza) «Ma non è un bambino! Gli animali possono anche badare a se stessi per un po'».
«Sicura?»
Stasera alle 18.30 viene da noi un'addestratrice, per il primo di una serie di cinque incontri. Diciamo che non vedo l'ora. Il mio obiettivo principale sarebbe insegnare al cane come fare la pipì fuori e non dentro casa, per esempio (accetto consigli).



venerdì 8 marzo 2013

Se le donne potessero parlare

Preparati per tempo alla battaglia più grande
Pippa Bacca nel marzo 2008, mentre lava i piedi all’ostetrica Iljana a Sofia (Bulgaria)
La settimana scorsa ho pranzato a Roma con Serena Dandini. Aveva una grande urgenza di raccontarmi: «Sai, sono rimasta per mesi come ossessionata da un pensiero. Devo fare qualcosa devo fare qualcosa devo fare qualcosa, continuavo a ripetermi».
«Perché vedi, con la giusta rete di solidarietà molte donne avrebbero potuto salvarsi. Potrebbero salvarsi», mi ha ricordato. «Invece ancora facciamo finta di non vedere. In uno dei miei monologhi la madre di una delle vittime si giustifica, smarrita: "Avevamo il mostro in casa, e proprio non ce ne siamo accorti"».
Il fatto è che quel che dice questa madre non è mica vero. Perché di solito, chi sta attorno - alla donna abusata, al suo carnefice - se ne accorge. Benissimo. «Ma allora, se tutti sapevano, perché nessuno ha parlato?» si chiede (a ragione) una delle protagoniste dello spettacolo teatrale della Dandini, Ferite a morte, tentativo riuscito di ri-dare la parola alle vittime, e alle loro storie, attraverso il contributo volontario di attrici, cantanti, show-girl: da Paola Cortellesi a Lella Costa, da Geppi Cucciari a Ilaria D'Amico, da Ambra Angiolini a Elisa. Donne diverse in diverse città, un tour che si prolunga a grande richiesta, con teatri gremiti (anche) di uomini: «Poi spesso a fine spettacolo li trovi piegati in due al bar: mi dicono che hanno bisogno di bere qualcosa "per riprendersi". Loro», mi ha spiegato ridendo la Dandini.

Se in Italia, ogni due-tre giorni, una donna muore per mano di un uomo - spesso un marito, un padre, un amante, un ex compagno - è anche perché di fronte a un tentativo di denuncia c’è ancora chi dice: «Su, fai la brava, torna a casa». E l'epilogo drammatico è solo la punta di un iceberg fatto di violenze quotidiane, fisiche e psicologiche; di minacce e botte, che non è detto debbano sfociare in assassinio, ma davanti alle quali troppo spesso (quasi sempre?) noi che siamo nei paraggi tendiamo a voltare la testa dall'altra parte.
Quante ne conoscete, che potrebbero essere state abusate? Voi che siete donne, quante altre donne avete finto, per imbarazzo o perché non sapevate come affrontare l'argomento, di non vedere soffrire? Voi che siete uomini, quante di loro avete cercato di aiutare? Lo chiedo a voi e un po' anche a me stessa. Ieri sera avevo comprato cinque biglietti per lo spettacolo (il ricavato va in beneficenza), poi - sfiga - sono rimasta a casa per via della dannata influenza. Ma chi ci è andato al posto mio mi ha raccontato: le attrici sul palco avevano tutte abiti neri e le scarpe, solo le scarpe, rosse, un'immagine che ho trovato bellissima. Poi mi han detto che c'era pure il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia; ha patrocinato lo spettacolo e firmato una convenzione per mettere in rete le risorse del territorio contro la violenza sulle donne. Lo possiamo dire, che è un inizio? Solo un inizio, eh.
Spose in viaggio Una lettrice di questo blog si chiama Giulia e mi ha ricordato proprio stamattina la storia di Pippa Bacca, che avevo dimenticato.  Pippa è morta in Turchia proprio cinque anni fa, violentata e strangolata dal camionista a cui aveva chiesto un passaggio, mentre attraversava in autostop undici Paesi colpiti da conflitti bellici, sempre con indosso un abito bianco. Il suo era un messaggio di pace e di innocenza, anche se all'epoca ricordo di aver pensato: «Poverina. Però, era un po' fuori di testa». Ora invece provo ad andare oltre. E mi chiedo: se tra qualche anno la Pupa venisse a raccontarmi di voler fare lo stesso, cosa le risponderei?

Ps: Ferite a morte, ora, è anche un libro. Dopo averlo letto ho detto alla Dandini: se avessi un'amica in difficoltà. Se non sapessi come aiutarla a trovare il coraggio. Se non riuscissi a farla parlare, ecco, io comincerei col regalarglielo.

venerdì 22 febbraio 2013

Sei madre abbastanza?

Se puoi, ti prego, torna con la luce
Anche se lavora fuori casa, l’italiana media svolge mansioni domestiche 80 minuti al giorno più del proprio partner: lo dice una ricerca dell'Università Bocconi, e in ogni caso sono questioni su cui ultimamente siamo chiamate a riflettere molto. «Una bella ora e 20 di frenetico sciacquare, riordinare, rassettare, prima o dopo aver dato il proprio contributo al Pil», scrive la mia collega Silvia Orlandini su Gioia: «sulle spalle delle donne, occupate o no, grava il 75 per cento del lavoro domestico, inteso come cura della casa, dei bambini e degli anziani». E solo la settimana scorsa, sempre per il mio giornale, ho intervistato Loredana Lipperini, che in questi giorni ha pubblicato Di mamme ce n'è più d'una (Feltrinelli). Leggetelo.



Il problema è che in Italia, negli anni Dieci del terzo millennio, se sei donna "devi" essere madre. Questo pensa la gente. E, soprattutto, devi esserlo bene. Il che accade anche all'estero, a dir la verità: la copertina di Time che vedete qui sopra è stata pubblicata nel maggio 2012 e ritrae una donna vera, una madre (intendo dire che non è una modella, anche se lo sembra) che allatta suo figlio di quasi quattro anni. Condizione essenziale, come spiega lei stessa, «per farlo crescere sereno». Tornando a noi, e alla ricerca dell’Università Bocconi, addirittura l’81,4 per cento degli intervistati è convinto che un bambino in età prescolare soffra se la mamma lavora. Come si spiega che invece, nell’Unione europea, questa percentuale scenda al 55,6 per cento? Il "trucco" forse sta nel cominciare con il piede giusto (cioè sbagliato): «In Italia le donne sono il 60 per cento degli studenti universitari, ma il 22 per cento decide di non iniziare nemmeno un percorso professionale», mi ha spiegato la Lipperini alzando un sopracciglio mentre addentava un rombo in crosta, un sabato a pranzo.
Durante il Festival di Sanremo, pochi giorni dopo Ho incontrato due mamme blogger che conoscevo già e che, vedendomi, mi hanno chiesto: «E con i bambini come fai?». «Esattamente come fate voi», ho risposto. Ma la domanda mi ha colpito moltissimo: a un padre in trasferta, nessuno si sognerebbe di porla.
Mentre i dati mi scivolano davanti agli occhi Al solito, mi si ribadisce che in Svezia e in Norvegia si sta molto meglio. Riviste e ricerche mi invitano a riflettere: la condivisione - la parità - passa anche dall'affidare il biberon per nutrire il Pupo al maschio (adulto) di casa; dal mettergli in mano una scopa e uno straccio, almeno ogni tanto. Conosco però almeno un blog, che non citerò, in cui resiste e s'amplifica il mito della moglie-mamma-geisha, eroica, insostituibile, che accoglie ogni sera il ritorno del guerriero stanco con un grande sorriso, il trucco rifatto, la cena servita, in grembiule e giarrettiera, «perché i maschi si sa, poveretti, e poi in fondo bisogna capirli». È un blog seguitissimo.
Mi chiedo sempre più spesso Quanto sia colpa anche nostra, anche mia. I pensieri s'intrecciano. Il Pupo ha 40 di febbre per la tonsillite, delira, alle due e mezza di notte si sveglia e chiede con voce cristallina: «Bisogna studiale molti anni pel diventale pompiele?». Normalmente adora la compagnia di suo padre, negli ultimi giorni invece cerca sempre me, mi chiama mammina, mi telefona al lavoro solo per mandarmi dei baci. Mi dice: «Sei bella, hai la pelle come di plimavela». Sono insonne da giorni, esausta. Assecondo stregata le sue richieste da donna incinta: «Puoi andale al supelmelcato a complalmi il cocco?». Sono le sette di sera e sono ancora in ufficio, a mescolare i sensi di colpa al sollievo per aver finito un lavoro importante. Mio figlio stamattina mi ha detto: «Se puoi, ti plego, tolna quando fuoli c'è ancola la luce». Oggi non ce l'ho fatta. A suo papà, del resto, non l'ha nemmeno chiesto.


martedì 12 febbraio 2013

Buongiorno Italia, buongiorno Maria

Succede al Festival
Mentre Crozza a Sanremo tenta di salvare il suo show - chi l'ha visto in tv, in diretta, sa cosa intendo - io dalla sala stampa dell'Ariston posto come una matta interventi sulla pagina Facebook di Gioia. Se venite a trovarmi anche di lì e a dirmi cosa pensate mi farà molto piacere.
A casa i Pupi se la passano piuttosto bene. Nella foto, li vedete in un raro momento di quiete (apprezzate, prego, il movimento perpetuo del braccio destro della Pupa) proprio ieri, la sera prima della mia partenza. Potete anche notare quel che resta di me, mentre spalmata secca sul pavimento con valigia ancora da fare e interviste da preparare concedo ai miei angeli un biberon, strumento come tutti sanno pedagogicamente perfetto per bambini di 7 e 4 anni. Del resto bisogna pur che in qualche modo si consolino: da domenica sono in castigo per aver allagato la mansarda mentre facevano il bagno, tre giorni senza tv con il Pupo che finge di dimenticarsene e ciclicamente ci riprova: «Mamma, posso gualdale un caltone?» e al mio no conclude ogni volta. «Allola non ti voglio più bene. Pelò sei bella».
La tempesta perfetta Stamattina sono partita da casa con le valigie e con la Pupa, che ho accompagnato a scuola in taxi per poi proseguire verso la stazione. Quando faccio queste cose ho sempre il terrore di confondermi, tipo che mando la Pupa in classe con il mio computer e io parto per la trasferta con il suo cestino per la merenda. Miracolosamente non è successo, ma non ho neanche fatto in tempo a ringraziare il cielo e tutti i santi per aver fatto le cose per bene che subito il tassista ha attaccato un Pippotto Universale: è partito dalla neve caduta su Milano e dalle mezze stagioni che eccetera, e in sei minuti netti ha esondato, arrivando a commentare il fatto che io vivo in una zona (molto) multietnica, per concludere con la seguente massima: avere tanti bambini stranieri nelle classi peggiora la qualità dell'insegnamento.
Siamo arrivati in stazione in quel momento, io avevo un treno da prendere e non potevo fermarmi a discutere, gli ho solo detto «Sa una cosa? Se potessi farlo, non la pagherei». Poi sono arrivata qui ed ecco che hop! due (2) disturbatori tra il pubblico dell'Ariston hanno dato del pirla a Crozza durante la sua esibizione e ci mancava poco che lui abbandonasse il palco per lo sconforto. Subito dopo due uomini - Federico e Stefano - hanno raccontato che si sposeranno a New York visto che da noi le leggi non lo permettono, e tutti ad applaudire il bacio, miei colleghi compresi, perché in Italia un bacio tra gay è evidentemente ancora un evento epocale, e io ho collegato gli eventi della giornata e per qualche secondo ho pensato: Crozza in fondo ha ragione, siamo un Paese ingovernabile.  
Nel frattempo i big che dovrebbero esibirsi sul palco dell'Ariston tirano un sospiro di sollievo - per la serie, come tutti andavano ripetendo nei giorni scorsi, "finalmente un Festival centrato sulla musica".

lunedì 4 febbraio 2013

Come faccio a sgridarlo?

Sulla sponda del fiume si è seduta e ha pianto
(Nessun animale è stato scuoiato per il pelo di queste giacche)

Sono tempi terribili - very hard times. Partenza per il Festival di Sanremo la prossima settimana, Pupi ancora da organizzare, malattie diffuse. Si entra da una e si esce dall'altra, i bambini hanno influenze concatenate, io invece è la seconda volta che mi becco il virus gastro, anche noto come "fast&furious" per la sua tempestività e, soprattutto, incisività. Oggi per sedare i crampi allo stomaco ho pure bevuto della camomilla, risultato: testa ciondoloni davanti allo schermo e improvvisi, brevi addormentamenti da cavallo.
Quesiti esistenziali Quello su cui mi sto interrogando è come sgridare efficacemente il Pupo, il quale al Parco del Ticino - dove ieri, approfittando di una giornata primaverile, siamo andati in gita - ha tentato di uccidere sua sorella con un gesto repentino e imprevedibile. Qui sopra lo vedete fotografato di fronte al ricovero di una capretta con la tipica espressione sorniona di chi sta per combinarne una grossa, mentre la Pupa ammicca timida sullo sfondo, l'aria profetica, come interrogandosi sul tema «Quanto a lungo resterò viva, oggi?»
Ferma, ti prego, la mano Poco dopo la tappa dagli ovini abbiamo cominciato una passeggiata nel bosco, fermandoci a un certo punto sul greto del fiume a cercare di far rimbalzare i sassi sull'acqua. Dopo pochi minuti, la Pupa ha cominciato a strillare.
«Uaaaaargh! Aaaaah!»
«Che c'è, Pupa, cos'è successo?»
«Mio fratello mi ha fatto male! Sulla fronte!»
Da un rapido esame dell'area si è subito evidenziato un cospicuo bernoccolo. Come spiegarlo? Le mani del Pupo sono piccole, certo non così forti da lacerare la pelle.
«Pupo, guardami negli occhi».
(...)
«Pupo, ho detto guardami negli occhi e dimmi cos'è successo».
(Segue espressione simile a quella della foto in alto)
«Dimmi la verità. Avevi in mano un sasso?»
«Nooo, mamma».
«Pupo, dimmi la verità, sai che la mamma sa tutto di te e non puoi mentirle».
«Il sasso c'ela, ma non sono stato io».
«Come sarebbe? Ci sei solo tu, qui».
«Sì, ma è stata la mano matta».
«Cosa sarebbe, scusa?»
«La mia mano destla. Fa quel che vuole, non posso contlollalla. Ha pleso il sasso da sola e l'ha tilato a mia solella».
Parlando di mani Se doveste scegliere - e sapendone integra la funzionalità, in un caso e nell'altro - preferireste avere quattro dita per ciascuna mano o sei dita per ciascuna mano? Per piacere rispondete, e spiegatemi le vostre motivazioni. Se potete, da osservatori esterni, svelatemi anche un trucco: come faccio ad arrabbiarmi davvero col Pupo?